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« Silvio RamatCIAO »

Incenso carissimo

Post n°870 pubblicato il 14 Giugno 2007 da ossimora
 

Ai più informati non sarà difficile ricordare a quanto ammonta il gettito garantito alle casse della CEI dall’8 per mille dell’imposta sul reddito dei contribuenti… bravi! Circa un miliardo di euro all’anno.

Ma non tutti si saranno dati pena di andare a cercare informazioni su quanto annualmente ci costa il profumo dell’incenso…

“Al miliardo di euro dell’8 per mille dei contribuenti, va aggiunta ogni anno una cifra dello stesso ordine di grandezza sborsata dal solo Stato (senza contare regioni, province e comuni) nei modi più disparati: nel 2004, ad esempio, sono stati elargiti:

  • 478 milioni di euro per gli stipendi degli insegnanti di religione
  • 258 milioni per i finanziamenti alle scuole cattoliche
  • 44 milioni per le cinque università cattoliche
  • 25 milioni per la fornitura di servizi idrici alla Città del Vaticano
  • 20 milioni per l’Università Campus Biomedico dell’Opus Dei
  • 19 milioni per l’assunzione in ruolo degli insegnanti di religione
  • 18 milioni per i buoni scuola degli studenti delle scuole cattoliche
  • 9 milioni per il fondo di sicurezza sociale dei dipendenti vaticani e dei loro familiari
  • 9 milioni per la ristrutturazione di edifici religiosi
  • 8 milioni per gli stipendi dei cappellani militari
  • 7 milioni per il fondo di previdenza del clero
  • 5 milioni per l’Ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo
  • 2,5 milioni per il finanziamento degli oratori
  • 2 milioni per la costruzione di edifici culto, e così via.

Aggiungendo una buona fetta dl miliardo e mezzo di finanziamenti pubblici alla sanità, molta della quale è gestita da istituzioni cattoliche, si arriva facilmente a una cifra complessiva annua di almeno tre miliardi di euro. Ma non è finita perché a queste riuscite uscite vanno naturalmente aggiunte le mancate entrate per lo Stato dovute a esenzioni fiscali di ogni genere alla Chiesa, valutate attorno ad oltre 6 miliardi di euro.”

Il testo virgolettato è tratto da Piergiorgio Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Longanesi, 2007, pag. 165-167

Fra uscite e mancate entrate fanno 9 miliardi di euro, ovvero circa 18.000 miliardi delle vecchie lire, pari al 45% della manovra finanziaria del 2006, che ci costò 20 miliardi di euro. Senza la Chiesa e i suoi privilegi economici, lo Stato potrebbe dimezzare le tasse di tutti i suoi cittadini.

… e tutti i salmi finiscono in gloria!

Pubblicato da stratex su 27 Maggio 2007

 
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ossimora
ossimora il 14/06/07 alle 10:57 via WEB
Intanto le coop sono imprese Non Profit non nel senso che non possono fare profitti, ma nel senso che il profitto è un mezzo e non il fine come per le società di capitale. Essendo imprese con fini di mutualità verso i soci, devono competere sul mercato facendo profitti e non perdite assolvendo contemporaneamente ai doveri “di mutualità e senza fini di speculazione privata” per cui sono loro riconosciute alcune agevolazioni fiscali come la tassazione solo del 30% degli utili, sempre a patto che non siano distribuiti ai soci e destinati a riserve indivisibili. Questi famosi vantaggi fiscali, che per le cooperative di produzione e di consumo si riducono ad un’aliquota del 10% sugli utili (il 33% di aliquota sul 30% degli utili fa il 10% di aliquota) a fronte del 33% pagato dalle imprese di capitale sono la contropartita della “mutualità” cioè del fatto che il socio-azionista, a differenza dell’azionista delle altre società, mentre deve ripianare le perdite deve rinunciare ai Capital Gain, che resteranno alla Cooperativa vita natural durante o andranno allo Stato in caso di cessazione della coop. Oltre questa rinuncia non banale, il piccolo vantaggio fiscale è pagato dal socio con “doveri” verso gli altri Stakeholder, lavoratori, territorio, consumatori, che la società di capitale non ha, come, impossibilità di delocalizzare l’impresa cooperativa, lavoro che deve essere fornito dalla maggioranza dei soci se coop di produzione o conferimenti di prodotti da parte della maggioranza dei soci se coop agroalimentare, o acquisti da parte della maggioranza dei soci se coop di consumo. Valori base della cooperazione che hanno consentito i suoi successi nel mondo sono questi tre, democrazia, una testa un voto, indivisibilità del patrimonio sociale con rinuncia ai Capital Gain, bassa remunerazione del capitale dei soci (buoni postali più 2 punti …quando possibile). Quanti capitalisti sono disponibili a prestare lavoro e capitali (sia pure piccolo) a queste condizioni? La cooperazione nasce intorno agli anni 1850, prima dei partiti socialisti, come visione alternativa a quella capitalista ed oggi si è evoluta, pur conservando i valori fondativi, come importante elemento di forza del capitalismo moderno, come tale riconosciuta e rispettata in tutti i paesi; in Italia importanza e funzione sociale delle coop sono riconosciute dalla Costituzione (art 45). Ma si dice: Granarolo ed Unipol non sono coop. Vero, ma anche Credit Agricole e Rabobank, rispettivamente la prima banca francese e la prima banca olandese, entrambe di proprietà di imprese cooperative sono delle SpA. E’ successo che sotto la spinta della globalizzazione e della finanziarizzazione, il movimento cooperativo, in tutto il mondo, si è evoluto verso forme di impresa di secondo e terzo livello che devono di necessità assumere forme societarie diverse dalla cooperazioene se vogliono raccogliere capitali sul mercato o andare in Borsa. E queste società di capitale di proprietà delle coop sono sottoposte agli stessi regimi fiscali delle società di capitale. Tremonti ha addirittura accusato l’Opa Unipol, che io non difendo ma per altre ragioni, di incostituzionalià. Qui l’ignoranza supera la maldicenza. Fare un’Opa come quella Unipol, appoggiata da un Piano industriale condiviso da Banche che hanno assunto impegni pluriennali (di Put e Call a tre anni e più)-al di là di modalità specifiche di conduzione dell’Opa, sulla cui correttezza o scorrettezza le Autorità competenti si sono pronunciate e sono chiamate a pronunciarsi- esclude “ab imis” l’ipotesi dell’intervento del tipo mordi e fuggi, caratteristica base per definire speculativa un’azione del genere. Perciò, forse l’Opa Unipol sarà illegale se venisse accertato essere stata condotta con metodi illegali, ma sicuramente non anticostituzionale perché non aveva fini “speculativi” giustamente vietati dall’art.45 della Costituzione. E veniamo al divieto di varcare i limiti settoriali di nascita come invocato, più volte da mesi e anche di recente da Montezemolo e Pininfarina “chi comincia vendendo saponette continui a venderle vita natural durante”. Questo hanno detto in sostanza. Sarebbe come dire a Tronchetti Provera di fare solo pneumatici ed a Benetton solo maglioni invece di interessarsi anche, come fanno di TLC e di Autostrade. Bravi! E’ proprio il contrario di quello che la globalizzazione impone all’economia del paese, continuare a fare solo scarpe e mobili invece che anche aerei e PC. Proprio il contrario dei Bench Mark o casi esemplari esteri spesso ricordati, giustamente dagli stessi industriali, quando citano, ad esempio, il caso della finlandese Nokia che, passando dagli stivali per pescatori a telefoni e cellulari è diventata in pochi anni leader mondiale del settore. Chi conosce il panorama europeo ed americano della cooperazione, sa che essa sta vincendo bene, meglio delle società di capitale, la sfida della globalizzazione, solo laddove riesce ad adeguarsi ai nuovi traguardi di dimensione aziendale, di settori innovativi, di concorrenza internazionale e di stretta connessione con la finanza. E per restare a quest’ultimo settore, ormai di moda nei dibattiti sui Media e nelle polemiche politiche, perché non ricordare che la finanza cooperativa pesa in Europa il 17% del mercato, con Francia, Olanda e Germania al di sopra della media e Italia, Spagna e Grecia al di sotto? In Italia le Bcc, banche di credito cooperativo affiliate alla Lega bianca, pesano quasi l’8% del mercato del credito e sono cresciute, in ricavi ed occupati molto più della media del settore, come del resto è successo a tutti i settori della cooperazione, produzione, servizi e consumo. Chi, e sono tanti a destra e a sinistra, ha accusato la Lega rossa di “lesa purezza della razza cooperativa” conosce questi dati? Sa che la Lega è l’unico grande movimento cooperativo europeo praticamente senza finanza, con poco più di 200 sportelli bancari contro i 3500 delle Bcc bianche affiliate alla lega bianca presieduta da Luigi Marino. Che è stato, ironia del caso, tra i primi critici dell’Opa Unipol accusata di “lesa purezza della razza cooperativa” per aver invaso il campo della finanza. E infine molti, da Berlusconi in giù, ritorna al cosiddetto “favore fiscale” di cui godono le coop, dimostrando ignoranza di economia e di storia. Ho già scritto delle ragioni storiche, sociali ed economiche alla base di queste agevolazioni che sono in tutto il mondo civile, contropartite di vincoli di mutualità cui nessuna società di capitale si sottometterebbe. C’è di più. Il presidente della Lega, Giuliano Poletti, ha già detto a Porta a Porta che il movimento cooperativo non sarebbe contrario a provvedimenti che estendessero l’agevolazione fiscale anche alle società di capitale disposte a reinvestire gli utili senza distribuirli. Tra le tante prediche rivolte dagli industriali ai cooperatori, non ho sentito alcun commento alla proposta. Non interessa? P.S. Sulle accuse di collateralismo e di tifo rivolte ai DS. Se i DS avessero davvero esercitato quel collateralismo di cui sono accusati, sarebbero almeno riusciti a far collaborare o a non far collidere i piccoli pezzi di “finanza amica”, il Monte dei Paschi di Siena (tra l’altro azionista di Bnl) ed Unipol, come invece non è successo. E ancora più ridicola è l’accusa ai DS di aver tifato. A parte che tanti, anche a sinistra, hanno tifato legittimamente per gli altri e contro Unipol. Ma che peccato sarebbe? Forse vanno ripensati i modi del tifo, specie in un mondo finanziario così “opaco” come il nostro, ma non cancellati i Valori comuni alla cooperazione ed alla sinistra scritti nella storia. P.S.2. In questo caso forse si dovrebbe semmai parlare di “debolezza della politica” rispetto alla finanza, corretta e scorretta, non il contrario, almeno a sinistra. Oltre naturalmente ad aprire un dibattito sulla Corporate Governance delle Coop e delle sue imprese.
 
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