Scusa la lunghezza, cui non corrisponde altrettanta sostanza, ma non saprei da che parte iniziare per condensare. Non mi addentro nella questione, e sarò sicuramente parzialmente confuso. Comunque è sicuro che certe minoranze (come le maggioranze, e come tutti) hanno in sé aspetti positivi ed aspetti negativi. È ovvio che la positività e la negatività sono soggettivi, ma la soggettività è tale sempre, qualunque sia il modo di pensare. Ho l'impressione che, da parte di una certe matrice di pensiero, per queste minoranze si debba avere un occhio di riguardo tale, che anche gli aspetti negativi debbano essere misurati con benevolenza. Allora posso anche essere d'accordo (ma non lo sarò più avanti), a patto che eventuali problemi causati da quegli aspetti negativi non vadano a pesare sul groppone del singolo, e che invece tutta la comunità se ne accolli il costo. Faccio un esempio di un fatto che, mi hanno detto, è noto: un signore distinto si presenta ad acquistare un appartamento in una costruenda palazzina. Paga un acconto sostanzioso e firma il contratto. Poco tempo dopo, alla consegna dell'appartamento, si presentano alcuni rom, vestiti e con atteggiamenti inequivocabilmente da rom, in qualità di proprietari dello stesso. A questo punto il venditore si rende conto che tutti gli appartamenti limitrofi, se non tutta la palazzina, si svaluteranno enormemente, perché nessuno vuole vivere accanto a dei rom. E questo è ciò cui i rom stessi che hanno fatto l'acquisto puntavano. Così propongono al venditore di rinunciare all'appartamento, a patto che questi restituisca la caparra moltiplicata per ics. I rom sono un problema, nel senso che finché non si integrano percepiscono il "nostro" territorio come un terreno di caccia. E finché casa mia è terreno di caccia per un rom, e finché l'eventualità che lui riesca a catturare qualcosa di suo interesse a casa mia è un rischio che devo accollarmi in toto, trovo giustificatissimo desiderare di non essere suo vicino di casa. L'altra faccia del problema è proprio questa, appunto, per cui così facendo il rom resterà sempre uno straniero, e casa mia sarà per lui sempre un terreno di caccia. Inoltre c'è che per indurlo ad integrarsi non so cosa ci voglia, poiché per molti di loro integrarsi significa perdere sé stessi, la loro propria specificità. Come per un indiano accettare di vivere in riserva. La loro specificità non può essere salvata, perché include il nomadismo e l'essere sempre stranieri in qualsiasi posto si trovino. Questo vale anche, in altra misura, per molti provenienti da paesi stranieri. In ogni caso quelli che non decidono di restare qui, di integrarsi, possono essere portati a percepire questo paese come uno posto da cui "succhiare" qualcosa, senza riguardo a come lo lasciano. Solo gli stanziali, solo coloro che rimangono, hanno un motivo reale per avere rispetto del suolo che calpestano. Questo vale per tutti, ed in tutti i paesi questa tendenza dell'immigrato, quando ci fosse stata, è sempre stata contrastata con la forza. Non pensiamo che l'uso della violenza sia qualcosa che non riguarda lo straniero o la minoranza. La violenza è nella natura, e dunque anche nell'uomo, in tutti gli uomini. Finanziare la minoranza, lo straniero, il rom, affinché non si trovi in condizioni miserevoli, non porta ad eliminare il problema della tendenza alla predazione, al "consumo irriguardoso", alla mancanza di rispetto degli altri. Ci sono anche dei problemi di contiguità. A Udine c'era una bella palazzina del vecchio mercato, che per un periodo era diventata centro sociale. Poi, quale centro sociale, è diventata "proprietà" di una comunità di neri. Una parte di essi molto probabilmente delinquenti, un'altra parte no. Ma c'era il problema che questi facevano feste molto rumorose, che si protraevano fino a notte molto inoltrata (molto spesso ben dopo mezzanotte). Ora, in quanto minoranza, imbavagliarli perché la smettano è incivile. Ma tutta la gente che viveva nei paraggi e doveva subire questo bordello, doveva farselo buono? Perché? A questo punto erano i neri che stavano usando violenza contro la "maggioranza". Non è facile, e spesso nella realtà è impossibile, l'accettazione incondizionata degli altri modelli. È impossibile che una macchina funzioni se dentro ci butto metano, gpl, gasolio e benzina mescolati insieme. Quella macchina funziona con un solo tipo di carburante. Sarebbe impossibile convivere, per dire, in una stanza in cui tutti hanno orari diversi gli uni dagli altri, e non vengano stabilite delle regole per cui un certo orario prevale su tutti, anche se questo comporta una diminuzione della libertà di alcuni a vantaggio di altri. Sarebbe impossibile convivere in una famiglia dove tutti hanno diritto di decidere quale auto compriamo, o di che colore facciamo le stanze. Una parte dei componenti dovrà subire una decisione univoca. Altrimenti se ne va a vivere altrove. Ed è questo, anche, il punto. Perché se a me piacciono le pareti in arancione, e la maggioranza di coloro con cui vivo le vogliono bianche, ma esiste un altro posto dove le pareti arancione sono la norma, perché mai quelli che le vogliono bianche devono accettare di averle arancioni? La questione del luogo è connessa proprio con il rispetto della libertà individuale. Ovviamente gli altri farebbero bene a considerare l'arancione, ma se io riesco ad ottenere di pitturare in arancione, altri, se non io, avranno subito una violenza. Qualcuno la subirà comunque. Non sempre c'è lo spazio per accontentare tutti. E torno sugli aspetti negativi di cui all'inizio. Che sono rappresentabili, per esempio, proprio con il caso del centro sociale in cui i neri facevano le feste. Notare che, siccome conosco alcuni ex frequentatori di quel centro sociale, quando era tale, so che i neri se ne sono "impossessati" in quanto erano delinquenti e gli altri li temevano. I "bianchi" se ne sono andati per questo. Allora si può subito obbiettare che se questi neri erano delinquenti, è perché non hanno adeguate opportunità (che non gli vengono offerte). In primis osservo che anche tra gli italiani ci sono dei delinquenti, che reati (anche sulla negatività di tutti i reati si potrebbe discutere, perché molto spesso lo sono in base a criteri soggettivi, che soltanto vengono condivisi da "troppe" persone) ne commettono. Il delinquere, la tendenza a delinquere, è una cosa che se non è innata in certi soggetti poco ci manca. Negarlo significa negare la pluralità. In altri soggetti è indotta nell'infanzia, ma voglio vedere a riuscire a correggere tutti i casi in cui questo accade. Per cui di delinquenti ce ne saranno sempre, e ci sono anche tra i neri, gli albanesi, i romeni. Ma questo sarebbe teoricamente il meno, e appunto non correlato all'etnia (ma corrisponde al discorso di rosalux: pochi giorni fa, in stazione a Udine mi si è avvicinato un probabile italiano chiedendomi soldi, ed io glieli ho rifiutati come faccio con gli altri, zingari compresi). Il fatto è che l'integrazione ha un costo. Ha un costo economico, enorme, ma ancor di più ce l'ha di impegno sociale. Per far fronte a tutti gli aspetti che comporta, non basta essere contro chi è contro. La multiculturalità comporta dei grossi problemi di condivisione degli spazi. Non puoi costruire una moschea, una chiesa, ed una piscina nello stesso posto. Non si può cassare il discorso degli spazi gestendolo come se tutti dovessimo vivere in riserve contigue, dove ognuno ha il suo ma non può sconfinare (per cui nessuno avrebbe il suo, poiché l'uomo ha bisogno di sconfinare). È il discorso che ho fatto su "casa mia" su un post di qualche tempo fa. Da sempre il viandante è un imprudente ed uno stolto, se visitando posti nuovi pretende di portarcisi dietro casa sua. E comunque non si può nemmeno sottovalutare il costo economico. Perché probabilmente sarebbe anche sostenibile, ma solo a patto di uno stravolgimento dei nostri "valori", che non si può pretendere avvenga alla velocità con cui il problema dell'integrazione avanza. Con il termine integrazione non intendo inglobamento (che è invece più vicino a ciò che in qualche modo piuttosto auspicherei, proprio per la necessità di far quadrare i conti), bensì piuttosto qualcosa tipo co-integrazione. La nostra civiltà va alla deriva, e penso sinceramente che una sorta di co-integrazione orientata all'inglobamento (per necessità di regole univoche, e per rispetto verso la maggioranza), l'accogliere altre visioni della vita e del mondo possano portare a trovare qualche idea, un lume che ci faccia uscire da una sorta di tunnel in cui siamo finiti. Ma non è possibile accogliere tutto quanto senza vagliarlo. E, come ho detto, questo costa una quantità di tempo/energia enorme. Ci vuole disponibilità a ridiscutersi, a mettere in disparte le proprie priorità, soprattutto per quelli che sono molto presi per certe priorità, ed aprire le orecchie. Purtroppo l'unica volta che ho visto uno spot "pubblicità progresso" che invitava ad aprire le orecchie, è stato sotto il principato di B, ed il messaggio era "subliminale", tale da fare il paio con le bastonate el G8. Però non lo puoi imporre a nessuno, di mettere da parte le sue priorità. Né lo convinci a farlo se non gli dai un buon motivo per, un motivo che riesca a comprendere ed a far suo. Agganciandomi alla battuta di Guido sui fasci: ti consolerà sapere che ci sono diversi preti extracomunitari, provenienti dall'Africa e dall'Est europeo, che stanno "invadendo" le nostre parrocchie :-) |
Inviato da: ossimora
il 12/09/2024 alle 19:00
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