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Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"
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Post n°2218 pubblicato il 18 Giugno 2021 da ossimora
N .26 Golnaz Hashemzadeh Bonde Un popolo di roccia e di vento Feltrinelli Letto d'un fiato in un afoso pomeriggio di relax,in piacevole penombra. Una storia di rabbia , rude e dolorosa . C'è la storia personale ; quella di Nahid che conosce suo marito Masood a diciotto anni in procinto di iscriversi a medicina e con il quale condivide la passione per la libertà e per l'Iran , il loro paese. Con la foga tipica della giovinezza entrambi si battono per rovesciare il regime dello scià , Nahid perde la sorellina durante una manifestazione e pian piano , con l'aumento della repressione anche loro due sono costretti a vivere nascosti , perseguitati in un'atmosfera sempre più greve dove vedono sparire amici e compagni di lotta. Quando nasce la loro figlia decidono di scappare e diventano profughi/ cittadini in Svezia . Trenta anni dopo Nahid scopre di essere ammalata e di avere poca aspettativa di vita , durante questa malattia , fra una chemio ed un guizzo di speranza ripercorre i momenti delle lotte in Iran , il momento della nascita della figlia , quella della fine dell'amore col marito trasformatosi in un bruto , quella dell'adattamento apparente ad una Svezia algida e lontana comunque. I continui dubbi interiori sull'opportunità di essere scappati e diventati esuli, la lontananza dal proprio paese e da quello che resta delle famiglie diventano spesso amarissime riminescenze . La malattia della protagonista diventa un momento per raccontare il passato tramite continui flash back molto ben inseriti nella trama narrativa. Molto amaro . " Ma una volta capito questo ,non abbiamo dovuto fare altro che comprare i biglietti per l'aereo. E volare verso la libertà .Queste persone invece lottano con le unghie e con i denti per arrivare qui , chilometro dopo chilometro .E quelli che ce la fanno ,pensano di avercela fatta per sempre .A loro vorrei dire che questo è solo l'inizio .Che la fuga ti contamina il sangue , e attraverso il sangue infetta tuo figlio che non è ancora nato , e come un tumore l'infezione si diffonde sempre piu col passare del tempo.Quando credi di aver superato il trauma di aver perso ciò che hai perso ...ecco , è vero , non hai superato un bel niente.Ciò che hai abbandonato vive insieme a te con la stessa forza della strana nuova vita a cui stai cercando di adattarti.Non sparirà mai!Tutto resta e tutto passa alle generazioni future. "che cosa potevamo fare? Qui c'erano pace , democrazia e l'agognata libertà . Ma era anche terribile . Essere finiti in quell'inferno ci diede l'esatta misura della nostra posizione sociale. In fondo alla scala.Lì stavamo noi ,i rifugiati politici. Poi c'erano gli alcoolisti ,le mamme single , quartieri dai quali scappare...
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