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Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"

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Marai

Post n°2025 pubblicato il 14 Marzo 2015 da ossimora
 




«Il dolore è passato.

 La vita lo ha trasformato in qualcos’altro; dopo averlo provato, dopo aver singhiozzato, lo si nasconde agli occhi del mondo come una mummia da custodire nel padiglione funerario dei ricordi. 

Passa anche il dolore provocato dall’amore, non credere. 

Rimane il lutto, una specie di cerimonia ufficiale della memoria.

 Il dolore era altro: era urlo animalesco, anche quando stava in
silenzio.

 È così che urlano le bestie selvatiche quando non comprendono qualcosa nel mondo – la luce delle stelle o gli odori estranei – e cominciano ad avere paura e ululare. 

Il lutto è già un dare senso, una ragione e una pratica.

 Ma il dolore un giorno si trasforma, la vanità e il risentimento insiti nella mancanza si prosciugano al fuoco purgatoriale della sofferenza, e rimane il ricordo, che può essere maneggiato, addomesticato, riposto da qualche parte.

 È quel che accade ad ogni idea e passione umana».

 Sándor Marái, “Il gabbiano”, Adelphi, Milano

 
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Roberta_dgl8
Roberta_dgl8 il 14/03/15 alle 11:28 via WEB
mia cara. Ho letto stanotte ma troppo stanca per commentare, ed allora, ti ho letta, in silenzio:-) il quadro è bellissimo, ma anche l'altro mi piaceva:) questo scritto si può applicare per i dolori della vita umana, che ci trapassano.. sì. D'amore, se vuoi, di perdita anche.. di qualcuno che ci lascia e lascia un vuoto. E' tutto vero, davvero. E te ne ringrazio in un momento mio, così delicato.. però. Devo scrivertelo un però, testimonianza della mia vita. C'è un dolore più grande di tutti, che è la malattia di un figlio; "il fuoco purgatoriale della sofferenza", ... non basta per CERTI DOLORI, disinfetta per un po', la connessione con il cielo e le stelle può lenire, il sogno ancora aiuta.. MA, non può andarsene da qualche parte per molto. Sì può essere addomesticato, ma resta vivo, ogni giorno. Non è solo una mia esperienza personale. C'è gente come me, che ha preso due lauree, ha creato associazioni, ha fatto della sofferenza un traguardo da dove ripartire.. E forse anche a questo si riaggancia lo scritto, MA, e c'è un ma.. ci sono sofferenze che vanno molto e ben, oltre di noi. Forse è uno sguazzarci? no! davvero lo dico. Vorrei sguazzare altrove con la consapevolezza, che questo dolore è feroce e grande, ma forse io, lo sono di più. Ognuno abbiamo i nostri tempi, e devo forse abbandonare l'idea "del come sarebbe stato", e della difesa da un mondo, che ci avrebbe voluto diversi; siamo diversi in altra maniera. Ti ringrazio come sempre per lo spazio, tanto, davvero. Questo volevo scriverti stanotte, ma mi è stato impossibile! buon giorno! e grazie ancora. Roberta
 
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