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L'amore in un libro: parte seconda
Post n°1148 pubblicato il 18 Marzo 2016 da lascrivana
Con gli occhi gonfi e il cuore stretto in una morsa dolorosa, sentii il grande portone richiudersi per l'ultima volta alle mie spalle. Pur non avendone l'intenzione, mi voltai e fissai le mura grigie e segnate dal tempo, la vecchia crepa apertasi durante il terremoto, le finestre con le persiane socchiuse, in quel edificio avevo trascorso buona parte della mia fanciullezza. Con una punta di nostalgia e sollievo, ripensai al pianto disperato quando, anni prima, i miei genitori mi fecero varcare per la prima volta quel portone. Ma avevo anche riso di gusto quando, una volta ambientata, avevo conosciuto le amicizie vere e indissolubili, come quella con Chiara. Pur non potendola vedere me l'immaginai, chiusa nella propria stanza, a versare lacrime amare per l'amica di sempre che la stava abbandonando. Distogliendo lo sguardo, diedi un'occhiata attorno e non fui affatto sorpresa di non trovare nessuno ad attendermi. Mio padre, instancabile quanto solerte imprenditore, si trovava quasi sicuramente da qualche parte in giro per il paese, intento a cercare di vendere i propri prodotti a sprovveduti acquirenti. In quanto a mia madre, potrei scrivere un libro su di lei, ma basterebbero tre semplici parole per descriverla “fuori dal tempo” Convinta di vivere ancora nel diciottesimo secolo, amava circondarsi della propria corte, rappresentata da donne nelle sue stesse condizioni, ovvero consorti di uomini più o meno facoltosi che si scannavano per mantenerle. I salotti cambiavano, ma le abitudini rimanevano sempre le stesse, tè al pomeriggio e interminabili partite a carte tra pettegolezzi vari e risatine soffuse. -Oh mio Dio, cara, non pensare che me ne fossi scordata, ma proprio domani ho ospite a pranzo la moglie del prefetto. Ma sei grande ormai, sono certa che arriverai a casa sana e salva- Questo era ciò che mi aveva detto appena ventiquattro ore prima quando, euforica ed emozionata, l'avevo chiamata per avvisarla del mio rientro. Io non avevo replicato e le avevo assicurato che l'avrei fatto, non avevo nessuna intenzione di imbastire una discussione al telefono. Infine c'era Paolo. In cuor mio, avevo sperato che almeno lui facesse capolino dall'altra parte della strada. Il paese era piccolo, e tutti o quasi sapevano quando una dellemonachelle, così venivamo chiamate, lasciava il collegio. Ma, a quanto pareva, anch'egli mi aveva ignorato. Pazienza, in fondo non mi disturbava affatto essere sola a intraprendere la mia nuova avventura, la mia nuova vita. Confortata da quelle considerazioni, decisi che non sarei passata da casa, e al diavolo le inevitabili sfuriate di mio padre, in fondo ero maggiorenne! Nello zaino, custodivo il biglietto del treno che mi avrebbe portato in una sconosciuta cittadina del Piemonte, laddove vivevano i miei zii e per la quale avrei abbandonato la mia amata Basilicata. Quasi a volermi rassicurare, mi sedetti su una panchina e lo aprii. La prima cosa che le mie mani toccarono fu il dorso di un libro, quasi mi ero scordata di averlo messo dentro. L'avevo preso in prestito dalla biblioteca del collegio e non l'avevo più restituito, affascinata e mai stanca di rileggerlo. “L'amore riconquistato” mi aveva catturata sin dalle prime righe, riuscendo a farmi immergere in un mondo simile al mio anche se innegabilmente diverso. La trama è di una semplicità che ancora adesso riesce a stupirmi, e narra la storia di una giovane donna che, dopo un lungo periodo trascorso in carcere, ritrova la libertà e l'amore. Ma, per quanto si sarebbe portati a pensare, non si tratta dell'amore verso un uomo, bensì verso ciò che di bello ci ha donato il mondo, la natura, la voglia di vivere. Quante analogie con la mia di storia, quante similitudini, eppure la mia finestra non aveva sbarre, o forse c'erano sempre state e mi rifiutavo di vederle? Agata, con la sua storia, mi aveva donato quella forza che non avevo mai avuto, quella risolutezza che non avevo mai saputo di possedere, mi aveva ridato fiducia. Con un sorriso sulle labbra, riposi il libro e m'incamminai verso la stazione. Tra poche ore sarebbe iniziata una nuova avventura, ignota e irta di ostacoli certo, ma che avrei affrontato con la stessa determinazione che Agata aveva dimostrato una volta uscita dall'inferno. Il collegio era ormai una macchia indistinta quando, istintivamente, mi voltai un'ultima volta e alzai un braccio in segno di saluto. “Mai più prigioniera” mormorai a fil di labbra. Danio e Laura |
Inviato da: tanmik
il 09/07/2024 alle 07:06
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