Anais Nin, una vita scandalosa che diventa favola

La storia d'amore tra Anaïs Nin e Henry Miller | Sky Arte - Sky

Particolarmente nota per le posizioni femministe e per gli amori passionali, questa volta Anaïs Nin viene raccontata dalla fumettista svizzera Léonie Bischoff attraverso la graphic novel Anaïs Nin. Nel mare delle menzogne. Il focus della narrazione è ovviamente la storia d’amore tra Nin e Henry Miller i quali, all’indomani del loro primo incontro parigino avvenuto alla fine del 1931, trovarono nell’immediata attrazione fisica e nella passione per la scrittura due punti di contatto che di fatto li resero inseparabili, senza peraltro escludere la di lui moglie, June Mansfield, a proposito della quale Nin scrisse:

Quando mi è venuta incontro, ho visto per la prima volta la donna più bella del mondo“.

Il percorso esistenziale di Nin mette i brividi se si prende in considerazione  il rapporto incestuoso col padre. Da la Repubblica:

New York – Un giorno del giugno 1933, a Valescure, la spumeggiante navigazione erotico-letteraria di Anaïs Nin approda alla “completa sintesi” di tutti i suoi amori: l’incontro con il padre, che l’ha abbandonata vent’anni prima. Quest’uomo, Joaquin Ninmusicista, aristocratico, inveterato dongiovanni, è anche lui, a 54 anni, alla ricerca della “sintesi” di tutte le donne che ha amato. Nella “tragedia” che ne consegue, padre e figlia perdono ogni ritegno, si riconoscono identici, si cercano al di là delle parole, si trovano nello stesso inconfessato desiderio, e finiscono nell’abbandono a un’orgia sessuale che parte dal grido di lui quando penetra la figlia, Je n’ai plus de Dieu!, e si conclude dopo nove giorni di spasmodica lussuria con la promessa di una fedeltà ideale reciproca e l’allontanamento di tutti gli altri amanti, uomini e donne. Al mondo ci sono solo loro due“.

Più rassicurante, per chi ha paura di indulgere in certi dettagli, la sinossi della casa editrice L’ippocampo che ha pubblicato la graphic novel:

Inizio degli anni Trenta. Anais Nin vive nella banlieue chic di Parigi e lotta contro l’angoscia che la sua vita da sposa di banchiere le impone. Più volte strappata alle sue radici, è cresciuta tra due continenti e tre lingue, lottando per trovare il suo posto in una società che relegava le donne a ruoli di secondo piano. Decisa a diventare scrittrice, si è inventata fin dall’infanzia una via di fuga: il suo diario. Un diario che diviene droga, compagno e doppio dell’autrice, permettendole di esplorare la complessità dei propri sentimenti, e la ricchezza della propria sensualità“.

Stando alla critica, la matita delicata e multicolore di Bischoff è riuscita nell’impresa di restituirci una donna a tutto tondo. Più che scandalosa, femmina.

La vita di Anaïs Nin a fumetti - Fumettologica

La vita di Anaïs Nin a fumetti - Fumettologica

La morale per me esiste

solo quando sono di fronte

al dolore di qualcun altro.

Anaïs Nin

Anais Nin, una vita scandalosa che diventa favolaultima modifica: 2021-04-18T10:14:52+02:00da VIOLA_DIMARZO

6 pensieri riguardo “Anais Nin, una vita scandalosa che diventa favola”

  1. Partendo dal titolo “Una vita scandalosa” e chiudendo con la fine “La morale per me esiste solo quando sono di fronte al dolore di qualcun altro”, direi che questo bellissimo post racchiude tutto il manicheismo dell’individuo che chiama valori i propri limiti.
    Iniziando quindi da “vita scandalosa” mi chiedo quale sia il senso e significato del termine “scandaloso” visto che da millemila anni quello che era scandaloso ieri non lo è più oggi e questo vale per il pensiero, per il costume, per il rispetto e la morale. Alla fin fine “scandaloso” è l’asticella del salto in alto che spostiamo sempre più su e questa operazione la chiamiamo emancipazione. Peccato che malgrado millemila anni di cosiddetta emancipazione stiamo ancora a fare i conti con gli odi razziali, le differenze di ceto, le discriminazioni di genere e così via. L’emancipazione, quindi, è solo phard. Stronzate che raccontiamo per sentirci migliori pensando che aver dato l’intonaco e lo stucco alle nostre caverne significhi qualcosa.
    La chiusura, poi, mi sollecita una riflessione non tanto sulla morale che non esiste perché, come dico sempre, ce ne sono almeno 7 miliardi. Trovando bellissima la definizione della Anais, mi sono chiesto se “quando siamo di fronte al dolore non di qualcun altro” non sarebbe più corretto parlare di coscienza piuttosto che di morale.
    Detto dell’inizio e della chiusura del post, mi resta da parlare di quello che c’è in mezzo ovvero c’è Anais e la sua libertà di vivere a modo suo sbattendosene di stronzate come “scandaloso” o altre stronzate come la “morale”.

  2. In effetti la morale è qualcosa di estrinsecamente avulso dalla nostra essenza, è qualcosa a cui ci adattiamo, a cui dobbiamo sottostare non avendo, se non in minima parte e pressoché fortuitamente, la stessa forza di una Nin e di pochi altri come lei. E dunque sì, è la coscienza il vero spartiacque, il nostro unico giudice. P.S. Ero certa che se l’avessi letta, avresti apprezzato la storia di questa donna senza lasciarti prendere da brividi di riprovazione. Proprio come ho fatto io.

  3. Infatti e non.
    Perché a volte, proprio apprezzandole, certe storie mi procurano brividi di riprovazione per quelle volte in cui tiro il freno a mano. E questo fatto di non dare mai la colpa agli altri, ma solo a me è il motivo per il quale mi sento responsabile di tutto il pianeta e trovo ingiusto che non mi vengano riconosciuti gli assegni familiari di 7 miliardi d’individui.

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