Internet, il pifferaio

    “Internet, il pifferaio che ha detto a ciascuno di noi: non hai bisogno di intermediari, seguimi e ti renderò ricco e sapiente. Con una potenza di fuoco e una rapidità mai viste sta terremotando il mondo in cui eravamo vissuti. Commercio, giornali, viaggi, saperi tutto è esposto alla sua seduzione, alla sua forza. È come se dicesse a ognuno: la tua opinione – qualunque essa sia, brillante, colta, stupida o ignorante, mostruosa o sensata – è uguale a tutte le altre. È questo il panorama desolante in cui è cresciuto il populismo. Paul Hazard studiò magistralmente il passaggio dall’epoca barocca all’illuminismo. La crisi che lui raccontò condusse alla nascita dell’Europa moderna. La nostra crisi non sappiamo ancora dove ci condurrà”.

Yves Mény

Internet, il pifferaioultima modifica: 2020-02-12T16:13:09+01:00da VIOLA_DIMARZO

5 pensieri riguardo “Internet, il pifferaio”

  1. visto l’ultimo sviluppo dell’Europa moderna direi ben venga quello che chiami populismo, conseguenza e non causa della sua dissoluzione, coronavirus insegna.

  2. “È come se dicesse a ognuno: la tua opinione – qualunque essa sia, brillante, colta, stupida o ignorante, mostruosa o sensata – è uguale a tutte le altre.”

    Focalizzandomi sul significato intrinseco del termine “opinione” ovvero qualcosa di non codificato e quindi assoggettabile a qualunque interpretazione, direi che dovremmo accettare, anche se per snobismo e ancor di più per presunzione non ci riusciamo, che ogni opinione, fino a prova contraria, è uguale a tutte le altre. Quello che la rende, solo teoricamente diversa, è la sua credibilità rispetto a quel pensiero omologato verso il quale, consciamente o inconsciamente, religiosamente ci appecoriamo. Aggiungerei, per chiarezza, che il pensiero omologato non deve intendersi riferito, sempre in termini di opinioni, solo a quella che va per la maggiore, ma soprattutto al pregiudizio verso il pulpito che partorisce l’opinione. Quel pregiudizio secondo il quale l’opinione espressa da un Nobel meriti comunque più rispetto di quella espressa da un imbecille. Fra l’altro bisognerebbe anche mettere in conto quanto un Nobel sia davvero meritevole di esserlo perché, restando nell’opinabile come lo è l’assegnazione del Nobel o di tanti altri titoli, l’imbecillità che ci divertiamo a devolvere a destra e a manca, dovremmo assegnarla anche ai superesperti che assegnano il Nobel e, di certo, quei superesperti sono delle pompose figure che avviciniamo alla deità (checché ne pensasse il prof Eco sulle legioni di imbecilli che popolano il web).
    Ora, se tutte le opinioni e fino a prova contraria, hanno tutte la stessa dignità, gli aggettivi successivi (brillante, colta, stupida o ignorante, mostruosa o sensata) sono degli ossimori perché non hanno alcun senso rispetto a qualcosa che, proprio perché “opinione”, è precaria rispetto al certo. Quel “sensata” poi è da scompisciarmi se penso al brain storming che, finalmente, ha deciso di dare libertà alle opinioni avendo capito che, tante volte, proprio le opinioni più insensate, rispetto al pregiudizio possono rivelarsi quelle vincenti. Il massimo che concederei ad un’opinione è, il “più o meno condivisibile” che, a sua volta, rimane anch’esso un’opinione.
    Col massimo rispetto per quanto sta accadendo in termini umanitari, direi che sto assistendo ad uno show di opinioni, in massima parte definite “colte” solo perché chi le esprime è indubbiamente una persona di cultura ma, ecco l’ossimoro, questo non dovrebbe autorizzare a pensare che una persona colta esprimerà sempre “opinioni” colte. Sarebbe solo sperabile ma, al massimo, trattandosi di “opinioni”, potrebbe esprimere opinioni soltanto più credibili altrimenti dovremmo pensare che una regina partorirà per forza un re e, questo, equivarrebbe al codificare la genetica dell’imbecillità. Cosa ben diversa da quel sacrosanto “la mamma degli idioti è sempre incinta”.

  3. A differenza che in auto dove forse sbaglio, con le opinioni che mi toccano riesco a mantenere “quasi” sempre una serena distanza di sicurezza. Ho virgolettato il “quasi” perché, fermo restando che le opinioni le leggo tutte senza pregiudizio, ho invece un debole verso quelle che mi stanno più a cuore. Ora non so se questa sia debolezza o paraculismo, forse più la seconda :), ma è così. Ad Yves Mény, nell’aggettivare le opinioni, è sfuggita la più gettonata. Quella verso la quale l’atteggiamento è il più ricorrente, più intimo: l’opinione a cui teniamo di più.

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