Il #MeToo giapponese è una “Scatola chiusa”

Shiori Ito, briseuse de silence | 24 heures

Era una stagista con aspirazioni da reporter Shiori Ito quando, durante una cena, fu drogata e successivamente violentata mentre era in stato di incoscienza. Ora, a 32 anni, è regista, giornalista e icona giapponese del movimento #MeToo, riconoscimento scaturito dal fatto d’aver raccontato nel libro Black Box la violenza avvenuta in un albergo di Tokyo; lo stupratore, Noriyuki Yamaguchi, era ex capo del Washington Broadcasting System e biografo del premier Shinzo Abe.

Ito provò subito ad ottenere giustizia, ma l’iter è stato tutt’altro che semplice; nel 2016 il pm stabilì che Yamaguchi non era perseguibile perché le accuse che gli erano state mosse non erano comprovate; e così, l’anno dopo, Ito rese pubblica la vicenda in una conferenza stampa, attirando su di sé l’attenzione del pianeta. Il 2019 fu l’anno della svolta, perché il giudice le riconobbe un risarcimento di quasi 30 mila euro.

In Giappone la violenza di genere resta una ferita aperta malgrado, dal 2017, venga comminata una pena di cinque anni ai colpevoli di stupro, due in più rispetto al passato. Talvolta Ito avrebbe voglia di tornare a una vita più tranquilla, ma continua a lottare, e dice:

Bisogna innescare un cambiamento profondo, che coinvolga ogni aspetto della società a partire dall’educazione. Siamo cresciute in un sistema in cui dinamiche legate a retaggi patriarcali ci condizionavano e ci condizionano anche oggi, ogni giorno. Insieme alle donne che hanno aderito alle proteste abbiamo cercato di porre l’accento sulle azioni collettive, sul consenso, temi poco affrontati nell’apparato legislativo giapponese. Continuare il percorso intrapreso è fondamentale“.

Denunciate, donne. A patto di avere la forza di Shiori Ito. O di chiamarvi Asia Argento.

Il #MeToo giapponese è una “Scatola chiusa”ultima modifica: 2021-03-14T09:34:15+01:00da VIOLA_DIMARZO

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