Il Papa scomodo ora pianto e compianto

Funerali di Benedetto XVI, centinaia di fedeli in attesa dall'alba per la camera ardente

Se rinasco, studierò per diventare vaticanista. Ma per adesso, dovendo accettare la mia umile condizione di persona che delle cose del mondo capisce e sa pochissimo, mi limiterò a qualche osservazione terra terra. Innanzitutto non posso nascondere la mia irritazione per le lacrime del clero, lo stesso che non esitò a isolare papa Ratzinger per via di una delle sue più grandi intemperanze:

Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava“.

A imitazione di Ponzio Pilato, i pezzi da novanta del Vaticano se ne lavarono le mani, e tra queste ve ne erano di eccellenti come quelle del cardinale Martini e di padre Thomas Michel, il quale si profuse in un capolavoro di obbedienza al pontefice cercando di lenire l’ira funesta dei maomettani con le parole: “Benedetto XVI a Ratisbona ha esposto il suo punto di vista personale“. Alla luce di questa crocifissione, metaforica quanto si vuole ma fonte di grande dolore per Benedetto XVI – per tacere dell’ostracismo affinché non fosse liberalizzata la messa in latino o degli scandali dei preti pedofili – pare naturale che Benedetto XVI abbia intrattenuto colloqui proficui, a livello intellettuale, con personalità come Oriana Fallaci e Giuliano Ferrara, e chissà quanti altri ancora. Detto questo, sarebbe importante se non si cercasse di connotare negativamente Joseph Ratzinger con l’aggettivo reazionario, perché mettere al riparo la tradizione dalla fugacità della contingenza  non è mai un errore. Il mondo è bello perché è vario, giusto? E allora non facciamo delle sue peculiarità un insieme unico, destinato a fatale fatuità.

Ratzinger chiede perdono

Benedetto XVI, l'uomo che veglia sul Vaticano - Corriere.it

Il Papa emerito Benedetto XVI interviene direttamente sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga dove è stato arcivescovo per quasi cinque anni, e lo fa con una missiva in cui, oltre a chiedere perdono, ringrazia per la vicinanza che gli è stata espressa da tanti, e si scusa nuovamente per l’errore circa la sua presenza alla riunione del 15 gennaio 1980 durante la quale si decise di accogliere in diocesi un sacerdote che doveva curarsi. Ma è nella seconda parte della lettera che Ratzinger spiega il senso della confessione e del perdono, affidandolo a queste parole:

Durante la celebrazione della messa preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola ‘grandissima’ non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso”.

E a proposito dei colloqui con le vittime degli abusi commessi da chierici chiarisce:

In tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade. Come in quegli incontri ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono. Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi. Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso”.

Benedetto XVI conclude la lettera con queste parole:

Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato. In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte”.

Insieme alla lettera del Papa emerito è stato pubblicato un breve allegato di tre pagine in cui si ribadisce che il cardinale Ratzinger, nel momento in cui accolse il sacerdote che doveva curarsi a Monaco, non era a conoscenza del fatto che fosse un abusatore.

È sincero Ratzinger? A me pare più che altro pentito o forse semplicemente provato dalla malattia, il giudice più crudele in cui possiamo imbatterci.