Di cosa parlavamo prima del coronavirus?

   Ora che l’argomento principe è il Covid-19 che, oltre a instillare inquietudine, ci ha resi monchi di ogni altro interesse, è ozioso chiedersi di cosa parlavamo prima che la pandemia rendesse grevi i nostri giorni? Io me lo sono chiesta e confesso che, nel ripercorrere un tratto della nostra storia, un po’ di nostalgia l’ho provata.

  Novembre 2019. Tra entusiasmo e pragmatismo commentiamo l’invasione delle Sardine in piazza Maggiore a Bologna, le stesse che tre mesi dopo biasimeremo per via di una foto con i Benetton. Più o meno negli stessi giorni il Time mette in copertina Greta Thunberg, eleggendola persona dell’anno perché ha reso imprescindibile la necessità di contrastare il global warming. Sull’argomento un profluvio di parole.

   Dicembre 2019. Molti di noi si dicono fieri di appartenere a una nazione il cui Presidente stringe la mano a Liliana Segre nella cornice della Scala di Milano, un segnale forte in direzione dei negazionisti e di certe polemiche stantie che ritornano ciclicamente. Poco prima di Natale il pensiero politico a stelle e strisce si occupa dell‘impeachment di Trump, accostandolo a reazioni entusiaste per il telefonino con lo schermo pieghevole e qualche preoccupazione per il  social Tik Tok a cui i giovanissimi, in massa, stanno affidando il cazzeggio giornaliero. Arriva dalla Cina insieme al coronavirus, ma questo lo ignoriamo.

  Gennaio 2020. Archiviato il capodanno con l’onnipresente retorica sulle abbuffate natalizie, proclamiamo la volontà di affrontare il nuovo anno con una marcia in più.

   Febbraio 2020. Addetti ai lavori e popolino si chiedono se sia genuino o meno l’abbandono del palco di Sanremo da parte di Bugo durante l’esibizione con Morgan. Chi segue la Formula 1 constata che il test della Ferrari sul circuito di Barcellona è stato deludente. La nota più divertente arriva da quelli che scatenano una sorta di caccia al tesoro per i biscotti alla Nutella; qualcuno prova a dare delle dritte ma restano introvabili.

   Quando saremo fuori da questa emergenza, dobbiamo ricordare che siamo tutti elementi utili di un unico ingranaggio e se pure la pienezza della vita ci viene ora negata, presto, come Enrico di Ofterdingen, troveremo il nostro fiore azzurro. Perché ricostruirsi la vita è anche una questione di poesia.