Se non permettete alle donne di lavorare, poi non lamentatevi del calo demografico

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Durante la pandemia il 55,9 per cento dei posti di lavoro persi erano occupati da donne; in soldoni, come certificato dall’ISTAT, nel mese di dicembre su 101 mila disoccupati 99 mila erano donne. E allora che senso ha lamentarsi del costante calo demografico, se le donne vengono private del lavoro, e quando ce l’hanno vengono retribuite l’11 per cento in meno dei colleghi maschi? Quest’ultima discrepanza prende il nome di “gender pay gap“, e in Europa si traduce matematicamente così: per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna guadagna 83 centesimi.

Nei Paesi del sud Europa, le donne continuano ad occuparsi della prole, dei genitori anziani e della casa, senza percepire nulla; in particolare, per quel che concerne le italiane, per una questione meramente culturale, gli uomini non si occupano, se non di straforo, delle mansioni di cui sopra, e quindi sono sempre le donne a dover scegliere tra carriera e famiglia, e a ricorrere in molti casi a un lavoro part-time.

Pregiudizi e stereotipi definiscono i confini delle società fino a erigere frontiere difficilmente valicabili: il dramma è che quelle stesse società si percepiscono aperte, neppure sospettando di dare la misura di un fallimento secolare.

P.S. Le Marche vorrebbero una restrizione della legge sull’aborto per incentivare le nascite. No comment.