Era proprio necessario un film su Yara Gambirasio?

Il caso Yara Gambirasio: la tragedia diventa un film per Netflix- Corriere.it

Yara Gambirasio divenne la figlia di tutti nel momento in cui i genitori ne annunciarono la scomparsa in tv. Era il 26 novembre del 2010, un giorno che poteva restare senza storia per gli abitanti di Brembate di Sopra (BG), ma evidentemente il destino aveva deciso che era arrivato il momento di interrogarsi sulla ferocia umana. Il corpo di Yara fu rinvenuto tre mesi dopo in un campo, in via del tutto accidentale, da un aeromodellista. Ora il film Yara, prodotto da Taodue e Netflix, per la regia di Marco Tullio Giordana, ricostruisce l’intera vicenda, ma ha per focus la pm Letizia Ruggeri, ovvero la donna che con piglio straordinario organizzò un gigantesco screening di massa per raccogliere il maggior numero di campioni da confrontare col DNA ritrovato sugli indumenti della giovanissima ginnasta. Per appurare l’identità di “Ignoto 1”, fu condotta un’indagine costosissima, da molti osteggiata, che infine portò a Massimo Bossetti, ora all’ergastolo per l’omicidio in questione. Chi ha visto il film assicura che la narrazione poggia su una scrittura asciutta che rifugge il sentimentalismo, e che Isabella Ragonese è bravissima nel ruolo della pm, com’è altresì efficace l’interpretazione che di Yara dà Chiara Bono (foto). Il punto però è un altro: era proprio necessario proporre la ricostruzione cinematografica di un evento delittuoso tanto recente? A pensarla come me, ovviamente per motivi diversi, è la famiglia Gambirasio – che non ha visto il film né ha commentato l’iniziativa – e i famigliari di Bossetti che il film però devono averlo visto giacché denunciano “gravi inesattezze”. Ora, la spettacolarizzazione di questa tragedia mette in discussione il duro ammonimento biblico “le colpe dei padri non ricadano sui figli”. Perché i figli del muratore di Mapello – definizione tanto cara ai cronisti dell’epoca – saranno esposti ancora una volta al tribunale popolare, notoriamente poco incline alla riflessione e al silenzio.