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Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"
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Appunti di lettura 2024
Post n°2358 pubblicato il 02 Marzo 2024 da ossimora
Herta Muller L'altalena del respiro Feltrinelli Questo libro ce l'avevo in libreria dal 2009 , quando Herta Muller che lo ha scritto ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura . Lo avevo iniziato ed abbandonato . Non era il mio tempo giusto . L'ho ripreso adesso, periodo di letture intense nel quale riesco a leggere agevolmente anche le pagine più toste. Non è un libro facile , peraltro percorso da un senso di algido distacco che a tratti fa rabbrividire. Nel 1945 , dopo che la Romania aveva dichiarato guerra alla Germania , i russi , dopo essersi liberati del dittatore fascista Antonescu , chiesero al governo rumeno che tutti i tedeschi abitanti in Romania venissero impiegati nella ricostruzione dell'Unione Sovietica distrutta dalla guerra ; uomini e donne dai 17 ai 45 anni vennero deportati nei lager ; campi di lavoro forzati sovietici. E' un libro duro e non potrebbe essere diversamente dato che le singole sezioni / capitoli analizzano in maniera a tratti anche poetica ...neve , pioggia , grigio, fame, paura, lavoro, cemento, sabbia, carbone, mattoni ,pidocchi, cimici, desolanti solitudini, nostalgia ,pane e razioni, fame, morte pur non trattandosi certo di un campo di sterminio. In apertura ."tutto quello che ho lo porto con me"...perchè lì dentro ciò che si possiede diventa quello che si è. I guanti rammendati dalla zia, un alberello di natale in fil di ferro, una sciarpa rappresentano la dignità di un uomo ; i gambali di cuoio da vendere diventano la fame che graffia, morde , dilania mente e corpo ed invade ogni parte di sè , un angelo nero , arrabbiato che veglia costantemente e si appropria di tutto . Una fame che si appropria di tutto , nutrita a bietolone ,a formiche , a sabbia. Un foulard di seta rappresenterà l'umiliazione di dover inghiottire e vincere la diffidenza verso gli altri. Il lager è "singolare" , non c'è il "NOI". La scrittura stessa della Muller , scabra ma con descrizioni che diventano paura e certezza di essere occupato soltanto nella necessità di sopravvivere. Ogni oggetto è vivo per tenere in vita Leopold Auberg ; protagonista e voce narrante. Un 'opera visionaria . Leopold ha 17 anni quando lascia la sua cittadina" angusta come un ditale" dove tutti i sassi hanno occhi. Porta con sè le parole della nonna "so che tornerai". La Muller impara a conoscerlo da vicino il lager e lo fa ascoltando Oscar Pastior ,un effettivo deportato che racconta e racconta fornendole centinaia di appunti e di annotazioni , tantissimi particolari che lo fanno rivivere . Neppure quando un prigioniero , un forzato nel lager torna a casa riesce a dimenticare , ad archiviare un'esperienza definitiva. Ed anche noi che leggiamo . Alcuni titoli dei brevi capitoli sono fortemente immaginifici...acquavite di carbon fossile ,i fantomatici dolori dell'orologio a cucù, dal pane proprio al pane delle guance, il flacone scettico e quello ingenuo, ogni turno è un'opera d'arte, uomo di patate, cielo sotto terra sopra, il bacio di latta, leggerezza di fieno, sulla felicità nel lager, radicale come il silenzio...
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