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Post n°1085 pubblicato il 04 Gennaio 2008 da ossimora
La felicità è sempre stata al vertice delle ambizioni umane: uno stato di perfezione a cui aspirare. Nel corso della storia del pensiero però l'idea di felicità non è sempre stata la stessa. Per gli antichi greci, coincideva con la virtù, ed era un dono divino. Per i romani implicava la ricchezza e il favore degli dei e prendeva come simbolo il fallo. Per i cristiani era sinonimo di Dio e implicava la fine delle sofferenze terrene e la beatitudine eterna. Solo negli ultimi due secoli, però, gli esseri umani hanno iniziato a considerare la felicità un obbligo, un diritto di natura, e non una delle tante possibilità dell'esistenza. Nel ricostruire la storia dell'idea di felicità, Darrin McMahon parte dall'epoca classica per mettere in luce la rivoluzione che si è prodotta nel Settecento e ha plasmato la nostra idea dell'uomo e delle sue aspettative terrene, con un forte impatto anche sulla politica: basti pensare al diritto alla felicità inserito da Thomas Jefferson nella costituzione degli Stati Uniti. Utilizzando la genetica e la psicologia, esplorando la pubblicità e il consumismo, passando dai farmaci della felicità come il Prozac ai sorridenti simboli degli sms, il libro suggerisce che questa forsennata ricerca della felicità può anche provocare nuove infelicità.
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Commenti al Post:
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ossimora il 04/01/08 alle 01:32 via WEB
ehm...CDL sta per consigli di lettura ...
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clodclod il 04/01/08 alle 08:06 via WEB
ehm... + eh eh eh!= ;) A scansodiequivoci...meglio chiarire le sigle ambigle... nn si sa mai. Il tuo CDL e le tue ultime righe mi hanno fatto ricordare un altro libro (non fresco di stampa nè di lettura mia ): Paul Watzlawick, Istruzioni per rendersi infelici
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SandaliAlSole il 04/01/08 alle 09:21 via WEB
l'ho letto :) mi fu regalato una volta che mi lamentavo del traffico e dei semafori ecc ecc ecc. Non che abbia imparato da allora a non arrabbiarmi per l'ennesimo rosso eh...
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ossimora il 04/01/08 alle 12:51 via WEB
io ai rossi per strada non mi arrabbio ,sarà che li evito facendo stradine di campagna
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ossimora il 04/01/08 alle 12:49 via WEB
letto ma credo che questo sia più ua questione diciamo "storica"
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elioliquido il 04/01/08 alle 09:05 via WEB
Metterei al primo posto la realizzazione di sé, la propria individuazione. Che può coincidere poi anche col raggiungimento della felicità, ma il concetto di felicità si confonde facilmente con un'esigenza totalmente egoistica, e per questo credo possa portare a nuove infelicità. Mentre il concetto di "trovarsi" ed il successivo "mettersi in pratica" ammette più esplicitamente un obbiettivo raggiungibile anche nell'insussistenza di un "proprio benessere". Mi sembra più correttamente mirato.
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elioliquido il 04/01/08 alle 09:09 via WEB
Con "proprio benessere" virgolettato intendo proprio quel genere di ben stare cui erroneamente si può aspirare, sbagliando strada alla ricerca della propria felicità. Il proprio benessere non virgolettato è invece incluso nel trovare se stessi, come anche nella felicità.
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scalzasempre il 04/01/08 alle 09:19 via WEB
condivido la visione di ranylla, la felicità non un fatto materiale ma uno stato interiore. Che spesso si raggiunge solo comprendendo come tutto sia finalizzato al sistema "uomo" e non alla circostanza dello stesso. Tuttaiva, bisogna sempre di più capire chi scrive anzichè lo scritto stesso. Negli ultimi anni, con la diffusione estremizzata dei concetti e la sovrapproduzione di concettualismi, si è delineata sempre più una forma di individualità della scrittura che non riesce più a trasmettere, a mio parere, l'eternità (o l'infinitezza). Y
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SandaliAlSole il 04/01/08 alle 09:23 via WEB
Mi piace questo punto, "sbagliando strada alla ricerca della propria felicità". E sono d'accordo con la conclusione.
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il_presidente77 il 04/01/08 alle 10:40 via WEB
incuriosito, mi rimangono alcuni dubbi. Il principale quale è la suddiviosione interna del libro ovvero quale peso si da all'analisi della contemporaneità. La seconda cosa più che una domanda è una considerazione su quello che fai scritto, storicamente sopratutto nel primo definirsi della filosofia cristiana (con le varie correnti che aveva) non ce'ra identificazione della felicità con le cose terrene e introdusse un'importante idea per il tempo l'esistenza di una falsa felicità.
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MacRaiser il 04/01/08 alle 11:43 via WEB
Antonia, l'hai presa proprio storta. Punto primo: non e' la costituzione degli Stati Uniti a parlare di felicita', ma la dichiarazione d'indipendenza. La costituzione venne completata ben undici anni dopo ed entro' in vigore l'anno successivo. Nella costituzione USA (che io sappia) non si parla affatto di felicita'. Le dichiarazioni d'intenti messe in pompa magna nei documenti scritti e mai concretate nei fatti, sono pratica del tutto italiota. Agli americani tutto si puo' dire, meno che non siano pratici. Secondo, e forse piu' importante punto: nella dichiarazione d'indipendenza, non si parla di "diritto alla felicita'", ma di "diritto alla RICERCA della felicita'" (Muccino c'ha fatto pure un film sopra, diamine).. la differenza e' abissale. Il primo concetto configurerebbe un obbligo dello stato a garantire la felicita' dell'individuo, ove egli lo richiedesse (cosa umanamente impossibile); mentre il secondo configura il diritto dell'individuo a seguire i propri sogni.. la propria indole, la propria natura. Incollo: "Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità (..)". Sul libro non mi pronuncio, dato che non l'ho letto, ma a giudicare dalla tua sintesi mi sembra un po' la scoperta dell'acqua calda. Che la ricerca della felicita' possa portare al suo opposto, e' concetto che il buddismo (ad esempio) ha sviluppato molto piu' profondamente.. e da millenni. Ma tu lo sai.. Ciao :)
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ossimora il 04/01/08 alle 12:47 via WEB
non sono stata io se ti riferisci alla recensione ;come vedi è sotto il tag "inserti" inquanto è tratta pari pari da ciò che si trova nella recensione della casa editrice.
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lakonikos il 04/01/08 alle 11:51 via WEB
la ricerca della felicità mi ricorda la favola della lepre e della tartaruga. Non la raggiungi mai, mi verrebbe da dire: per fortuna.:)
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ossimora il 04/01/08 alle 12:48 via WEB
...la strada è l'unica salvezza...
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lubely il 04/01/08 alle 12:22 via WEB
In realtà siamo felici più spesso di quanto crediamo. Il problema è che ce ne accorgiamo dopo
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ossimora il 04/01/08 alle 12:48 via WEB
già lo ha detto splendidamente dante in un verso che non ricordo ...cercherollo per citarlo Baci LU
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ossimora il 04/01/08 alle 14:21 via WEB
«Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria;
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miro.oceani il 04/01/08 alle 14:29 via WEB
sottoscrivo alcuni commenti...
stare bene con sè stessi è lo stato dell'animo necessario per percorrere la strada (senza fine) della felicità
ma quanta fatica capire che si sta già bene.....
forse dipende dall'educazione cattolica che ci ricorda le sofferenze del vivere per "meritare" la visione divina: visione rielaborata dal consumismo in un continuo rincorrere una felicità fatta solo di orpelli.
ciao, Mario
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ossimora il 04/01/08 alle 14:31 via WEB
si anche io tho trovato il dialogo stimolante ...di c erto l'rgomento ci interessa!!!!Ciao
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sinemoiaquai il 04/01/08 alle 14:53 via WEB
Eccome! Si parla molto quando le cose sono difficili come una buona comunicazione, per esempio! Non conosco l'autore né il libro della recensione, ma queste cose le seguo per interesse professionale e non solo; esiste la ps. quantistica, che questo libro mi richiama che racchiude la realtà di ben quattro scienze fondamentali: la fisica quantistica, le neuroscienze,, la biologia e la psicologia. Potenziare le proprie abilità attraverso esercizi e tecniche mentali, (formazione) l'inclinazione alla flessibilità e un duro e continuo lavoro su sé stessi pare non garantisca la felicità ma che sia l'unica via per cercare di avvicinarsene. Ciao Antonia.
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Fajr il 04/01/08 alle 15:09 via WEB
L'ho riportata altrove e anche da me. A me piace questa "cosa" che scrive la Plath: "Forse non sarò mai felice...ma stasera sono contenta. Mi basta la casa vuota, un caldo, vago senso di stanchezza fisica per aver lavorato tutto il giorno al sole a piantare fragole rampicanti, un bicchiere di latte freddo zuccherato, una ciotola di mirtilli affogati nella panna (...) in momenti come questi sarei una stupida a chiedere di più."
E mi accorgo che ero felice quand'ero infelice... divago, vabbuò (sarà perché sono in ufficio), ciao
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sonouncantastorie il 04/01/08 alle 17:03 via WEB
Così al volo avevo letto "infedeltà" al posto di "infelicità". Ma tutto sommato la forsennata ricerca della felicità può, in effetti, anche provocare nuove infedeltà.
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miro.oceani il 04/01/08 alle 18:55 via WEB
ho ordinato il libro in libreria...
acc.... proprio adesso che ne ho già altri tre in corso!
devo passare meno da queste parti.... ;)
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MacRaiser il 04/01/08 alle 21:50 via WEB
Nemmeno i libri non danno la felicita', Mario ;)
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VegaLyrae il 04/01/08 alle 21:08 via WEB
Sarà che siamo talmente immersi nel tempo in cui viviamo ma faccio fatica a pensare che nelle epoche passate l'individuo non perseguisse la propria felicità; certo, una cosa è perseguirla e un'altra è considerarla un obbligo o un diritto di natura, anche se in effetti nella nostra società i due aspetti si identificano. Probabilmente è perchè, almeno noi occidentali, abbiamo per la maggior parte superato un problema di sopravvivenza in senso stretto, per cui possiamo dedicarci anche ad aspetti "secondari" dell'esistenza. O forse è il concetto stesso di felicità ad essere differente: probabilmente per chi muore di fame, felicità significa avere un pasto caldo e un tetto sulla testa; per noi invece significa la realizzazione personale sotto tutti i diversi aspetti. D'altro canto se non avessimo un obiettivo da raggiungere, che di volta in volta identifichiamo con "la felicità", non avremmo nemmeno la giusta spinta ad andare avanti. E il non raggiungere mai questa "felicità vera" dipende probabilmente dal fatto che ad ogni piccolo traguardo conseguito, rilanciamo immediatamente verso un nuovo obiettivo. Io credo che dipenda tutto da come si vive la ricerca della felicità: se viene vissuta come stressante allora è causa di infelicità, se invece è la manifestazione di una spinta vitale, allora ha certamente dei risvolti positivi. Comunque sono anche d'accordo che in certi momenti dovremmo anche riuscire a fermarci, guardarci intorno ed essere felici di ciò che abbiamo.
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ossimora il 05/01/08 alle 01:35 via WEB
il movimento è tutto.il fine è nulla...Un bacio
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72rosalux72 il 04/01/08 alle 21:56 via WEB
e come disse il saggio, la felicità è come il tempo: sfugge. poi si potrebbe dire degli attimi di felicità, che il più delle volte ce ne rendiamo perfettamente conto. e comunque, buon anno anto, e tanti attimi di felicità.
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ossimora il 05/01/08 alle 01:34 via WEB
grazie pragmaticissima manola ,anche a te!
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