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Post n°1722 pubblicato il 30 Aprile 2010 da ossimora
Virgilio Lilli
Quello che mi meraviglia in questo bambino mendicante; in questo piccolo cinese di sei anni; che pesa poco più d’un pollo al mercato; che è vestito con pochi centimetri di stoffa; che mi prende così poco posto nella strada; quello che mi meraviglia è che possa contenere una cosa così grande: la miseria. Guarda, dico, che la miseria, la miseria è un gigante. La miseria, dico, è un colosseo. La miseria è una piramide egizia. È un oceano. È un Everest, la miseria. Tutta in un bambino, tutta dentro un uomo, dico, che pesa come un pollo al mercato. Così niente, un pacchetto d’ossa come un pacchetto di sigarette, contiene il pachiderma della miseria. Che sia uno dei soliti miracoli di Dio?
Hong Kong, novembre ’66
Poesia n. 248 Aprile 2010 Virgilio Lilli. Le ballate di un inviato speciale a cura di Mario De Santis Crocetti Editore 2010
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Commenti al Post:
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ossimora il 01/05/10 alle 00:54 via WEB
più che triste a me ha colpito l'idea della grandezza della miseria ,quella grandezza che ci rimpicciolisce e ci fa sentire impotenti a volte e timidi timidi
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jigendaisuke il 01/05/10 alle 02:04 via WEB
uhm si,a volte questo senso d'impotenza pesa e tanto anche!
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Roberta_dgl8 il 01/05/10 alle 08:47 via WEB
nella sua agghiacciante verità questa poesia, (che cmq supera anche la poesia stessa) è di una meravigliosa lucidità.
Si,
è l'ennesimo miracolo di Dio, questa miseria.
Il suo ennesimo miracolo che non gli riesce proprio di risolvere, teologizzando che siamo noi, e il nostro libero arbitrio, gli artefici, di tutto...
E' bellissima.
Agghiacciante nella sua lucidità, ma bellissima.
L'avevo già letta ieri. E ne avevo colto già un senso profondo, tutto mio.
In cui mi sono trovata vicina all'autore, quando, postavo, nel mio ucciso blog, qualcosa di analogo, in riferimento "ai cosiddetti miracoli dell'Altissimo" ...
Non voglio peccare di presunzione, ma ribadisco di averne colto il senso, tutto.
(Rispondi)
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ossimora il 01/05/10 alle 11:27 via WEB
Sono contenta ti sia piaciuta ,anche a me ha colpito subito.Un abbraccio
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ossimora il 01/05/10 alle 11:31 via WEB
Ed hai notato la foto? Non c'entra un fico secco lo so ma mi piace tanto e la dovevo mettere ,fa parte di una mostra fotografica che ho visto domenica;una fotografa ha "rubato" scorci della casa di una artista ormai molto vecchia (più di novantanni) che non esce quasi mai e vive nella casa avita in Francia :era la moglie di Gillo Pontecorvo (una delle mogli)e adesso che è anziana ha fatto di questa casa un vero e proprio romitorio.Molto bella.
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Roberta_dgl8 il 01/05/10 alle 12:18 via WEB
certo che avevo notato la foto... mi ricorda la camera da letto dei miei nonni paterni ...
E poi, lo sai quanto mi piacciono le foto e i quadri e le immagini che posti.
Mi fai tornare bambina, mi sento osservatrice meravigliata di qualcosa che ritrovo.
E' che qui, le parole, hanno superato l'immagine, nel cuore, anche se, il tuo collage è perfetto, come sempre. Non sarebbe così frequentato il tuo blog no?
Bella tu:-)
ma bella vera eh:-))
(Rispondi)
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dianavera il 03/05/10 alle 07:02 via WEB
Brano dal mio testamento
Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre
a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali
t’indurranno le notti a dolce sonno,
il mare t’empirà di sogni. Ti lascio
il mio sorriso amareggiato: fanne scialo,
ma non tradirmi. Il mondo è povero
oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco tu
guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del mio tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che
disperazione m’ha portato avanti e son rimasto
indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille e mille volte no,
ma soffiava un gran vento, e pioggia, e grandine:
hanno sepolto la mia voce. Ti lascio
la mia storia vergata con la mano
d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi
con le mani mozzate, ragazzi che non fecero a tempo
ad assumere austera forma d’uomo,
madri vestite di bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.
Fa’ presto a farti grande. Nutri bene
il tuo gracile cuore con la carne
della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti
svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici: gia! i nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba
perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio accampamenti
d’una città con tanti prigionieri:
dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia
l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono, di fuori,
il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.
Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio
dolce al nostro crepuscolo amaro.
Il pane è fatto pietra, l’acqua fango,
la verità un uccello che non canta.
È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio
d’essere fiero. Sfòrzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero.
Attendo nuove. È questo che ti lascio.
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Kriton Athanasulis
Traduzione di Filippo Maria Pontani
Antologia della poesia greca contemporanea
Crocetti Editore 2004
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