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Post n°1085 pubblicato il 04 Gennaio 2008 da ossimora
 

La felicità è sempre stata al vertice delle ambizioni umane: uno stato di perfezione a cui aspirare. Nel corso della storia del pensiero però l'idea di felicità non è sempre stata la stessa. Per gli antichi greci, coincideva con la virtù, ed era un dono divino. Per i romani implicava la ricchezza e il favore degli dei e prendeva come simbolo il fallo. Per i cristiani era sinonimo di Dio e implicava la fine delle sofferenze terrene e la beatitudine eterna. Solo negli ultimi due secoli, però, gli esseri umani hanno iniziato a considerare la felicità un obbligo, un diritto di natura, e non una delle tante possibilità dell'esistenza.
Nel ricostruire la storia dell'idea di felicità, Darrin McMahon parte dall'epoca classica per mettere in luce la rivoluzione che si è prodotta nel Settecento e ha plasmato la nostra idea dell'uomo e delle sue aspettative terrene, con un forte impatto anche sulla politica: basti pensare al diritto alla felicità inserito da Thomas Jefferson nella costituzione degli Stati Uniti.
Utilizzando la genetica e la psicologia, esplorando la pubblicità e il consumismo, passando dai farmaci della felicità come il Prozac ai sorridenti simboli degli sms, il libro suggerisce che questa forsennata ricerca della felicità può anche provocare nuove infelicità
.

 
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Rispondi al commento:
miro.oceani
miro.oceani il 04/01/08 alle 14:29 via WEB
sottoscrivo alcuni commenti...
stare bene con sè stessi è lo stato dell'animo necessario per percorrere la strada (senza fine) della felicità
ma quanta fatica capire che si sta già bene.....
forse dipende dall'educazione cattolica che ci ricorda le sofferenze del vivere per "meritare" la visione divina: visione rielaborata dal consumismo in un continuo rincorrere una felicità fatta solo di orpelli.
ciao, Mario
 
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