Creato da: ossimora il 20/10/2004
Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"
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A volte,il conflitto mi fa stare male ,anche parecchio;debbo quindi disacerbarmi,allontanandomi il più possibile dalle questioni/persone d’esso protagoniste e dalla mia stessa ”furia”. Questo è un mio limite. Sono convinta che il conflitto pur aspro,pressante,sprezzante persino,farcito pure di “offese”,(certo più o meno pesanti e pensate ),sia “vitale”,fecondo di progressi e di sviluppo , energizzante . In molte circostanze è impossibile da evitare o da metamorfosare in dibattito pacat/asettico:pena la frustrazione. Il nodo,io credo ,siano le spinte “integrative”,non tanto quindi il peso della diatriba ma la reale partecipazione ad essa (mi interessa,ci sono ,mi spendo,i care) con la quale osservo e accolgo comunque la vita mia e degli altri ;libero ed accolgo energia ricercando progresso. Krishnamurti nel suo testo “Sul conflitto”sostiene che la pulsione allo scontro nasca da questa “pulsione primigenia”;”vuoi ottenere qualcosa ma non puoi” ,qualcosa o qualcuno te lo impedisce. L’antagonista. Risponde quindi affermando che non è importante occuparsi di ciò che realmente si vuole ma indagare su che cosa si E’ al nostro interno,vedendo le implicazioni e le motivazioni profonde dei desideri stessi e della loro origine e cogliendo automaticamente la liberazione. Ovviamente non sono d’accordo . Non credo né che si possa realmente liberarsene né che la cosa sia auspicabile per il nostro equilibrio /crescita /cammino ,verso dei rapporti poliedrici ,ricchi ,realmente partecipati. Ecco che ritorna in ballo,allora ,prioritario l’ ”Affetto”,la commistione (mi piace di più che definirlo “amore”). E’ sulla “gestione “del conflitto che si deve lavorare ed intervenire percorrendosi e scontrandosi (senza farsi male) imparando a litigare ben bene per non farsi mai la guerra.
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