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Post N° 324

Post n°324 pubblicato il 26 Gennaio 2006 da ossimora
 

dovere della memoria

 per risvegliare la ragione

Il 27 gennaio è il “giorno della memoria”.

 La memoria non è una questione di parte, come vuol farci credere chi intende dare alla storia connotati politici di comodo. Il 27 gennaio è una data che ricorda una tragedia tutta europea, avvenuta solo 60 anni fa, della quale vi sono ancora testimoni. Non è l’unica tragedia della storia, non sarà, purtroppo, l’ultima, ma è qualcosa che gli europei e tutto il mondo occidentale non possono permettersi di archiviare. La crisi della democrazia europea che sfocia nel fascismo e nel nazismo, l’elaborazione di una strategia imperialistica che scatena l’invasione e l’occupazione di altri paesi sostenuta da una feroce e inumana ideologia sciovinista e razzista, lo scatenamento della guerra mondiale. Il tutto sostenuto da un’organizzazione capillare del potere e del consenso, in campo politico ed economico, che è arrivata a negare la dignità stessa della persona umana attraverso forme di annientamento a gestione aziendale. Tutto questo pesa come un macigno su ognuno di noi. Tra le tante lezioni che questo scorcio di storia europea ci presenta ne possiamo trarre due particolarmente attuali. La prima è che la democrazia non è mai un fatto scontato una volta per tutte, ma va rinnovata e attualizzata nelle sue forme di regolatore della vita civile e della partecipazione, perché le tentazioni autoritarie sono sempre in agguato. La seconda riguarda l’economia. Non era vero allora e non è vero oggi che capitalismo e libero mercato siano possibili senza democrazia. La terribile efficienza con cui venivano gestiti il lavoro e la morte nei lager nazisti aveva una sua tragica logica economica e di mercato. Il sonno della ragione genera mostri e in questo periodo sonnolente nel campo delle idee e del pensiero corriamo qualche rischio in più.

In questo 27 gennaio 2006 vogliamo ribadire, da un lato, il dovere etico e politico della memoria, dall’altro, vogliamo continuare a riflettere su quanto è successo e come è successo approfondendo delle linee di ricerca. Quest’anno parliamo del lavoro coatto e da schiavi cui erano sottoposti i prigionieri e i deportati, per la grandezza del Reich e per la ricchezza di qualche miserabile individuo. 

Arbeit macht frei 

“Il lavoro rende liberi” c’era scritto sui cancelli di Auschwitz. Una scritta beffarda che per le SS aveva un significato ben preciso. Infatti il lager aveva una sua economia: i deportati erano una forza lavoro sfruttata fino allo sfinimento. La loro morte poteva dipendere semplicemente dall’andamento della produzione. A seconda del turn-over un “lavoratore” poteva essere spremuto per 2 o 6 mesi. Chi non poteva essere considerato forza lavoro veniva mandato a morire subito, oppure diventava cavia per esperimenti.

La procedura che portò allo sterminio nei campi milioni di persone tra ebrei, militari, oppositori, zingari, omosessuali emerse già a Norimberga. Vediamo come nel primo dei 4 articoli collegati a questa newsletter. (

La pacificazione

E’ possibile passare un colpo di spugna sul passato? E’ possibile che dopo 60 anni le ragioni e i torti non abbiamo più senso? A queste domande risponde in un’intervista Massimo Rendina presidente dell’Anpi di Roma e del Lazio.

La riconciliazione è un obiettivo giusto, ma è possibile solo se è accompagnata dalla verità, come ha fatto Nelson Mandela in Sudafrica e come si sta tentando di fare in Ruanda. E’ la tesi che Franco Giustolisi sostiene nel suo libro L’armadio della vergogna.

 La musica perseguitata

Timothy Jackson è direttore del Dipartimento di musicologia alla University of North Texas a Dallas e si sta occupando di riesumare tutte le musiche prodotte da compositori che il nazismo perseguitò, la maggior parte di essi era ebrea.

Il professor Jackson racconta questa sua ricerca in un’intervista.

 La funzione educativa della memoria

 Con questo spirito fin dal 2001, e cioè subito dopo l’approvazione della legge che lo istituiva, la Cgil ha celebrato il “giorno della memoria” insieme all’Associazione Proteo Fare Sapere. Le prime di queste iniziative hanno avuto luogo a Roma, in Campidoglio e da lì è iniziata una lunga riflessione sul senso della memoria di quanto accaduto in Europa che è stata raccolta nel volume, edito da Valore Scuola, Il dovere della memoria che oggi si può leggere on-line.

Ore 11.59. Un minuto di silenzio

Erano le 11 e 59 quando il primo soldato russo entrò ad Auschwitz. Non ci sono parole che possano descrivere l’orrore che si presentò ai suoi occhi. Anche oggi chi visita un lager resta senza parole. Solo il silenzio si addice. E’ da cinque anni che in tantissime scuole d’Italia su invito di tutte le associazioni professionali e dei sindacati confederali alle 11 e 59 si osserva un minuto di silenzio e subito dopo si legge la poesia di Primo Levi “Se questo è un uomo”, affinché le sue parole restino scolpite nei nostri cuori.

 
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shrekky
shrekky il 27/01/06 alle 18:57 via WEB
Bellissimo post, ben scritto e pieno di link e citazioni intelligenti. Condivido ogni sillaba...
 
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