LA RESURREZIONE DELL’UOMO (racconto)

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Ripensando al suo Amore morte in croce, anche quella notte Maria di Magdala non chiuse occhio. Per quanti sforzi facesse per allontanare dalla mente il ricordo dei bei momenti condivisi con colui che tutti chiamavano Gesù oppure Rabbi, maestro – ma che per lei era semplicemente “amore mio” – i pensieri si rincorrevano in un susseguirsi di immagini  dove un uomo e una donna, all’alba, camminavano mano nella mano sulla sponda di un lago, discutendo su quali passi delle Scritture avrebbero letto quel giorno ai loro discepoli e a quanti si sarebbero uniti a loro per ascoltarli.

Abbracciati a piedi nudi nell’acqua ammiravano il sole nascente, volgendo una preghiera alla Vita; scambiandosi baci appassionati per sancire il loro patto d’Amore con il mondo; alla dolcezza con cui lui l’accarezzava quando, ritirandosi nella loro umile capanna, distesi nudi sulla stuoia sul pavimento, rischiarati dalla luce di una lampada a olio,  si amavano teneramente. Le piaceva sentire su di sé il calore delle mani di lui che le sfioravano il corpo, i suoi baci, il suo fuoco sciogliersi in lei. La incantava regalare piacere al suo Amore, unire il proprio corpo al suo nel dolce languore dei sensi affinché le loro anime divenissero un’anima sola. Dal primo giorno che aveva iniziato ad amare Gesù, non aveva smesso di pregare Dio perché benedicesse la loro unione con la nascita di un figlio, ma Dio si mostrava insensibile alle sue preghiere.

Un giorno, seduta tra le sue braccia sotto un ulivo ad osservare il volo degli uccelli, aveva dato voce al proprio risentimento.

 Perché Dio ci nega la gioia di un figlio?

Dio non ci nega alcuna gioia è solo che, per il ruolo che entrambi ricopriamo, non possiamo permetterci il lusso di mettere al mondo prole. I nostri figli sono le donne e gli uomini che tutti i giorni ci circondano per ascoltare i nostri insegnamenti e pregare con noi. Un figlio costringerebbe uno dei due, tu, a interrompere il ministero, lo sai! Sai bene quanto sia importante che il maschio e la femmina restino uniti anche nell’insegnamento e nella preghiera, così come nella vita coniugale,  perché il valore della parola di Dio, trasmessoci dalla scritture e la sua duplice natura maschile e femminile trovino il loro complemento in terra!

Potrei prendere una schiava cui affidare la cura di nostro figlio…

Il pensiero di nostro figlio ti distoglierebbe dall’insegnamento!

Dunque il nostro amore è condannato alla sterilità?

Non parlare così, i tuoi dubbi offendono Dio! Sai bene che il Signore fece dono ad Abramo e a sua moglie Sarah di un figlio quando entrambi avevano raggiunto un’età ritenuta impossibile per generare. La grandezza e la volontà di Dio vanno al di là delle comprensioni umane. Il nostro ruolo è quello di rispettare la volontà del Padre e adoperarci a divulgare la Sua parola! Se un giorno Egli vorrà regalarci la gioia di un figlio, quel giorno verrà!

Anche quella volta le parole di Gesù ebbero il potere di placarle le inquietudini dell’animo così come accadeva con quanti avevano la fortuna di ascoltarlo, ma come ogni donna innamorata del proprio uomo, Maria di Magdala dentro di sé continuava a covare la speranza di restare incinta di lui, e nel silenzio del proprio cuore continuava a pregare Dio perché le concedesse la gioia di avere un  figlio da lui.

Quella speranza era stata annientata per sempre nel momento in cui la croce su cui il suo uomo fu crocefisso venne innalzata sul Golgota. Le lacrime le rigavano il viso mentre ripensava al volto insanguinato e al corpo martoriato del proprio amore che dalla croce invocava Dio perché lo perdonasse e allontanasse da sé l’amaro calice della tentazione; irriso dai soldati romani e da quegli stessi giudei per cui aveva sacrificato la vita nella speranza che finalmente riconoscessero in lui il Messia!

Un giorno, mentre erano seduti intorno al fuoco in una grotta diretti a Gerusalemme per la Pasqua, approfittando che gli altri dormivano, Maria di Magdala non aveva saputo resistere alla tentazione e gli aveva chiesto:

Davvero tu sei il Figlio di Dio?

Tutti siamo figli di Dio!

Ma allora perché Dio dà ascolto solo alle tue preghiere, concedendoti di fare miracoli, mentre resta sordo alle preghiere di noi altri?

Perché voi altri, come tu dici, non avete ancora imparato a chiedere!

Che vuoi dire?

Bisogna imparare a chiedere col cuore e non col mente!

E come si fa?

Questo devi impararlo da te! Io posso solo dirti che Dio è pronto ad ascoltare tutti, purché ci si rivolga a Lui nell’unico linguaggio che conosce… Maria, Dio è Amore e l’Amore travalica la ragione! Fino a quando gli uomini pretenderanno di rivolgersi a Dio con la ragione, difficilmente riceveranno ascolto perché l’unico linguaggio che Dio conosce e ascolta è quello dell’Amore, ma non è vi è cosa più difficile per l’uomo che imparare ad amare davvero. Amare non significa soltanto voler bene ai propri cari, a una donna, a un compagno, a un figlio. Amare significa svestirsi dei propri panni e indossare quelli dell’umiltà perché amore è sacrificio, umiltà!

I primi raggi di sole iniziarono a trapelare attraverso la stuoia che ricopriva la finestra della casa in cui Maria di Magdala e le altre due donne che con lei avevano assistito inermi alla morte di Gesù alloggiavano nell’attesa di entrare nel sepolcro dove era custodito il corpo del Maestro per lavarlo, ungerlo con gli oli sacri e avvolgerlo in un candido lenzuolo di lino prima di affidarlo al sonno eterno nel sepolcro.

Maria di Magdala si alzò e uscì dalla casa. Uno splendido sole riscaldava il giorno. Andò alla fonte e si lavò. Mentre si spargeva l’acqua sul seno ebbe l’impressione che le mammelle fossero leggermente gonfie. Pensando fosse solo un’impressione, rientrò in casa e destò le altre due donne perché si preparassero per andare con lei alla tomba.

Quando giunsero al tumulo lo trovarono aperto. Circospette vi entrarono, il corpo di Gesù era sparito. Ne uscirono disperate. All’esterno un uomo dal viso sereno si avvicinò a Maria di Magdala chiedendole perché lei e le altre piangessero.

Hanno trafugato il corpo del Maestro- rispose piangendo.

 Maria, non mi riconosci più?- fece a quel punto lui.

Gesù!- rispose stupita.

Amore mio!

Che ne sarà di noi, dei tuoi discepoli, di quanti credono in Te?

La mia parola vi accompagnerà per sempre, abbiate fede!

E io che farò senza di te?

Continuerai a divulgare la parola di Dio come ti ho insegnato dal primo giorno che ti ho amata!

Ma senza di te non sarà la stessa cosa. Fosti tu un giorno a dirmi quanto fosse importante che il maschio e la femmina restino uniti nell’insegnamento e nella preghiera! Senza di te come farò?

Dio ti darà la forza per farlo, non temere!

Lasciati accarezzare una volta ancora…

No, non mi toccare, io non appartengo più a questo mondo ma al Regno dei Cieli!

Cosa devo fare?

Va dai miei discepoli e comunica loro che quanto era scritto nelle scritture si è compiuto, il Messia è risorto! E abbi cura per nostro figlio…

Quale figlio? Noi non abbiamo alcun figlio!

Ne sei sicura?- sorrise.

Un improvviso movimento scosse il ventre di Maria. Istintivamente lei incrociò le mani sulla pancia percependo il frutto che stava germogliando in sé.

L’uomo era risorto!

A POZZUOLI PRESENTATO “ARSENALE DI MEMORIE” DI IDA DI IANNI E MATILDE IACCARINO

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Di seguito la versione integrale dell’articolo pubblicato su comunicaresenzafrontiere.it


Pozzuoli.

Penso che chiunque abbia avuto la fortuna di assistere venerdì 1 febbraio nella sala convegni di De Gemmis a Pozzuoli alla presentazione di Arsenale Di Memorie, il libro scritto a quattro mani da Ida Di Ianni e Matilde Iaccarino per Volturnia Edizioni, sarà stato scosso in maniera positiva da un “arsenale” di emozioni grazie alla sincerità con cui le due autrici hanno raccontato la genesi dei rispettivi racconti che compongono il volume – LA BAMBINA AMERICANA Ida Di Ianni e DI MADRE IN FIGLIA Matilde Iaccarino.

Le storie, entrambe autobiografiche, narrano rispettivamente del complesso rapporto tra la Di Ianni e il padre, e Matilde e sua madre.

Il padre di Ida, figlio di quella società contadina arcaica dove l’uomo era il “padrone” e la donna la “serva”, quando la moglie stava per partorirla, organizzò in casa un buffet per brindare con gli amici alla nascita del maschio; cacciandoli via con rabbia quando gli fu comunicato che era nata “una bellissima bambina”.

Con le lacrime agli occhi, spesso interrompendosi per contenere l’emozione, la Di Ianni non ha esitato a condividere con il folto pubblico in sala momenti drammatici della propria esistenza. In particolare quello di questo padre/padrone che giunse a tinteggiare di scuro i vetri delle finestre di casa per impedire alla moglie di guardare fuori.

Un arsenale di memorie forti quello di Ida, addolcito dal ricordo di questa figura paterna invadente e possessiva che però, quando si presentò al colloquio con i professori di liceo, nonostante lei avesse già diciotto anni, non esitò a rivolgersi loro chiedendo “come va la mia bambina?”; dissolvendo in un attimo con quella frase amorevole tutto quel costrutto di autoritarismo che lo permeava, rivelando un animo estremamente dolce.

Il titolo del racconto della Di Ianni prende spunto dal periodo che lei e la sua famiglia vissero in America. Fase esistenziale anche quella non semplice in quanto nessuna delle donne di casa, a partire dalla giovane nonna, accettò il trasferimento oltre oceano.

Momento particolarmente forte della serata è stato quando Ida ha pubblicamente confessato di aver perdonato il padre solo nel momento in cui si ammalò e lei lo accudì facendogli da badante fino alla fine.

Non meno forte per impatto emotivo è stata Matilde Iaccarino parlando della genesi del proprio racconto, un dialogo scritto alcuni mesi dopo la scomparsa della madre con cui non aveva affatto un rapporto semplice ma alla quale deve la propria passione per i libri e il carattere forte e determinato.

Con malinconia l’autrice ha narrato l’episodio che gli raccontava spesso la mamma di quando, poco dopo la guerra, sua madre la portava a vedere il luogo in cui si rifugiavano per ripararsi dai bombardamenti. Indignata per la sporcizia e la promiscuità che lo caratterizzavano, come “risarcimento” pretese in regalo un libro. Da lì non smise più di leggere e i libri sono poi stati il collante per eccellenza attraverso cui lei e Matilde hanno comunicato durante il loro conflittuale rapporto: “hai letto questo libro? Cosa ne pensi? Dovresti leggerlo…”

Con orgoglio Matilde ha narrato che da ragazza la mamma era talmente ribelle da non farsi scrupoli da entrare da sola in un bar per prendere un caffè, suscitando l’indignazione della gente del posto che lo raccontava al padre. Quando questi si lamentò con la moglie, si sentì rispondere: “la ragazza l’ho fatta con due gambe per cui può andare dove le pare!”. Da quel momento “mio nonno non disse più niente!”

Come per la Di Ianni con il padre, anche per Matilde la scrittura ha funto da arcolaio su cui dipanare la matassa dei ricordi dando un senso alle ombre che offuscavano il rapporto materno; un mezzo per rielaborare non solo il lutto derivante dalla scomparsa della madre, ma per comprendere, mentre i ricordi fluivano sulla carta, che in realtà quei conflitti erano sintomo del rispetto e dell’amore che nutrivano reciprocamente l’una per l’altra; che il loro era un normalissimo rapporto madre/figlia.

Se la Di Ianni ha sofferto per la presenza di un padre tiranno che giunse a ripudiarla perché non nacque maschio, Matilde ha sofferto la presenza di una madre che, rimasta vedova prematuramente, dovendo sopperire anche alla figura paterna, non si può escludere abbia strutturato il proprio ruolo in virtù di tale assenza dandole affettivamente meno di quanto avrebbe voluto donarle.

Oltre alle autrici meritano di essere segnalati gli interventi dei due relatori, la poeta Angela Schiavone e il professor Magliulo: la Schiavone ha tracciato per grandi linee le trame dei racconti, soffermandosi per lo più a parlare delle autrici che ben conosce essendo loro amica, tagliandosi un ruolo più da moderatrice che non da relatore; Magliulo ha esaltato l’indiscusso valore sociale del libro definendolo “non un libro privato ma pubblico perché narra il costume italiano, ossia come fino a pochi anni fa la donna fosse ancora vista da molti uomini come una creatura inferiore” e, oggi che finalmente sembra essere riuscita a conquistarsi una propria autonomia, sempre più spesso è vittima della violenza maschile a riprova che molti uomini, non accettando tale condizione di libertà, non si fanno scrupoli di comportarsi come quegli stessi musulmani contro cui inveiscono perché impongo alle donne il burqa, il silenzio e la violenza fisica se disubbidiscono.

Ha chiuso la serata l’intervento dell’assessore alla cultura del comune di Pozzuoli Maria Teresa Moccia Di Fraia la quale non ha nascosto la propria emozione per quanto aveva ascoltato, dicendosi felice che al tavolo sedessero quattro insegnanti – le due autrici e i relatori – “visto che oggi tale figura è sempre più svilita da una società in cui si è perso il senso delle parole”. Di riflesso l’assessore ha citato Lessico Famigliare di Natalia Ginzburg, invitando alla ristrutturazione del lessico affinché si desse nuovamente peso alle parole visto che oggi molte sembrano aver perso il proprio valore.

Vincenzo Giarritiello