Quando il coronavirus cambia la dimensione domestica

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  “L’appello di stare a casa è diventato un decreto legge, ed è una cosa a cui non siamo tanto abituati. Io forse un po’ di più, facendo lo scrittore e amando la malinconia. Ma questa privazione può essere un bel modo per tornare ad avere un contatto con noi stessi. […] Per prima cosa, possiamo finalmente fare un po’ di pulizia. Quelle attività noiose che siamo sempre troppo pigri per compiere, come riordinare le vecchie foto, sistemare i cassetti, buttare finalmente cose inutili che aspettavano solo un cataclisma perché noi le facessimo fuori. […] Per chi, come me, può lavorare da casa, è il momento di qualche azzardo in cucina: piantiamola per una volta di cercare le ricette pronte in dieci minuti di Benedetta Parodi, iniziamo a cuocere i legumi con quegli ammolli durante i quali io prima andavo a Milano e facevo due riunioni! Usiamo il tempo per far lievitare il pane o per preparare il dessert. Io ho fatto la mia seconda torta della vita un paio di giorni fa: mi è venuta piuttosto bene, anche se ho esagerato con le mele e lo zucchero a velo”.

Luca Bianchini

   Il cinismo beffardo e letale da cui siamo stati investiti ha costretto anche me, con furente livore, a dedicare più tempo alle faccende domestiche che, per carità, vanno fatte, ma nel mio caso restano un ambito pressoché indomabile da affrontare una volta a settimana con sacrificio epico. Va meglio in cucina, ma solo perché torte alle mele e tiramisù si offrono da validi alleati per allentare la morsa dell’impotenza che aleggia sull’ambiguità dei tempi. Il postprandiale, però, mi vede puntualmente sopraffatta dalla petulanza del rimorso, talvolta messo a tacere cercando su youtube un workout che, al pari di quelle creme dagli effetti tensori momentanei, restituisce alla muscolatura il vigore delle ore stoicamente dedicate alla palestra.

Quando il coronavirus cambia la dimensione domesticaultima modifica: 2020-03-23T12:17:46+01:00da VIOLA_DIMARZO

8 pensieri riguardo “Quando il coronavirus cambia la dimensione domestica”

  1. Sì ok, però cerchiamo di darci una calmata altrimenti finisce che stò virus con la scusa dell’alternativa finisce per schiavizzarci. Solo un post fa, ci toccava cambiare il colore dei cuscini o, peggio, di ridipingere le pareti perché le due cose facessero pendant. Adesso ci mettiamo a fare pure le torte per mangiarle poi mentre mettiamo in ordine gli archivi delle foto o delle bollette (brrrrrrrrr, una roba che s’inizia sempre con tanto entusiasmo e si lascia sempre a metà). Poi qualcun altro ci suggerirà l’uncinetto, il cambio stagione negli armadi, magari di smontare le tende o le dispense di psicologia domestica sul come cambiare da odioso ad amorevole il rapporto col ferro da stiro. Finirà che era meglio andare a lavorare.
    Quant’è bello, invece, non fare un cazzo fino al punto che, prima che noi, sarà proprio l’ozio a stufarsi di oziare.

  2. Ti piace vincere facile! ma temo che anche tu dovrai inventarti qualcosa, magari una storia di quelle che ti vengono tanto bene e che disorientano il lettore, del tipo…”La notai per caso, mentre ero soprappensiero, nell’angolo sul pianerottolo del secondo piano: solenne, così solenne da apparire antipatica, anzi di più, scontrosa e quasi certamente inavvicinabile. La fissai con circospezione e al contempo con ammirazione, era così bella in quell’abito a pois bianchi e senza neppure rendermene conto mi ritrovai a sfiorarla, ma con la massima attenzione, per paura che lei, e ne avrebbe avuto diritto, mi facesse del male. In fondo non ci conoscevamo e lei non era una facile, lo avrebbe capito anche uno stupido. All’improvviso la signora del secondo piano, la dirimpettaia dell’architetto Rossi, aprì la porta; forse aveva sentito lo scalpiccio dei miei passi, mi scrutò inquisitoria. Le dissi: “Buongiorno, come va?” E lei, laconica: “Non mi lamento, ma questa qui – e la indicò -, mi preoccupa un po’…non lo vede anche lei che è un po’ sciupata?. “Non so, non direi”. “Eppure la innaffio solo una volta al mese, come mi ha raccomandato il vivaista”. “Vedrà che si riprenderà, stia tranquilla, magari è solo il freddo di queste scale”. “Sì, magari…”. Del resto, e non è un segreto per nessuno, l’Epithelantha ama il sole// Ti ricorda qualcosa? 🙂

  3. Prima che tu possa dire qualcosa, lo so che mancano dei passaggi per rendere più credibile la storia, ma era solo per farti capire cosa intendevo 🙂

  4. Caspita se mi ricorda qualcosa, ma mi disorienta perché non è proprio così come la scrissi. L’ho anche riproposta ma vado a rileggerla perché, scritta come l’hai scritta, è molto più delicata e bella. 🙂

  5. Il cinismo mi pare una buona condizione per interpretare le cose intorno.Il mio non mi porta a cucinare, piuttosto a rifiutarmi di seguire in toto le ridicole regole imposte dalla contingenza. Entro limiti che io decido.
    Anarcoide o untore? a te la scelta, cosi’ a naso.

  6. Sei un anarcoide…immagino che tu trasgredisca nel senso che potresti startene sempre in casa o in ufficio ma non rinunci a una passeggiata. Untore proprio no, del resto come potresti? nella tua zona cercare qualcuno con la volontà di contagiarlo dev’essere un’impresa 🙂

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