La scuola che verrà. E Pinocchio finisce al rogo

 Una provocazione semiseria di Aurelio Picca per Robinson, la Repubblica.

  “[…] Alle scuole elementari bisogna che ci sia una sola maestra. I ragazzini devono disegnare molto. Già sappiamo che per lo più tracciano figure come i primitivi che graffiavano la pietra delle caverne. Infatti, ciò aumenta un tasso di realtà che sono certissimo si riprodurrà nell’arte a venire con un crollo del Concettuale a vantaggio del vecchio e nuovo Figurativo. L’ alfabeto sarà la nuova Tabellina Pitagorica. I bambini dovranno lavorare con le mani. Bisogna che abbiano martello e chiodi. Se quando inchioderanno un pezzo e mezzo di abete a forma di spada, ci parrà cosa riprovevole giacché rimanda alla “guerra”, lasciamo stare, perché potrebbero inchiodare sempre i due pezzi di abete facendone una croce che rimanda a un ragazzo che ha cercato di insegnare al mondo la pietà. E se pure questo ci parrà discutibile non potrà esserlo la croce: quella che ricorda i morti e dunque la morte, parola e significato scancellato fino a bucare il foglio della memoria nell’alfabeto dei bambini. Quella parola va assolutamente ripristinata.

  Parlavamo di cose pratiche. Le addizioni, sottrazioni e divisioni si possono imparare misurando con il metro dei muratori e falegnami, la propria stanza, l’ ingresso di casa, l’ altezza di mamma e papà. E a seconda dell’ anno scolastico bisogna insegnare a riordinare la casa e, crescendo, bisogna fargli vedere come si cucina, come si infila un ago e si riattacca un bottone. Riattaccare un bottone a una camicia o giacca è gesto che rimane sigillato tra le varie cure che usiamo per il corpo attraverso il tempo. E siccome mai trattare un bambino come un bambino, bisogna rapportarsi alla pari. Quindi il primo libro da bruciare è Pinocchio. Ce lo insegna l’ antropologo Propp nel suo Antropologia della fiaba. Ebbene vi si legge che le fiabe (quelle di Perrault e soci) non sono altro che la veste candida dei riti violenti di iniziazione ai quali erano sottoposti gli adolescenti affinché entrassero nell’adultità. […] Gli studenti della quarta e quinta elementare non devono leggere Pinocchio. Perché Pinocchio oltre a essere un pezzo di legno, quando si trasforma in carne e ossa resta bambino, non cresce (anzi nelle prime stesure del romanzo addirittura si impicca) e invece i ragazzini smaniano per diventare grandi.

  Allora i libri giusti sui quali la maestra deve lavorare moltissimo sono: Cuore e I ragazzi della via Paal (o Pàl). Nella scolaresca di Cuore c’è Garrone (il buono – vado a memoria), Enrico e Derossi i dotati e ricchi; e c’è il “Muratorino” povero, un po’ malato con il padre che deve sfacchinare per portare avanti una famiglia non proprio baciata dalla fortuna. Ecco, i bambini devo sapere cosa sono i “sacrifici” e i “doveri”. Eppoi I ragazzi della via Paal che si scontrano in una lunga e complessa crescita esistenziale, tra studio e strada. I primi contro i più grandi della Camice Rosse dell’ Orto Botanico capeggiate da Franco Áts. Sono tutti graduati. C’ è solo un soldato semplice: il biondino e cagionevole Nemecsek. Morirà. Si sacrificherà per l’ onore, l’ amicizia, per via Paal. Donerà la vita combattendo i sopprusi, in nome dell’ onestà e della lealtà. La sua morte non sarà vana. Tutti, ex nemici e amici, capiranno. Ecco, questo è un libro che non può essere dimenticato.

  C’è da dire che la geografia e l’ anatomia umana, nonché la storia, dovrebbero essere materie di profonda attenzione. Si può anche non sapere dove è il monte Conero, ma che la Basilicata e Lucania sono una regione sola, sì. Bisogna sapere la composizione dell’ intestino nella pancia. E non scambiare di posto il fegato con il cuore. […]

  Le scuole medie le abolirei. Non servono a niente. Anzi, sono un ricovero di asini. Allora bisognerebbe creare uno scivolo, magari di un anno, una specie di corso “propedeutico”; una corsa riassuntiva come il Canto notturno di un pastore errante dell’ Asia (prima poesia da imparare a memoria obbligatoriamente) che, raccontandoci a mo’ di antica fiaba realistica di una remota nonna contadina, ci riassume la nascita, l’infanzia, metà adolescenza e ci proietta avanti fino a quel È funesto a chi nasce il dì natale.

  Alle scuole medie superiori bisogna intendersi che la letteratura italiana nasce con la poesia. Ricordo che davo ogni anno da imparare a memoria sei o sette Canti dell’ Inferno. Carletto ingoiava i centoventi versi circa come una Coca-Cola, mentre gli “insostenibili” e “incorreggibili” strappavano all’istante le pagine di Dante. Dovevo montare in cattedra e scandire le parole: «Se voi imparate a memoria un Canto solo vi metto 10. E 10 a storia. Questo vuol dire che anche con una valanga di 3 nelle altre materie io non vi farò bocciare». Sapevo che i quasi “delinquenti” non ce l’ avrebbero fatta a deglutire tanti versi. Comunque ero certo che a settanta, ottanta ci sarebbero arrivati. Ovviamente più La pioggia nel pineto di D’Annunzio: che resta il canto della natura che si trapianta alla donna e all’uomo in una bellezza che fabbrica sogni.

  Informo che un testo imprescindibile è I promessi sposi. Bisogna leggere a ogni lezione un capitolo e poi farne il riassunto e poi alla lavagna correggere gli errori del riassunto. Manzoni è la lingua italiana. Uno scrittore da sei sette stili diversi. Da ultimo, la scuola che verrà, deve puntare sul Purgatorio dantesco. Basta la ferocia pur comandata da Dio dell’ Inferno; e basta la purezza aristotelica del Paradiso. Serve il Purgatorio. Insegna la pazienza, la solitudine, il perdono, la concentrazione, l’ armonia dei colori mielosi nel tempo della Primavera del Creato sotto un cielo zaffiro. Perfino Achille, prima di uccidere Ettore, ebbe bisogno si assorbire nella sua tenda l’ energia vitale che lo fece Eroe”.

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