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Il nuovo attacco alla Chiesa arriva dal Tar del Lazio, che ha stabilito che l'ora di religione nelle scuole non possa portare crediti, escludendo gli insegnanti di religione dagli scrutini. Immediata la reazione CEI, che definisce "pretestuosa" la sentenza. "L'ora di religione fa parte della cultura italiana", afferma Monsignor Coletti, paventando il rischio di una maggiore diffidenza verso la magistratura. Da Radio Vaticana, Orazio Ruscica, presidente dello Snadir, Sindacato Autonomo degli Insegnanti di Religione, preannuncia un appello contro la decisione: "Noi ci costituiremo in giudizio e impugneremo la decisione della sezione quattro del Tar del Lazio, come già abbiamo fatto nel 2007: anche allora abbiamo fatto ricorso sempre presso questa sezione, che è ostinata; il Consiglio di Stato ha definito 'priva di consistenza' e ha bocciato la decisione della sezione quattro. Ed è la stessa cosa adesso". Centrodestra e UDC si allineano alla Chiesa, con Gasparri che dice basta alla deriva anticattolica e Lupi che vede una "discriminazione oggettiva"; di discriminazione parla anche Pizza, sottosegretario all'Istruzione. Pienamente coinvolto il Ministro dell'Istruzione Gelmini, che annuncia il ricorso al Consiglio di Stato, poiché "la religione cattolica va riconosciuta e tutelata", e, aggiunge, "in Italia vi e' piena libertà di scegliere se frequentare o meno l'insegnamento della religione. Non si comprende perché qualcuno voglia limitare questa libertà". La motivazione del ricorso è spiegata in un'intervista a La Stampa: "L'insegnamento della religione cattolica è definito dal Concordato tra Stato e Chiesa e non può essere rivisto senza rivedere il Concordato. E non mi pare che la cosa sia all'ordine del giorno", afferma; "è una sentenza che discrimina non solo gli insegnanti, ma tutti gli studenti e le famiglie che scelgono di seguire l'ora di religione. E questo non è accettabile".
A chi accusa il Governo di sottomettersi al Vaticano replica che il suo Dicastero abbia solo risposto al comportamento del Tar, senza alcun collegamento con la Chiesa. La condanna è bipartisan, poiché anche dal PD giungono critiche: a La Repubblica, Paola Binetti definisce "giusto" il ricorso, annunciando la formazione di un gruppo trasversale che lo sostenga. La volontà è di non lasciare isolata la CEI, dato che "è in atto un processo laicista preoccupante che qualcuno vorrebbe imporre a colpi di sentenza. Io, come altri nel PD, mi schiero in difesa della vita, della famiglia, dell'educazione, capisaldi di tutti i cattolici impegnati in politica, come ha scritto nel 2002 l'allora cardinale Ratzinger". Al contrario, soddisfatte dalla sentenza le associazioni laiche e radicali, che addirittura chiedono l'eliminazione dell'ora di religione. Cauto il PD, che però, per bocca di Grillini, definisce "irrispettoso" l'attacco della CEI. Si smarca Cacciari, che propone l'obbligatorietà dell'ora "fondamentale" di religione. Concorda con il Tar, giacché "una materia facoltativa non può essere ritenuta fondamentale in fase di scrutinio", ma chiede che la religione diventi materia obbligatoria pari alle altre; gli insegnanti, però, devono essere scelti sulla base di concorsi e capacità, come tutti gli altri, e non indicati dalla Curia. L'argomento dell'insegnamento della religione è, come dimostra la varietà di reazioni suscitate, assai controverso. Da una parte si chiedono laicità e parificazione di tutte le religioni, mentre dall'altra si ricorda come la religione cattolica sia alla base della nostra cultura. Un concetto che, evidentemente, Radicali e buona parte della sinistra hanno rimosso. E dire che è abbastanza facile da capire: basta accorgersi di quante città abbiano il nome di un santo, o di quanti monumenti conosciuti in tutto il mondo consistano in chiese e basiliche. Del resto, non deve stupire la decisione del Tar, le cui assurde sentenze sono il palese tentativo di trovarsi al centro dell'attenzione. In merito alle città con nomi di santi, non è da escludere che lo stesso Tar le obblighi a cambiare nome, sostituendolo con uno politicamente corretto. Già, perché non rientra nel politically correct l'ora di religione. È un'evidente discriminazione verso gli studenti non-cattolici, così come, secondo i Radicali, i crocifissi nei luoghi pubblici o le croci nei cimiteri. Poco importa che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani sia cattolica e lo sia sempre stata: basta un flusso migratorio per cancellare la tradizione millenaria nella quale affonda le radici non solo la cultura italiana, ma l'intera cultura occidentale.
Grazie a Dio il Governo è intervenuto, e fa piacere sapere che anche nell'opposizione si alzano voci di solidarietà. La memoria della sinistra è proprio corta: non si ricorda neanche del Concordato, che non è stato ancora abolito. La legge, quindi, prevede che la religione sia insegnata da professori scelti dalla Chiesa: non è il Vaticano a imporlo, ma la legge. E non vi è nessuna discriminazione verso gli studenti non-cattolici: nessuno li obbliga, infatti, a non seguire le lezioni di religione. Tanto più che non sono catechismo, ma storia delle religioni: ovviamente sono soprattutto incentrate sul Cattolicesimo, dato che la maggior parte degli studenti è cattolica, ma io stesso, da studente, ho seguito lezioni su Islam ed Ebraismo, a conferma del fatto che l'ora di religione parli di religioni in generale, e non sia un'esaltazione della Fede cattolica a discapito delle altre. Sono gli studenti non-cattolici che liberamente scelgono di non frequentarla. E qui il discorso torna sul tema immigrazione: li abbiamo forse chiamati noi in Italia? Perché dovremmo cambiare le nostre leggi in loro favore, quando nei loro Paesi non solo la religione è insegnata e imposta, ma è anche esaltata, mentre le altre sono dichiarate assolutamente sbagliate e, talvolta, illegali? Evidente come, poi, le posizioni dei Radicali non siano in difesa della laicità, come vorrebbero far credere, ma un subdolo attacco alla sola Chiesa cattolica. Se così non fosse, si opporrebbero anche alla continua costruzione di moschee e alle pretese dei musulmani, che, invece, appoggiano insieme agli alleati del PD e dell'estrema sinistra. La discriminazione esiste, ma sono i cattolici a subirla. Da tempo, infatti, l'attacco alla Chiesa è ininterrotto e violento, e non risparmia nessun carattere della società. Dall'8x1000 si è passati all'ora di religione: si contesta, soprattutto, la scelta degli insegnanti, ora prerogativa della Curia. Secondo i critici è un'intromissione nella scuola pubblica, ma in realtà è normale. Perché il Vaticano dovrebbe permettere a chiunque di parlare della Fede cattolica? È ovvio che gli insegnanti debbano essere in accordo con le posizioni papali, altrimenti potrebbero dare una concezione sbagliata della religione cattolica e della Chiesa: se l'insegnante, pur meritevole professionalmente, fosse un comunista anticlericale è chiaro che l'insegnamento in sé ne risentirebbe gravemente. Il Tar del Lazio, al pari, non ha fatto il proprio mestiere, ma si è semplicemente accodato alle posizioni anticattoliche della sinistra, tentando di infrangere la legge che, al contrario, dovrebbe difendere. Di deriva anticattolica parlano sia Gasparri sia Binetti, e ciò dimostra che non è una questione politica e partitica, ma ideologica. E assolutamente reale.