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L'Asse del Male.

Post n°19 pubblicato il 26 Maggio 2009 da Antares_89
 
Foto di Antares_89

I fatti, come previsto, stanno precipitando. Dopo i test atomici iraniani di qualche giorno fa, anche la Corea del Nord ha pensato che fosse il momento di mostrare i muscoli al mondo intero, e soprattutto all'America. Il Paese comunista ha effettuato ieri un test nucleare sotterraneo, della portata approssimativa di dieci - venti kiloton, a fronte dei quindici della bomba di Hiroshima. Un terremoto artificiale avvertito in tutta l'area, ovviamente, dal Giappone alla Russia agli Stati Uniti. Seguito, poi, dal lancio di tre missili a corto raggio. L'atto è stato immediatamente condannato, com'è chiaro che sia, dall'intera comunità internazionale, che ha espresso unanime preoccupazione per la rinnovata proliferazione nucleare di Pyongyang. Chi è più preoccupata è, però, la Corea del Sud, il vicino più scomodo e storicamente nemico, che teme un probabile attacco e successiva invasione da parte del Nord, in una guerra sulla scia di quella di qualche decennio fa. Già ieri condanna del Segretario Generale dell'ONU, Ban Ki-Moon, che ha auspicato un "un messaggio forte e unito" che favorisca la denuclearizzazione della penisola. Subito dopo si è riunito il Consiglio di Sicurezza dei Quindici. Rammarico anche da Londra, da parte del Premier Gordon Brown: "Condanno il test nucleare nordcoreano nei termini più fermi", ha dichiarato, definendolo un pericolo per il mondo che minerà le prospettive di pace e "non servirà per la sicurezza della Corea del Nord". Visti miseramente crollati i difficilissimi tentativi di riconciliazione con i nordcoreani, oggi Seul ha rotto gli indugi, aderendo alla Proliferation Security Initiative (Psi), iniziativa promossa da Bush nel 2003, diventando il novantacinquesimo Paese a farne parte. In un colloquio telefonico, il Presidente sudcoreano Lee Myung-Bak ha parlato con Obama, che gli ha assicurato un "impegno inequivocabile" in difesa della Corea del Sud, e la necessità di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Come risposta, Pyongyang ha affermato che la politica ostile degli USA verso la Corea del Nord "non è cambiata" sotto l'amministrazione Obama. A riprova della decisione di proseguire nel potenziamento bellico, i nordcoreani hanno intenzione di lanciare, domani, nuovi missili dalla costa occidentale del Paese, come riferito dall'agenzia sudcoreana Yonhap. Questo dimostra come lo Stato asiatico non abbia nessuna intenzione di migliorare i rapporti con la comunità internazionale. Anzi, la sua politica è di aperta ostilità verso tutto il mondo. O, meglio, verso l'occidente e i nemici sudcoreani, verso cui le mire di Pyongyang non sembrano certo sopite. Sperando in un esito come quello del Vietnam, probabilmente, preparano una guerra che li porterebbe, secondo i loro, evidentemente folli, piani, a conquistare l'intera penisola. Un conflitto preparato da tempo, una sorta di piccola guerra fredda che, con la corsa agli armamenti, sta raggiungendo il suo apice. È ovvio che le intenzioni del Nord non sono certo di autodifesa, come si ostinano a sostenere, ma di offesa e di provocazione. Per questo cadono nel vuoto le parole di Ban Ki-Moon, secondo cui il messaggio di sdegno del mondo avrebbe aiutato la "pace e la sicurezza della regione". La diplomazia non servirà a nulla, perché la Corea del Nord non vuole difendersi, ma attaccare. Per ora, l'unica risposta possibile sono le sanzioni, e l'isolamento da tutto il resto del mondo civilizzato, come ha affermato Gordon Brown. Anche se è assai difficile che l'isolamento possa essere completo, quindi realmente efficace, dato che ci saranno sempre 'Stati canaglia' che avranno tutti gli interessi ad aiutare un nemico dell'occidente e degli Stati Uniti. Primo fra tutti l'Iran, che pochi giorni fa aveva, a sua volta, effettuato test nucleari in superficie e lanciato missili terra-terra da duemila chilometri di portata. I principali obiettivi, inutile dirlo, sono Israele, che lo stesso Ahmadinejad ritiene doveroso spazzare via, e le basi statunitensi nell'area mediorientale. In attesa di avere missili abbastanza potenti, è ovvio, da colpire direttamente le città americane. L'ex-pasdaran, inoltre, ha inviato, nella giornata di ieri, sei navi da guerra nelle acque internazionali del Golfo di Aden, con lo scopo di dimostrare l'"alta capacità di rispondere a qualsiasi minaccia straniera". Anche in questo caso, il dittatore di turno si nasconde dietro la scusa dell'autodifesa per giustificare le proprie operazioni militari, e non serve un genio per capire che presto i suoi amici nordcoreani faranno la stessa cosa, anche se in acque chiaramente diverse. Le storie dei due Paesi proseguono parallelamente, in un crescendo d'insolenza e sfida verso l'intera comunità mondiale; la proliferazione nucleare, invece di diminuire, è aumentata, così come la cura per l'industria bellica, in sfregio alle convenzioni internazionali e agli inutili appelli dell'ONU. Quando l'ex-Presidente Bush parlo di 'Asse del male', riferendosi a Iran e Corea del Nord, subito i comunisti gli hanno dato addosso, dicendo che era rimasto alla guerra fredda, e che quello era solo un pretesto per cominciare altre guerre. La politica dei falchi e il pugno duro di Bush non sono piaciuti al mondo, e soprattutto alle sinistre, che l'hanno definito guerrafondaio (perché invece Che Guevara era un pacifista) interessato solo al petrolio del Medio Oriente. Probabilmente hanno pensato così anche molti americani, che hanno preferito votare Obama. Magari le intenzioni erano buone: c'era la speranza che un drastico cambiamento di rotta avrebbe migliorato i rapporti sia con Teheran sia con Pyongyang. Ma adesso è sotto gli occhi di tutti il misero fallimento delle 'colombe' di Obama: la mano tesa verso Ahmadinejad e il tentativo di pacificare la penisola coreana sono stati un autentico buco nell'acqua, come dimostrano le dichiarazioni citate sopra, dove il Nord afferma che la politica ostile americana non è cambiata. Anche se è evidente a tutti il cambiamento rispetto all'amministrazione Bush. Come in un remake tornano i termini di settanta anni fa: una volta l'Asse era Roma - Berlino - Tokyo, mentre adesso è Teheran - Pyongyang, sempre che qualcuno non abbia la brillante idea di aggiungersi alla comitiva. Così come la Società delle Nazioni, l'ONU non avrà il minimo potere, e saranno i Paesi liberi a doversi assumere l'onere di un'eventuale guerra. Ancora, Brown ha definito "incauto" il test nordcoreano, giacché ha attirato sulla Corea del Nord l'attenzione di tutto il mondo. E non certo l'approvazione della comunità internazionale. Ma loro si preparano alla guerra, inseguendo chissà quale obiettivo. La loro sconfitta è certa, poiché non possono sperare di sconfiggere il mondo intero, ma sicuramente la devastazione sarebbe immane. A capo dei due Stati ci sono due folli, che, incuranti delle disperate condizioni di vita di molti dei loro connazionali, vogliono scatenare la Terza Guerra Mondiale. Non dobbiamo ripetere l'errore degli anni Trenta: alla miopia delle organizzazioni internazionali deve rispondere la risolutezza dell'occidente. I dittatori vanno fermati ad ogni costo, anche con bombardamenti a tappeto su tutte le loro basi, ma bisogna agire in fretta, prima che siano pronti a rispondere, con esiti devastanti.

 
 
 
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