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Altro omicidio islamico.

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Era nata nelle periferie di Casablanca Sanaa Dafani, diciottenne vittima di violenza familiare, ennesimo caso di razzismo religioso islamico. Con la famiglia si era trasferita in Italia, e viveva a Monreale Valcellina (Pordenone). È morta, uccisa dal padre, per motivi, come sempre, religiosi e culturali. Come non ricordare il caso di Hina, la ragazza pakistana uccisa dai parenti per gli stessi motivi? Motivi che vanno al di là della civiltà umana e della convivenza sociale. Sanaa è stata uccisa dal padre che l'aveva fatta nascere, solo perché voleva integrarsi. Voleva essere come le sue amiche e coetanee, e voleva vivere come una ragazza italiana. Bella e moderna, il suo sogno era integrarsi nella società del Paese che l'aveva accolta. Lavorava, Sanaa, altro passo per diventare come le ragazze italiane. Proprio della pizzeria in cui lavorava, "Spia", era socio Massimo De Biasio, 31 anni: i due si sono conosciuti ed innamorati. Il loro amore, e il sogno della ragazza di vivere all'occidentale, sono stati però brutalmente spezzati dal padre di lei, El Ketawi Dafani, 45 anni. Come la famiglia, non sopportava la voglia di integrarsi della figlia e la relazione con De Biasio: troppa differenza di età e troppa diversità di cultura e religione. Sempre più evidente il parallelismo con Hina. Sanaa aveva anche lasciato la casa, per trasferirsi, secondo gli amici, da Massimo. Il padre ha atteso l'auto dei fidanzati, l'ha bloccata in un bosco ed ha accoltellato Massimo, per poi inseguire la figlia e dilaniarla. È morta per dissanguamento, probabilmente per una delle ferite inferte alla gola. "È stato il papà di Sanaa", le parole di Massimo ai soccorritori. El Katawi Dafani è ora accusato dell'omicidio, grazie alla testimonianza di una persona che ha visto la sua auto allontanarsi. Un negoziante ha anche detto che l'uomo aveva da poco acquistato un grosso coltello, e in casa sua, a Piezzo d'Azzano Decimo, i Carabinieri hanno trovato abiti in ammollo. Evidente l'intenzione di togliere le macchie di sangue. Reazioni fulminee della politica: come la Regione Friuli Venezia Giulia, anche il Ministro per le Pari Opportunità Carfagna sarà parte civile nel processo contro il padre, ora nel carcere di Pordenone. "È un delitto orribile, disumano, inconcepibile, frutto di un'assurda guerra di religione che è arrivata fin dentro le nostre case", afferma. "Casi terribili come questi ci inducono a proseguire la strada del 'modello italiano' nell'integrazione degli immigrati: ciascuno, in Italia, deve avere il diritto di professare la propria fede come crede, ma il Paese può accettarlo soltanto se questa è rispettosa dei diritti umani, compreso quelli delle donne, e delle leggi dello Stato". Come contraddire queste parole, come negare il ragionamento del Ministro? Impossibile, eppure sono certo che gli anticlericali comunisti troveranno il modo di dire che non è niente di grave, e che come al solito è colpa della Chiesa, che farebbe ben di peggio. Ormai, del resto, siamo abituati alle loro assurdità. Lasciando stare le follie comuniste, è evidente come il multiculturalismo sostenuto dalle sinistre sia un completo fallimento. È inutile: chi non vuole integrarsi non lo farà mai, nonostante tutti i buoni propositi dei comunisti. E, sarà un caso, ma chi non s'integra è sempre un musulmano. O, meglio, è la famiglia che spesso non si integra: il sogno di Sanaa, infatti, era proprio quello di integrarsi, di vivere all'occidentale, di sposare l'uomo che amava, mettendo da parte ogni differenza di cultura e religione. Ogni giorno le sinistre s'indignano per casi di presunto razzismo italiano: ebbene, spero che anche in questo caso s'indignino, perché è stato il razzismo religioso islamico della famiglia a uccidere Sanaa, che voleva essere italiana e occidentale. Mi ha lasciato di stucco un'intervista alla quale ho assistito ieri: durante "La vita in diretta", un inviato ha intervistato, tra gli altri, una donna con un passeggino. Chiedendole un'opinione, questa ha detto che il padre ha fatto bene; allibito, l'inviato le ha posto di nuovo la domanda, ed essa, prima di rinchiudersi in casa, ha ribadito la risposta. E questa sarebbe integrazione? Sarebbe integrazione ritenere giusto che un padre uccida la figlia per razzismo religioso? Fosse stato per me, avrei sbattuto in galera anche quel mostro di donna, per razzismo al pari del padre di Sanaa. È davvero inconcepibile a che livello si possa arrivare. Non a caso questi episodi sono sempre perpetrati da musulmani. E questo non è razzismo, ma la semplice realtà dei fatti. Perché gli islamici, al contrario degli altri immigrati, sono molto più chiusi, e tendono a formare comunità separate per mantenere intatte le loro abitudini, molte in contrasto con la nostra legge. Non dico che tutti i musulmani siano così, ma spesso lo sono. E che l'Islam, se applicato alla lettera, renda fondamentalisti è confermato dal fatto che può instillare nell'animo di un padre la volontà di uccidere la figlia. E non perché malato di mente: era sanissimo quando ha ucciso Sanaa. Accoltellata perché troppo occidentale, perché non era sottomessa come dovrebbe essere una donna musulmana. Assurda, poi, la storia della differenza di età, quando si parla di una religione che consente il matrimonio di bambine con pedofili sessantenni. Il motivo è che Dafani non sopportava l'idea di una figlia occidentale: voleva che fosse perfettamente musulmana, che non lavorasse, che fosse sottomessa alla sua volontà di padrone, e che sposasse un musulmano che lo sostituisse nel compito di padrone cui essere sottomessa. Ripeto, se fosse casuale il razzismo religioso, perché i colpevoli sono sempre musulmani? Io conosco vari musulmani, giovani e adulti, integrati, brave persone. Ma anche Dafani era integrato (o, meglio, lo sembrava a tutti gli effetti), eppure ha ucciso la figlia. E gli attentatori di Londra non erano forse musulmani inglesi di terza generazione? Qualcuno mi accuserà di xenofobia, come verrà accusata la Carfagna, e solo perché sosteniamo che nel nostro Paese debbano essere applicate le nostre leggi. Non imponiamo agli immigrati di rinunciare alle tradizioni o alla religione, ma solo che siano rispettate le leggi del Paese che li ha accolti. Se arrivassero immigrati la cui religione pratica i sacrifici umani dovremmo forse consentirglielo? Il caso è estremizzato, ma è evidente che un musulmano, anche se apparentemente integrato, può uccidere la figlia per puri motivi religiosi. Non sono razzista, ma non conosco immigrati di altre religioni che compiano questi crimini. Come sempre, rivolgo un invito ai musulmani moderati a espellere e denunciare le 'mele marce', come Dafani padre e quella donna con il passeggino, per dimostrare che anche un musulmano può integrarsi. Ma non può integrarsi se continua ad applicare alla lettera la propria religione, poiché è evidente come essa contrasti apertamente con ogni diritto umano e civile. I casi di Hina e Sanaa lo dimostrano. Ma ai comunisti basta chiudere gli occhi e berciare di multiculturalismo per dimenticare ogni vittima di quel disumano razzismo religioso islamico. Prima o poi arriveranno anche a sostenerlo.

 
 
 
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