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Australia: condanna a chi critica l'Islam.

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Voglio scusarmi con chi mi legge per due semplici motivi: la mia assenza abbastanza prolungata e la mia relativa monotematicità sui post. La prima scusante è l'università, che ultimamente mi ha occupato molto tempo, e la seconda è l'abbondanza di notizie vergognose provenienti dal mondo islamico.
Mi dispiace molto che, in questo caso, lo Stato islamizzato sia proprio quell'Australia di cui espongo con orgoglio un discorso del suo ex Primo Ministro. Sembrano lontani quei giorni in cui si riteneva, a quanto pare sbagliando, che in Australia dovessero governare gli australiani, e che l'unica legge fosse quella australiana. Sembra, al contrario, che ci si stia avvicinando alla situazione che è realtà già in molti Paesi europei, grazie a Dio in prevalenza di fede anglicana o comunque protestante. È protestante anche l'Australia, purtroppo, e questo sembra favorire le ingerenze islamiche e le loro assurde pretese di trattamento privilegiato. Avevo già trattato, in passato, l'incredibile richiesta, proveniente da molti paesi musulmani, di dichiarare reato internazionale ogni critica all'Islam, e di condannare in ogni Paese del mondo chiunque si permetta, non sia mai, di evidenziare gli orrori che, talvolta, l'Islam permette. O, talvolta, addirittura incoraggia. La proposta era partita anche da Stati considerati 'moderati' e amici dell'occidente, come il Pakistan, e venne stranamente, considerati i precedenti, respinta dalle Nazioni Unite. Ma gli islamici non si sono certo arresi, e se la shari'a non ha avuto riconoscimento sovranazionale le organizzazioni islamiche si sono adoperate per infiltrare la loro legge nelle costituzioni dei singoli Paesi. Nel caso specifico, le vittime sono due pastori anglicani che, nel 2003, avevano tenuto un seminario su Islam e Cristianesimo, mettendo a confronto la religione musulmana e il Corano con quella cristiana e la Bibbia. Premetto: sicuramente nella Bibbia sono scritte diverse antiche barbarie, ma il Corano non è certo da meno, anzi. E certo, nel nostro tempo, la religione islamica è molto più cruda e violenta di quella cristiana. Questa precisazione a vantaggio di chi si ostina a mettere le due fedi sullo stesso piano, chiudendo gli occhi di fronte a lapidazioni, impiccagioni, torture e roghi che sono la normalità in alcuni Paesi musulmani mentre sono del tutto assenti in quelli cristiani. A seguito del seminario, dunque, le varie organizzazioni islamiche si sono sollevate, abbaiando come loro solito alla bestemmia, e chiedendo un immediato processo che facesse giustizia. Fino a qui niente di nuovo. Il fatto grave è che la denuncia è stata accolta dal tribunale, e i due pastori sono stati ritenuti colpevoli di vilipendio all'Islam, e condannati a scusarsi immediatamente. Grazie a Dio, entrambi gli ecclesiastici si sono rifiutati di adempiere la sentenza, dichiarando di essere assolutamente liberi di esprimere le proprie opinioni sull'Islam, poiché, fino a prova contraria, in Australia esiste ancora la libertà di parola e di opinione. O, a questo punto, esisteva. Infine la ragione sembra avere vinto, facendosi spazio nelle menti ottenebrate da chissà quale demone dei giudici, e la sentenza è stata messa da parte e revocata. Dico 'sembra' perché i due pastori non sono stati assolti, ma avranno un nuovo processo. Il che dimostra che il loro caso è ancora aperto, nonostante non abbiano commesso altro reato che avere espresso la propria opinione, in accordo con le libertà presenti nello Stato di diritto. Tale decisione deve preoccupare, perché i due pastori non sono ancora al sicuro dalle ingerenze islamiche, e dal tentativo di soffocare la libertà d'opinione anche nei Paesi occidentali, dove questa è uno dei diritti fondamentali dell'uomo. Se per caso, Dio non voglia, qualche integralista musulmano decidesse di farsi giustizia da solo e aggredisse uno dei due colpevoli bestemmiatori, non è certo da escludere che i giudici possano considerare un'attenuante l'offesa delle vittime alla religione dell'aggressore. Del resto, è ormai evidente come le libertà presenti nei nostri Paesi siano la nostra vera debolezza, e i musulmani le sfruttano per perseguire il loro sogno, mai sopito. Cioè la conquista dell'occidente. Non è la paranoia di un visionario, ma la realtà che si evince dagli eventi che si susseguono. I metodi sono cambiati, ma la sostanza è la stessa. Non ci sono più le armate che minacciano Vienna o gli eserciti ottomani che invadono la Spagna, ma milioni di musulmani che entrano nei nostri Paesi e sfruttano le libertà che gli concediamo per soggiogarci. A dimostrazione che quanto dico corrisponde alla realtà una dichiarazione del dittatore libico Gheddafi, di qualche tempo fa, riportata nei libri di Oriana Fallaci. Il dittatore parlò, rivolgendosi all'occidente, di un'invasione fatta non con le armi, ma con l'immigrazione, con le famiglie, con i bambini musulmani che crescono imparando il Corano, nell'odio verso gli infedeli. Non sono supposizioni mie o della Fallaci, della cui morte comunisti e integralisti islamici si sono felicitati, ma le parole di Gheddafi, riconosciuto leader di un Paese facente parte dell'ONU. E ai cui continui ricatti ci dobbiamo sottomettere anche noi, se non vogliamo rimanere senza energia o essere invasi da decine di migliaia di clandestini. Ovviamente non sto condannando come integralisti tutti gli immigrati musulmani, ma molti di loro lo sono, anche se non lo danno a vedere. E l'educazione cui molti bambini sono sottoposti rende inutile ogni tentativo d'integrazione cui la scuola pubblica e gli altri bambini possono attuare. I terroristi di Londra erano studenti perfettamente integrati, ragazzi di terza generazione, nati in Inghilterra. Ma musulmani. Questo li ha portati nelle moschee, e ad ascoltare, talvolta, prediche d'imam integralisti. Che, ribadisco, non parlano in tutte le moschee, ma in alcune sì. Queste prediche, abbinate a un'istruzione parallela a quella pubblica, e condotta sia nelle famiglie sia nelle scuole coraniche, hanno trasformato quei ragazzi in fanatici religiosi, pronti a morire pur di portare con sé il maggior numero d'infedeli. L'invasione è perpetrata anche attraverso la conversione forzata di chi sposa un musulmano o una musulmana. Io, personalmente, non lo farei mai, ma talvolta chi s'innamora fa pazzie. E che avere a che fare con una famiglia musulmana sia in certi casi una pazzia, lo dimostrano i tanti casi di violenza e omicidi di cui si sono resi responsabili i familiari del coniuge islamico quando il partner non musulmano osa non sottomettersi alle regole di Maometto. È una realtà anche lo stupro etnico, commesso soprattutto nel Nord Europa nei confronti delle donne occidentali, considerate volgari e impure, quindi tranquillamente violentabili. Di questo spero di poter parlare in un prossimo post. L'invasione cui siamo sottoposti è evidente, e solo chi si mette volontariamente i paraocchi non se ne avvede. E siamo noi a facilitarla, con il buonismo di molti dei nostri politici, e con le libertà che concediamo loro. Certo, la libertà da noi è un diritto che va concesso a tutti, ma siamo concordi che la libertà è tale finché non lede quella altrui, e la libertà che molti musulmani pretendono lede eccome le nostre. Se ai comunisti non interessa essere umiliati in questo modo a me interessa, e penso che se un'organizzazione islamica come l'UCOII continua a predicare l'odio verso gli infedeli e a bramare di poter esercitare la shari'a in Italia sia un'evidente violazione della mia libertà d'opinione. Libertà scomparsa in Australia, dove due pastori sono messi a giudizio per avere espresso la propria opinione. Poco importa che quella sia una libertà inalienabile quando si tratta della fede di Maometto. Prego che una cosa del genere non accada mai in Italia. Peccato che i fieri difensori della laicità (i comunisti) siano troppo impegnati ad attaccare la Chiesa per pensare anche ai musulmani. Anzi, sono i primi a sostenerli, pur di ottenere i loro voti. Due pesi e due misure, come sempre.

 
 
 
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