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Corea: nuova sfida.

Post n°20 pubblicato il 27 Maggio 2009 da Antares_89
 
Foto di Antares_89

La follia della Corea del Nord prosegue, e si fa ancora più accentuata. Che le proteste dell'ONU si rivelassero assolutamente inutili era assai prevedibile, se non certo, e, infatti, è stato proprio così. Non solo, inoltre, la Corea non ha fermato i propri test, ma li ha addirittura accelerati. Come se Ban Ki-Moon non avesse proferito parola, a riprova dell'inutilità delle Nazioni Unite, i militari del Nord hanno fatto sapere di avere testato e lanciato altri due missili a corta gittata, della portata di circa centotrenta chilometri, che seguono i tre precedenti. Vettori a corta gittata, appunto, ben lontani dai nuovi missili iraniani di pochi giorni fa, dotati di un'autonomia di duemila chilometri, ma gli obiettivi sono chiaramente diversi. Mentre il pazzo di Teheran vorrebbe trasformare in deserto Israele (e magari anche il Sud Italia, già che c'è ...), il pazzo di Pyongyang ha messo gli occhi sugli odiati confinanti, i vicini della Corea del Sud. Il primo atto della guerra sembra essersi già concluso, e il casus belli è pronto: come protesta (!) per la decisione di Seul di aderire alla Proliferation Security Initiative, Psi, la Corea del Nord si dichiara non più legata all'armistizio firmato nel 1953, a conclusione della guerra fra i due Paesi. Una notizia che preoccupa oltremodo il Sud, che vede questa dichiarazione come un atto di sfida. Una sfida che potrebbe sfociare in guerra aperta anche se non venisse raccolta, in quanto le mire del Nord sono evidenti, e le armi sono ormai pronte. Ovviamente la guerra sarebbe mascherata come una più che legittima azione di difesa: l'agenzia ufficiale del regime, la Kcna, ha reso noto che la Corea del Nord avrebbe considerato una "dichiarazione di guerra" la scelta del Sud di aderire alla Psi. L'accordo internazionale, promosso da Bush nel 2003, infatti, è volto a interdire il trasferimento di tecnologie e di armi di distruzione di massa, e prevede che le navi sospettate di trasportare armi possano essere intercettate e sequestrate dai Paesi aderenti.  La Corea del Sud, quindi, avrebbe il diritto di agire, se lo ritenesse opportuno, nei confronti del Nord, il cui regime ha però affermato che risponderà "immediatamente e con forti misure militari" se unità del Sud fermassero e ispezionassero una qualsiasi nave di Pyongyang. In pratica, un'eventuale (ma sempre più probabile) guerra scoppierebbe 'per colpa' di Seul, e quella del Nord sarebbe solo la legittima risposta militare a un'aggressione. Durante la notte il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha espresso una condanna per la violazione da parte del regime della risoluzione 1718 del 14 ottobre 2006, che punì il primo test nucleare di Pyongyang, ponendo le basi per nuove e, si spera, severe sanzioni. Sono soprattutto gli Stati Uniti a volere provvedimenti drastici, con il Presidente Obama che ha telefonato al collega giapponese Taro Aso per "coordinare" una reazione comune ai test coreani. Il Parlamento nipponico, intanto, ha votato una ferma condanna alle operazioni di Pyongyang, mentre il vertice dei ministri degli Esteri di Asia e UE, che da lunedì partecipano a una riunione dell'Asem (Asia - Europe Meeting), ha stilato ad Hanoi un documento dove "condannano" la Corea del Nord per la "violazione evidente" delle risoluzioni ONU. Violati, infatti, anche gli accordi delle trattative a Sei per l'abbandono dei piani atomici fra le due Coree, Cina, Giappone, Stati Uniti e Russia. Di "comportamento inaccettabile" ha parlato Susan Rice, ambasciatore americano alle Nazioni Unite, che ha affermato che la Corea "dovrà pagare il prezzo" se continuerà a mettere alla prova la comunità internazionale. Frattini auspica che anche Russia e Cina facciano la loro parte nell'applicare le sanzioni, cosa che sarebbe "un grande passo avanti". La risposta di Pyongyang è, al solito, violenta e insolente: "Il nostro esercito e la nostra gente (che muore di fame, ma questo non c'è nel discorso) sono pronti per la battaglia contro qualsiasi sconsiderato attacco degli USA". Un metodo collaudato, questo, anche dal terrorista Ahmadinejad: quello, cioè, di giustificare proliferazione nucleare e test missilistici come innocenti prove di difesa contro improbabili attacchi imperialistici dell'occidente. Il significato di queste parole è ovviamente propagandistico, giacché i dittatori vogliono distrarre la gente dalle disperate condizioni in cui vive dando loro un nemico comune da odiare e contro cui scagliarsi, un capro espiatorio cui addossare le colpe della propria triste situazione. In "1984" di Orwell questo capro espiatorio era il misterioso Emmanuel Goldstein, in Iran e Nord Corea sono gli Stati Uniti, chiamati da una parte 'crociati' e dall'altra 'yankee imperialisti'. La gente, quindi, si riconosce nella politica del suo Governo, ed è pronto ad altre tasse e disagi pur di cominciare una guerra contro quel nemico, la cui sconfitta, sperano, risollevi la loro esistenza. Tutto ciò è ovviamente il frutto della propaganda dei regimi totalitari, volto non certo al bene del popolo ma alle mire folli del suo condottiero. D'altronde, la reazione della comunità internazionale non li spaventa di certo. Anzi, gli permette di fare credere agli 'elettori' (si fa per dire) che tutto il mondo stia complottando contro di loro, unendoli ancora di più sotto la bandiera del loro Paese, e accendendo il loro nazionalismo. Quello dell'ONU è poco meno di un 'silenzio - assenso': a cosa possono servire le parole, seppure di dura condanna, contro dittatori sanguinari che si preparano alla guerra? A nulla, ovviamente, se non a evidenziare la pavidità di un'organizzazione internazionale dal potere ormai solo teorico. L'unico modo per impedire una guerra globale sono sanzioni dure e intransigenti, che isolino del tutto la Corea del Nord dal resto del mondo. Ma per essere efficaci, come già detto, devono essere applicate da tutto il mondo, perché basterebbe un qualsiasi appoggio esterno per indebolire di molto la portata delle sanzioni. Se alcuni Paesi decidessero di non interrompere i rapporti con Pyongyang rimarrebbe solo, come soluzione, distruggerne il potenziale bellico, le centrali nucleari e la marina. Sarebbe anche l'occasione giusta per scalzare dal trono il regime comunista stalinista che da anni governa il Paese e riportare la democrazia, con elezioni e libertà di opinione. A parte Cina e Russia, tutti gli Stati del G8 sono pronti alla guerra, anche se è giustamente considerata l'ultima opzione. La Corea non può, al pari dell'Iran, pensare di sfidare il mondo e vincere la battaglia. Un'azione tempestiva e mirata delle potenze mondiali, anzi, potrebbe ritorcere contro Pyongyang le provocazioni dei suoi dittatori, cogliendo l'opportunità di distruggere, finalmente e per sempre, il loro potere.

 
 
 
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