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Intimità violata

Post n°830 pubblicato il 19 Febbraio 2020 da e_d_e_l_w_e_i_s_s
 

E' un fenomeno che ha assunto dimensioni capillari, complice anche quella presenza costante e massiccia dei social media nella vita quotidiana.

Si chiama revenge porn,  una locuzione anglosassone in cui si associa la parola vendetta a quella di pornografia e consiste nel pubblicare foto, selfie,video  o scatti privati che mostrano persone , di solito donne, impegnate in attività sessuali o in pose sessualmente esplicite, senza che ne sia stato dato il consenso dal diretto interessato.


E  già qui viene da chiedersi chi mai darà il consenso a far girare in rete la propria immagine nuda o provocante o sconcia.

Una volta che l' immagine, qualsiasi immagine, è in rete anche in forma privata è di dominio pubblico. Incontrollabile e ingestibile.

Cosa spinga una donna a farsi filmare o ad autofilmarsi nelle propria sfera privata a me sfugge.































Le vittime, o comunque coloro che per scelta, per gioco, per piacere hanno  filmato la propria intimità, una volta resa pubblica provano umiliazione e perdita di dignità.
Qualcuna riferisce che l'impatto psicologico è paragonabile a quello di una violenza sessuale e tante volte la cronaca ha riferito di epiloghi drammatici.

Da noi non esiste alcuna legge specifica in materia: si fa riferimento alla normativa sui reati di diffamazione, violazione della privacy e trattamento scorretto dei dati personali.

Oggi da Brescia si torna a parlarne.

I video hot privati di una quarantenne sono finiti in rete.
Lei, vittima di vendetta porno, denuncia allegando contatti.
In  molti avrebbero visualizzato e commentato senza però mai fermarne la diffusione.
Si iscrivono tre persone nel registro degli indagati.
Viene licenziata perché, sostiene il datore di lavoro, rovina l'immagine dell'azienda  ed inoltre arriverebbero in ufficio chiamate da uomini che vorrebbero un appuntamento con la signora.


C'è chi ritiene assurdo che una donna che ha trovato il coraggio di denunciare chi l'ha messa alla berlina, venga licenziata per un presunto danno di immagine.


E voi da che parte state?

Ha ragione il datore di lavoro?

O

la signora è vittima di intimità violata e quindi a lei tutta la solidarietà?


 

 
Rispondi al commento:
woodenship
woodenship il 21/02/20 alle 02:35 via WEB
No, non me la sento proprio di giudicare. E qua mi sembra che si giudichi a sufficienza. Il tuo ragionamento, consentimelo, mia cara edel, mi pare abbastanza simile a quello che, osservando il fatto che una donna va vestita in un certo modo,ciò consente allo stupratore di turno di approfittarne: ma come, non lo sa cge, se va in giro conciata come una prostituta, la violentano?E'successo anche a quella ragazza che, per prendere delle foto ad una manifestazione di paese, ha cercato di passare per una via in ombra e l' ha subito una violenza: se l'è cercata? Non lo sapeva che, andando da sola per una via buia la donna è naturale preda? Perdonami, ma il ragionamento mi pare simile. Se una donna nel pieno di una relazione si concede e si concede del tutto, senza remore, è da condannare? Ecco, credo che sia questo il punto: fino a chebpunto si deve amare e fino a che punto si può essere traditi? Possibile che una donna che viva nella pienezza una relazione. E poi questa pienezza debba dare adito ad un doppio stupro? Il primo è quello subito dall'infame che ha fatto dell'intimità concessa e vissuta un'arma contundente devastante; il secondo subito è quello da parte di chi arriva a considerare che se l'è cercato: non avrebbe dovuto darsi più di tanto. Ma io mi chiedo: quando si ama, quando si vivono intensamente certi coinvolgimenti sessuali e sentimentali, è possibile arrivare a porsi dei limiti? Personalmente sono portato a dubitarne. Dal momento che, ognuno di noi ha un modo personale di vivere esponendosi o meno in rapporti vissuti con l'anima o senza anima.Ecco, per questo che trovo infame anche il terzo stupratore, ossia quel datore di lavoro che licenzia na dipendente prendendo a pretesto una questionebpersonale del dipendente. E'uno spregevole individuo. E per un semplice motivo: se il dipendente ha un problema personale di qualsiasi natura che esula dal rendimento, lo si licenzia? Dunque anche in caso di separazione, il dipendente può essere considerato un danno d'immagine per l'azienda, dal momento che il o la partner può tempestare il o la partner sul luogo di lavoro con telefonate.........Perdona, ma queste storie mi mandano fuori di zucca, per quanto sprizzano malvagità,ipocrisia e conformismo..........Un bacio scintillante di stelle.........W.......
 
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