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Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"

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Il sosia

Post n°1449 pubblicato il 06 Maggio 2009 da ossimora
 

'

'Caro signore se continuate a prendere il mio posto sarò costretto a prendere la pistola-

Ivan Petroviç Goljiadkin-

Quando ho letto “Delitto e castigo”,ormai diversi anni fa, attraversai una notte di incubi e di sofferenza profonda.

 Non l’ho mai scordata ;è difficile quantificare il tempo che trascorre soprattutto nel passato ,soprattutto per me che indugio poco nei ricordi quando si sfumano e diventano cadaveri asfittici,  ma quella  mi pare ancora una notte infinita .

La disperazione e la certezza di aver ucciso ,di essere braccata ,perseguitata ,rattristata e  distrutta dall’angoscia , mi portarono ad un susseguirsi di incubi e di rotolamenti ;piansi ,mi disperai, in un immersione di cui merito e colpa vanno interamente alla scrittura di Dostoevskij ;mai un altro testo mi ha penetrato così nel profondo e mai ho trovato della  scrittura così introspettiva/mente lancinante.

Al risveglio faticai non poco a mettere a fuoco gli oggetti ,gli odori della quotidianità ed a convincermi che non ero un’assassina  …allora fu una vera felicità liberatoria .Festa ,festa vera !

Non ho mai cancellato questa notte ed in questi anni ho tenuto a rispettosa distanza i libri del russo,fino a qualche giorno fa ,quando qualcuno mi ha parlato del “Sosia”.

L’ho finito ieri sera ,è un breve ,grande romanzo nel quale si entra costruendo passo poi passo un set mentale col quale si dialoga ;il senso di immersione e di immedesimazione è una questione filosofica prima che estetica.

La nausea( o forse più benignamente la confusione ,il caos  del risveglio ) è lungo incipit e lo stato di sonno/ veglia  è un po’ il  nesso portante del romanzo e più estesamente megametafora della nostra condizione di esistenti.

 Le pagine della passeggiata sulla prospettiva Nevskij ,i rimuginamenti interiori di Jakov Petrovic Goljadkin  con l’incontro ,molto noir, con il Sosia ,sono davvero straordinarie  e dopo l’arrivo di questo sosia tutto interiore che gli  ruba pian piano la vita ,lo sottrae agli altri ,essendo poi  gli altri stessi  e lui medesimo , inizia un percorso di estraniazione ancora una volta giocata nel registro  del monologo interiore, con sé stesso,col proprio sosia /doppio ,con la società .

Il sosia ,incarnazione dell’altro che rapina la vita di  Goljadkin .

Per lui è  troppo ingombrante  invadente ,sopratutto difficile da partecipare la vita degli altri ,una vicinanza asfissiante .

Tutto si gioca sullo  sforzo iniziale e tema generale ,di sottrarsi al sonno e accettare le fatiche della veglia, c’è la ricerca scelta consapevole e coraggiosa dell’individuo nell’accogliere il mondo e le cose, per  connotarle nell’ irriducibile,sola possibile , unicità nel  costruire la ovvia ,singolare ,propria esistenza.

 Un pugno sullo stomaco ,senza incubi .per fortuna .fffff anche questo romanzo che l’autore definì malriuscito e che io ho trovato assai bello .(soprattutto considerando che in questo periodo ho letto parecchi romanzetti  contemporaneissimi   dei quali credo avremmo potuto fare a meno ,noi e la foresta Amazzonica).


 
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