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IO E LA SCRITTURA

Per rendere meno monotona questa quarantena imposta dalla pandemia, un amico mi ha invitato a partecipare a una delle tante iniziative che si organizzano in rete al fine di rendere meno noiose le giornate. Lo scopo era raccontare come nasce la mia passione per la scrittura, dove mi ha finora portato e se posso reputarmi soddisfatto. Inizialmente ero restio in quanto non mi ritengo uno scrittore bensì un appassionato della scrittura – considero scrittore chi vive della propria scrittura. Ma poi riannodare con la mente i fili del passato è stato piacevole, seppure in alcuni casi doloroso. In oltre trent’anni di attività la scrittura mi ha regalato tanti bei momenti e diverse soddisfazioni. Tuttavia alcune delle persone con cui li condivisi, ad esempio i miei genitori, il professore Aniello Montano e don Angelo D’Ambrosio che mi onorano di averli come relatori alle presentazioni dei miei libri, o il professor Roberto Fazio che ho sempre considerato molto più di un amico, non ci sono più. Mentre con tante altre le strade si sono separate, dopo aver condiviso esperienze anche esaltanti tipo quella di MEMO o la fondazione del giornalino per ragazzi La Ragapubblica. Ma questa è la vita e va accettata, seppure ce ne dispiace. Ciò che importa, almeno per me, è che al ricordo si accompagnino sempre la nostalgia e la malinconia perché significa che, tutto sommato, abbiamo vissuto una vita non disprezzabile, realizzando, se non tutti, almeno una parte dei nostri sogni, e abbiamo avuto la fortuna di condividere una scampolo della nostra esistenza con persone “belle” e interessanti che ci hanno aiutato a crescere così come presumibilmente è valso per loro conoscerci. Cosa che di cui, con estremo piacere, mi sono reso conto mentre scrivevo quanto segue.

Salve sono Vincenzo Giarritiello, il mio rapporto con la scrittura nasce da ragazzino per dare spazio all’irrefrenabile bisogno che avevo di viaggiare con la fantasia. Quell’intimo rapporto subordinato a una necessità interiore si è consolidato nel tempo, maturando frutti che mi hanno dato e continuano a darmi belle soddisfazioni.

La prima arrivò a fine settembre 1987: una sera, rientrando da lavoro, trovai nella posta una copia dell’Espresso con una lettera allegata dell’allora direttore Giovanni Valentini in cui mi si comunicava che il racconto che avevo inviato al concorso letterario bandito dal settimanale, pur non risultando tra i vincitori, era stato segnalato dalla giuria presieduta da Alberto Moravia e mi si faceva omaggio dell’abbonamento annuale alla rivista. […]

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VICTOR HUGO, L’INVESTIGATORE DELL’ANIMA UMANA

Dopo aver letto Notre Dame di Paris, scrissi un post dal titolo VICTOR HUGO, SCRITTORE E INIZIATO in cui esponevo le mie convinzioni riguardo la supposta natura iniziatica dell’opera; riconoscendo al grande scrittore francese lo status di iniziato. Cosa che, ho poi scoperto leggendo alcuni scritti sulla sua figura, più di un biografo presuppone.

Tuttavia, essendo l’opera di Hugo sterminata la cui pubblicazione di opere inedite s’è protratta per anni dopo la sua morte, mi sentii obbligato a approfondire il personaggio per valutarne meglio la personalità al fine di trovare ulteriori conferme alla mia deduzione. Di conseguenza decisi di leggere il suo capolavoro, I MISERABILI certo che, se davvero la mia supposizione fosse giusta, tra le righe del romanzo avrei trovato ulteriori conferme. Armato di pazienza e, per quanto fosse possibile, con occhio vigile, mi apprestai alla sua lettura.

Fin dalle prime pagine la natura iniziatica dell’opera mi si palesò in tutta la sua sontuosa maestosità. I ripetuti riferimenti ai conflitti interiori che colgono l’uomo quando, dopo aver commesso un crimine, trovandosi al cospetto di chi pur avendo ricevuto dal suo operato un danno, anziché punirlo denunciandolo alle autorità competenti, lo assolve confidando in un suo rinsavimento esistenziale – come fa il vescovo di Dygne nei confronti di Jean Valjean protagonista indiscusso dell’opera dando vita a un meccanismo di conversione spirituale, tema dominante dell’opera fino all’ultimo rigo – mi sembrò introducessero quello che s’è poi rivelato essere l’argomento cardine dell’opera:una profonda discussione sulla natura dell’anima umana.

Se in Delitto e Castigo di Dostoevskij il protagonista, dopo aver commesso il delitto, vive un eterno conflitto interiore che non gli darà tregua fino all’epilogo della storia, costringendolo a guardarsi sempre alle spalle e a nascondersi da tutto e da tutti temendo che gli altri siano a conoscenza del crimine che commesso e lo tengano sotto osservazione per coglierlo in flagrante quanto meno se l’aspetta, mettendo in tal modo in risalto come il crimine contenga in sé il castigo rappresentato dagli scrupoli e dalle paure che assalgono chi lo ha commesso inducendolo a vivere in un eterno stato di oppressione e di paura, la morale de I Miserabili secondo me è: essendo l’anima umana una goccia di quel grande oceano di bene che è Dio, dovendo per forza di cose la goccia contenere in sé le caratteristiche del mare da cui deriva, conterrà a sua volta in sé il bene ma offuscato dalla pesantezza materiale. Pertanto, se messa nella giusta condizione di sgravarsi dai legami materiali mediante la riflessione e la preghiera, l’anima non potrà a sua volta che tendere al bene. [… ]

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GIOVANNI RUGGIERO E LE SUE SCATOLE DEI RICORDI

Nell’ambito della rassegna FotoArtinGarage in corso all’Art Garage di Pozzuoli, sabato 29 febbraio si è inaugurata la mostra fotografica EX MALO BONUM di Giovanni Ruggiero. L’esposizione si protrarrà fino al 13 marzo e sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 22, e il sabato dalle 10 alle 19.30. Per l’occasione abbiamo intervistato l’autore.  

Giovanni Ruggiero fotografo per passione o per professione?

Sicuramente per passione. Seppure, avendo fatto il giornalista – sono stato inviato speciale per Avvenire per venticinque anni – la fotografia l’ho utilizzata per corredare i miei servizi. Però è una grande passione che nutro da che ero bambino.

Più che foto, le tue opere sembrano delle sculture…

Sì, effettivamente sono difficili da definire. Penso che la chiave di tutto sia rappresentata dalla frase di sant’Agostino che dà il titolo alla mostra, EX MALO BONUM (da male nasce bene). La trovo molto significativa e, soprattutto, piena di speranza.

La foto è già se stessa un ricordo, perché questa ulteriore necessità di serbare il ricordo in un contenitore ad oc?

Seppure ci siamo conosciuti ora, sono pronto a scommettere che anche tu a casa hai una scatola in cui conservi dei ricordi

Sicuramente.

Cosa potrebbe contenere? Una conchiglia, un fiore secco, un tappo di spumante? Quelli sono i tuoi ricordi, i ricordi di Enzo, che mostrerai ai tuoi amici, alle persone più care. Io invece ho deciso di mostrare i miei a tutti, indistintamente. Tu giustamente dici “la fotografia è già se stessa un ricordo”. Ma non richiede elaborazione mentale nella ricostruzione del ricordo. Ad esempio se prendi una foto del natale del 1982 vedi che all’epoca un tuo parente era vivo, un altro non era ancora nato, un altro mancava perché impegnato altrove. Ma se di quel giorno tu prendi un tappo di spumante con su annotata la data di quando fu stappata la bottiglia, devi ricostruire il ricordo. Bene, la fotografia ti dà il ricordo già confezionato.

Mentre tu il ricordo preferisci confezionarlo…

Sì!

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IL REIKI MASTER LUCIA FATTORE CI SPIEGA COSA È IL REIKI

In una società come la nostra sempre più allo sbaraglio in quanto priva di punti di riferimento stabili o, laddove ci fossero, talmente fragili che basta un nulla perché si dissolvano come neve al sole, è in costante aumento il numero di persone alla ricerca di stabilità interiore e fisica che non esita a rivolgersi alle discipline alternative come lo yoga, lo shiatsu, il reiki e altro per ritrovare se stesse. Purtroppo anche in questo settore abbondano disonesti e cialtroni che, approfittando delle fragilità e insicurezze della gente, mirano ad arricchirsi o ad appagare le proprie smanie recondite a danno di chi vi si rivolge speranzoso. Per cercare di fare luce su questo mondo affascinante ma tuttora ignoto, ci siamo rivolti al reiki master Lucia Fattore.

Lucia da quanti anni sei reiki master?

Da venti anni, ma mi occupo di tecniche naturali da quarant’anni.

Cosa è esattamente il reiki?

Il reiki è una tecnica naturale di riequilibrio energetico. Fra noi addetti diciamo che si tratta di una tecnica di guarigione perché riequilibrando il nostro sistema energetico si aiuta quanti vi si rivolgono a stare meglio e quindi a guarire prima o a non ammalarsi. […]

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ALDO ADINOLFI E IL SUO RICORDO FOTOGRAFICO

Sabato 1 febbraio all’ARTGARAGE di Pozzuoli si è inaugurata la mostra fotografica IL RICORDO di Aldo Adinolfi. Le foto risalgono al 1982, poco prima della nuova sequenza di bradisismo. Come più di un esperto e appassionato di fotografia ha commentato ammirandole, esse non documentano solo la darsena e il porto di Pozzuoli com’erano all’epoca, ma sono un vero e proprio quadro della società di quegli anni. A testimoniarlo le tante vetture di fabbricazione italiana che si intravedono negli scatti. Così come le foto dei maestri d’ascia Vallozzi che per anni hanno costruito gozzi in maniera artigianale nel loro laboratorio dietro alla darsena, la cui attività oggi non esiste più.

L’esposizione sarà visitabile fino al 22 febbraio, dal lunedì al venerdì dalla 10 alle 22, e il sabato dalle 10 alle 19,30. Per l’occasione abbiamo posto alcune domande all’artista.

Aldo perché hai deciso di fare una mostra con foto della darsena di Pozzuoli risalenti agli anni ottanta anziché proporre qualcosa di nuovo e diverso, visto che hai girato mezzo mondo?

Perché con queste foto ebbe inizio la mia attività di fotografo e poi perché non sono foto generiche ma scatti che documentato uno spaccato di Pozzuoli molto caro ai puteolani, la darsena appunto, che oggi è totalmente cambiata, i suoi pescatori e i maestri d’ascia che l’arricchivano con la loro presenza. Fino all’ottantadue la mia attività di fotografo si limitò a documentare e catalogare i beni archeologici di Pozzuoli per conto del comune. A seguito del bradisismo decisi che fosse il caso di immortalare la città così com’era prima che cambiasse completamente aspetto. […]

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MATTEO BICCARI, UN ESORDIO DA APPLUASI A SCENA APERTA.

Sabato 25 gennaio sul palcoscenico del Teatro Sala Moliere, all’Art Garage di Pozzuoli, con la prima dello spettacolo CLOWNFERENCE, un monologo tratto da testi di Cechov e Nando Paone, per la regia di Nando Paone, ha fatto il suo esordio in scena da protagonista il giovane Matteo Biccari.

Nonostante la brevità del monologo, quaranta minuti, il copione ha permesso al numeroso pubblico in sala di apprezzare le notevoli doti recitative di Matteo che si è esibito in abiti da clown, salutandone l’intensa e articolata interpretazione con una standing ovation finale a cui si sono aggiunti i complimenti del regista Nando Paone visibilmente soddisfatto per la performance dell’allievo. […]

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ANTOGRAFIA 2014-2019: LE FOTO DI ENZO ZANNINI

Sabato 18 gennaio a Pozzuoli negli spazi di ArtGarage s’è inaugurata la mostra fotografica di Vincenzo Zannini ANTOGRAFIA 2014-2019. La mostra sarà visitabile gratuitamente fino a venerdì 31 gennaio, tutti i giorni esclusa la domenica: dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 22; sabato dalle 10 alle 13 e dalla 16 alle 20.

Per l’occasione abbiamo posto alcune domande all’artista.

Enzo osservando le foto esposte colpisce il forte contrasto di chiaro scuro che gli attribuisce una nota gotica, e la sovrapposizione tra antico e moderno: come nasce la scelta per tale commistione?

Nasce da un mio pensiero inerente la decadenza della società attuale. Per quanto mi riguarda identifico la decadenza del passato nelle rovine archeologiche; quella della società attuale nella modernità che non è affatto sinonimo di evoluzione ma sempre più spesso racchiude la decadenza dei valori morali. Da qui l’idea di unificare antico e moderno per intendere che, malgrado lo scorrere del tempo, nulla è cambiato. La potremmo definire una visione pessimistica!

Da dove trae origine questa tua visione? […]

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enzo e salvatore

SALVATORE GRECO E LA GROTTA DELLA DRAGONARA DI BACOLI

Dopo aver letto l’intervista che feci molti anni fa a Carlo Santillo l’allora custode della pseudo grotta della Sibilla sul lago d’averno, la scrittrice Annamaria Varriale mi chiese se conoscessi la Grotta della Dragonara a Bacoli e fossi interessato a intervistare Salvatore Greco il custode. Questa è l’intervista effettuata a Salvatore mentre ci accompagnava nella grotta.

Salvatore da quanti anni vi preoccupate della grotta?

Da circa una ventina d’anni. Ma vi vengo da quando ero ragazzino: durante la seconda Guerra Mondiale, la grotta fu utilizzata come rifugio. Vi entravano circa duecento persone. Per quasi un mese vi entrammo e uscimmo per ripararci dai bombardamenti. Per renderla vivibile i nostri genitori dovettero coprire le vasche d’acqua sorgiva con palate di terra.   

A che epoca risale la grotta?

Tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo. La grotta originariamente era una cisterna d’acqua al servizio della flotta romana di stanza a Miseno. Diversamente dalla Piscina Mirabile in cui l’acqua veniva riversata per far fronte alle esigenze militari, questa è una sorgente naturale dove veniva raccolta anche l’acqua piovana.

Come avete iniziato questa attività?

Per lavoro e per passione mi trovai a partecipare agli scavi per liberare la grotta dal terreno che la ricopriva. La prima volta fu negli anni settanta, quindi nel 2006 con l’arrivo dei soldi della comunità europea. In questo secondo caso lavorammo di buona lena, impiegando oltre due anni e mezzo per liberare la grotta dal terreno che vi era stato accatastato o gettato dall’alto attraverso le aperture ancora visibili sulla volta. Ogni giorno uscivano dalla grotta trentacinque camion carichi di terreno. Ora potete ammirare le vasche colme d’acqua ma all’epoca era tutto ricoperto da terra e sabbia. E poi, scavando, abbiamo trovato tanti reperti appartenenti alla Villa di Lucullo costruita sul terreno soprastante la grotta. Chi li aveva scaricati non aveva capito di cosa si trattasse e del valore che avessero quei resti. […]

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ANNAMARIA LIBRO

LA SCRITTRICE/POETESSA ANNAMARIA VARRIALE SI RACCONTA

Mercoledì 22 gennaio alle ore 17,30 presso la Biblioteca Comunale di Bacoli, a Villa Cerillo, si presenterà il volume di poesie L’INCERTO VOLO DELL’ANIMA di Annamaria Varriale, edito da HOMO SCRIVENS. Relatori: Nicola Magliulo e Costanzo Ioni. Modererà Aldo Putignano.  Musiche di Elda Salemme.

Interverrà il Sindaco di Bacoli Josi Gerardo Della Ragione.

Per l’occasione abbiamo intervistato l’autrice.

Annamaria Varriale si sente più una poetessa prestata alla narrativa o viceversa?

In verità non saprei rispondere, per me hanno importanza e valenza uguale. Scrivo e, a seconda del momento e del bisogno che ho di comunicare i miei stati d’animo e sentimenti, alterno l’una e l’altra.

Il primo amore è la narrativa o la poesia?

Probabilmente la poesia visto che fin da che ero bambina mi divertivo a scrivere poesiole.

Da dove nasce la voglia di pubblicare una raccolta di poesie dopo un romanzo che ha riscosso e sta riscuotendo tanti consensi sia di pubblico che di critica? (ERAVAMO TANTO RICCHI ha avuto una bella recensione dal regista Pupi Avati) […]

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OMAGGIO A CARLO SANTILLO IL CARONTE DEL LAGO D’AVERNO.

Con piacere e nostalgia ripropongo l’intervista che nel 2004 feci a Carlo Santillo, il Caronte della Grotta della Sibilla sul Lago d’Averno, per conto del BOLLETTINO FLEGREO allora diretto dal professor Antonio Alosco. Purtroppo da diversi anni don Carlo ha sospeso l’attività causa gravi problemi di salute dovuti non solo all’umidità della grotta. Oggi la Grotta è in assoluto stato di abbandono e degrado. Che io sappia non si prevede di riaprirla!

Ancora oggi, a distanza di oltre cent’anni, sul lago d’Averno esiste una figura per tanti aspetti mitica che, nonostante la veneranda età, si prodiga con tutte le sue forze per proseguire una tradizione familiare ufficialmente iniziata verso la fine del XIX secolo. Stiamo parlando di Carlo Santillo, ACCOMPAGNATORE DELLA GROTTA DELLA SIBILLA IN LOCALITA’ AVERNOcome è segnato sul biglietto da visita dietro cui don Carlo ha fatto stampare il tracciato da percorrere in auto per raggiungere la grotta da Napoli via tangenziale.

Conobbi don Carlo un pomeriggio di giugno 2004 mentre passeggiavo intorno al lago godendomi la quiete del posto. Giunto all’altezza del viale che conduce alla grotta, la mia attenzione fu attratta da una comitiva di ragazzi che dal sentiero si riversava sulla via. Incuriosito mi incamminai sul viottolo ombrato da una fitta vegetazione. Percorso pochi metri, giunsi davanti alla spelonca. All’interno scorsi un uomo anziano spazzare con cura l’atrio illuminato dai riverberi di luce. Continuando a ramazzare, l’uomo volse su di me il viso magro adorno di occhialini attraverso cui scintillavano gli occhi sottilmente indagatori. Un berretto da caccia gli copriva il capo. Nonostante il caldo indossava un giubbetto di stoffa per proteggersi dall’umidità che ristagnava nella grotta.

“Buongiorno”, mi salutò accatastando al suolo un mucchio di sporcizia. “Volete visitare la grotta?”

“Sono solo e non voglio disturbarvi”.

“Nessun disturbo. Lasciatemi finire e vi accompagno.”

Zoppicando si avvicinò a una nicchia scavata nella roccia per prendere da una cassa di legno la paletta.

“Da poco è andata via una scolaresca, forse l’avete incrociata venendo” disse raccogliendo con fare certosino la spazzatura. “I turisti non hanno alcun rispetto, disseminano mozziconi e cartacce dappertutto. E a me tocca ogni volta ripulire perché la grotta sia presentabile”.

“La grotta è vostra?”.

“No. Io faccio solo l’accompagnatore. Venite!”

Lo seguii verso la parete interna del cunicolo dove era infissa una mensola con su poggiate delle lampade da campeggio. Ne accese una e me la porse. “Tenete, senza queste non si va da nessuna parte. State attento a non bruciarvi.” Ne accese un’altra per sé, prendendo anche quella spenta, aggiungendo: “Per emergenza, non si può mai sapere!”

Accompagnati da quell’incoraggiante viatico ci avviammo incontro al mistero. Man mano che avanzavamo nel buio alla luce delle torce, don Carlo mi parlò della grotta.

“Scoperta durante gli scavi archeologici promossi dai Borbone nel 1750 e successivamente nel 1792, la grotta è lunga duecentocinquanta metri ed è famosa per la sua discesa agli inferi, un budello scavato a gomito nella roccia che conduce a un corso d’acqua. In passato il fiumiciattolo si guadava trasportati sulle spalle di un moderno Caronte per visitare le stanze della Sibilla sull’altro versante oggi raggiungibile a piedi.”

“Chi era questo moderno Caronte?” chiedo incuriosito.

“Lo stesso accompagnatore! Fino al 1930, epoca in cui mio padre completò l’intero scavo del cunicolo, consentendo l’ingresso alle stanze direttamente a piedi, la grotta era lunga circa la metà, e per giungere lì dove si presume fosse la Sibilla bisognava attraversare il corso d’acqua sul fondo della cavità” dice fermandosi davanti a un cunicolo che si incunea nelle parete.“Vi faccio strada!” […]

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