Da quel maledetto 7 ottobre 2023, giorno in cui Hamas sferrò un attacco durante il festival musicale Supernova nel deserto del Negev, nel sud di Israele, uccidendo almeno 1200 israeliani e rapendone 253 tra cui alcuni bambini, la risposta militare israeliana per stanare e distruggere hamas è stata considerata da molti governi smisurata, perfino da quello americano alleato storico di Israele.

Guerra ad Hamas: mentre nel mondo i giornali accusano apertamente Israele di genocidio, la stampa italiana – non tutta – cerca sinonimi per non irritare il governo Netanyahu

 

Non è vero che tutti gli israeliani sono antipalestinesi al punto da definire i palestinesi ratti, come ci informa Shane Baurer nel suo articolo LA GUERRA SANTA DEI COLONI apparso su The New Yorker e pubblicato sul numero 1559/2024 de L’Internazionale. Basta leggere alcuni degli articoli pubblicati dai giornali israeliani, tra cui Haaretz, riprodotti sul settimanale italiano in edicola il sabato, o guardare le trasmissioni di informazione di qualche tv italiana libera da condizionamenti filoisraeliani per rendersi conto che parte dell’opinione pubblica israeliana è schierata contro il proprio governo e con i palestinesi – sempre Shane Bauer nel suo articolo sopraccitato ci fa sapere che esistono associazioni israeliane che aiutano i palestinesi, subendo a loro volta violenze dall’esercito con l’accusa di collaborazionismo con i terroristi di hamas.

Da quel maledetto 7 ottobre 2023, giorno in cui Hamas sferrò un attacco durante il festival musicale Supernova nel deserto del Negev, nel sud di Israele, uccidendo almeno 1200 israeliani e rapendone 253 tra cui alcuni bambini, la risposta militare israeliana per stanare e distruggere hamas è stata considerata da molti governi smisurata, perfino da quello americano alleato storico di Israele.

Ad oggi i morti palestinesi vittime della caccia israeliana ai terroristi sarebbero oltre 35.000 di cui almeno la metà bambini. L’esorbitante computo di morte e distruzione seminato da Israele sulla striscia di Gaza è frutto di un calcolo cinico che in situazioni normali, ovvero prima del 7 ottobre, considerava ammissibile in nome della salvaguardia d’Israele il sacrificio di 3/4 civili palestinesi per ogni terrorista da uccidere. Dopo quella tragica data, il computo di vittime civili da sacrificare per stanare e uccidere un terrorista di hamas è lievitato in maniera esponenziale.

Ciò ha determinato l’accusa di genocidio nei confronti di Israele da parte del Sud Africa. E di genocidio accusano Israele molti giornalisti occidentali tra cui la giornalista e scrittrice Naomi Klein la cui opinione è riportata a pagina 39 dell’Internazionale numero 1558/2024.

In Italia se qualcuno si permettesse di accusare Israele di genocidio rischierebbe come minimo l’accusa di antisemitismo. In altre parti del mondo, invece, molti giornalisti, personalità della cultura e dello spettacolo lo fanno senza alcun timore, anche perché in quei paesi la stampa è davvero libera e funge da cane da guardia del potere. Qui da noi, invece, una certa stampa sembra essere lo zerbino del potere, riportando quanto le viene imposto di riferire come sembra facciano molti giornali e telegiornali italiani.

La mattanza umana in corso nella striscia di Gaza, dove hanno perso la vita anche operatori umanitari internazionali e giornalisti molti di nazionalità palestinese – a quelli stranieri è vietato l’accesso nell’area probabilmente per evitare che la verità venga resa pubblica e il governo israeliano subisca ulteriori critiche per i crimini che sta commettendo contro i palestinesi – alimenta il dubbio che per il governo israeliano tutti i palestinesi, inclusi i bambini, sono potenziali terroristi per cui è giusto sterminarli prima che crescano  e possano dare vita ad ulteriori attentati.

Se a ciò aggiungiamo le violenze che subiscono i palestinesi dal 1948, ossia da quando, subito dopo la fondazione dello Stato di Israele iniziò la guerra arabo-israeliana con l’occupazione dei territori arabi da parte israeliana, ricordata dai palestinesi con il termine Nakba, è forte la sensazione che per alcuni israeliani,  – i sionisti che da anni si appropriano senza scrupoli delle terre dei palestinesi con il sostegno dei militari – l’orrore dell’olocausto vissuto dal popolo ebraico durante il nazifascismo è il paravento dietro cui celarsi per giustificare i propri crimini e nefandezze contro i palestenisi.

C’è una tale contraddizione in questo atteggiamento israeliano verso i palestinesi che non stupisce se in tanti si domandino come sia possibile che una nazione in passato vittima dell’olocausto possa a sua volta avere atteggiamenti intransigenti, razzisti e criminali verso un altro popolo distruggendogli le case, requisendogli le terre, tagliandogli le fornuture d’acqua, impedendo agli aiuti umanitari di portargli un minimo di conforto costringendolo a una diaspora.

Di conseguenza non stupiscono le manifestazioni studentesche pro-Palestina in corso in tutto il mondo occidentale. Si presume che gli studenti, soprattutto quelli universitari, la storia la conoscano bene. Le loro proteste, sedate con la violenza dalla polizia sia in stati dove governa la destra (Italia) che la sinistra (?) (USA) sono la conferma che, per quanto l’informazione possa essere pilotata dai cosiddetti poteri forti affinché l’opinione pubblica accetti pedissequamente una certa verità, ci sono delle fasce di libertà – internet e i social – dove l’informazione alternativa e vera trova spazio per sconfessare quella ufficiale.

Se si fosse proprietari di un palazzo e un giorno il governo venisse a requisire un appartamento per darlo a una famiglia senza casa e se, subito dopo aver preso possesso dell’appartamento requisito, quella stessa famiglia iniziasse a occupare tutti gli altri appartamenti con la forza, i legittimi proprietari dello stabile se ne starebbero a guardare o reagirebbero per riapprioparsi di quanto gli appartiene?

Seppure ho semplificato in maniera estrema, è quanto stanno facendo dal 1948 i palestinesi che si ribellano agli espropri territoriali di Isreale (non a caso si parla di territori occupati)

In risposta a Netanyahu che il 24 aprile, commentando le proteste pro-palestinesi nei campus americani, disse “Tutto questo mi ricorda le università tedesche negli anni trenta”, il senatore Bernie Sanders, democratico ed ebreo, ha risposto: “Non è antisemita chiedere conto delle sue azioni, signor Netanyahu” […] “No, signor Netanyahu non è antisemita o pro-Hamas sottolineare che, in poco più di sei mesi, il suo governo estremista ha ucciso 34 mila palestinesi e ferito più di 78 mila, il 70 per cento dei quali sono donne e bambini.”

Sanders concluse il suo intervento con una frase che non merita ulteriori commenti: “Signor Netanyahu, l’antisemitismo è una forma vile e disgustosa di fanatismo che ha portato dolore per milioni di persone. Ma, per favore non insulti l’intelligenza del popolo americano ( e del mondo intero, ndr) con il tentativo di distrarci dalle politiche immorali e illegali del suo governo estremista e razzista. Non è antisemita chiedere conto delle sue azioni.”

Tutto questo in Italia si può dire e diffondere o facendolo si rischia l’accusa di antisemitismo, qualche manganellata o addirittura il pestaggio da parte di prsesunti fanatici filoisraeliani come sarebbe successo allo chef Rubio?