Venerdì 10 marzo a Quarto, nella sala Giancarlo Siani di Casa Mehari, si è presentato il mio ultimo romanzo L’Ultima Notte (Edizioni Helicon), rielaborazione dell’omonimo racconto pubblicato nel 1997 con Tommaso Marotta Editore. Relatori la dottoressa Barbara Melcarne e il giornalista Ciro Biondi.

Presentazione de “L’Ultima Notte” a Casa Mehari

Venerdì 10 marzo a Quarto, nella sala Giancarlo Siani di Casa Mehari, si è presentato il mio ultimo romanzo L’Ultima Notte (Edizioni Helicon), rielaborazione dell’omonimo racconto pubblicato nel 1997 con Tommaso Marotta Editore. Relatori la dottoressa Barbara Melcarne e il giornalista Ciro Biondi.

 

Prologo

Dal ripiano del tavolo la lampada illuminava l’interno della casa affacciata sul mare, proiettando sulla parete

l’ombra del vecchio pescatore assorto a scrivere su un quaderno. Quando finì rilesse, avvolto in una nuvola di fumo che gli usciva dalle narici, con le sopracciglia corrucciate, schiacciando sulle assi del pavimento il mozzicone del sigaro: L’amore ha il potere di fissare il passato in eterno presente.

Dopo aver letto, l’uomo trasse un profondo respiro. Chiuse il quaderno, si alzò e andò alla finestra per osservare, attraverso i vetri graffiati dalla pioggia, l’imperversare della tempesta. Un fulmine tracciò nell’aria una scarica luminosa. Il bagliore squarciò le tenebre, illuminando in lontananza il mare ingrossato infrangersi sulla scogliera. L’assordante boato di un tuono fece tremare i vetri. Dal fondo del cortile si levò l’abbaiare di Julab, il suo cane. Il vecchio pescatore sorrise pensando all’animale con cui da tempo condivideva la solitaria esistenza. Lo aveva trovato una mattina di molti anni prima, mentre, dopo una mareggiata, camminava lungo la spiaggia per vedere cosa vi avesse depositato il mare. Dal relitto di una barca riverso sulla riva giungeva un guaire. Si era avvicinato al rottame: all’interno vi era un cucciolo tutto bagnato e impaurito. “E tu chi sei?” aveva domandato tirandolo fuori, mentre per quanto di loro competenza. lo accarezzava per calmarlo. L’aveva chiamato Julab e da quel giorno divenne l’unica sua compagnia. L’ennesimo fulmine lacerò le tenebre seguito da un tuono più fragoroso del precedente. L’uomo non poté fare a meno di rabbrividire: pur essendo nato e avendo vissuto sempre sull’isola, non ricordava una burrasca tanto violenta. “Forse è un segno”, pensò. Scrollando il capo, si andò a sdraiare sul letto accostato alla parete ad angolo con la finestra. […]

 

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