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LO SCUGNIZZO

Questo racconto è stato scritto per le celebrazioni che QuiCampiFlegrei.it sta dedicando alle Quattro Giornate di Napoli. Esso è un omaggio ai tanti scugnizzi che in quelle drammatiche giornate sacrificarono impavidamente la vita per liberare la città dal giogo nazifascista. I fatti e i personaggi narrati sono esclusivamente frutto della fantasia dell’autore: ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Il suo nome era Pasquale Cafiero, classe 1930, ma tutti lo chiamavano “lo scugnizzo”. Quel nomignolo gli era stato affibbiato all’epoca della guerra, quando Napoli insorse contro i tedeschi: Pasquale faceva parte di un gruppo di scugnizzi – i ragazzini del popolo – che tra il 27 e il 30 settembre del 1943 combatterono al fianco dei partigiani contro i nazifascisti, dando vita alle Quattro Giornate di Napoli!

Di lui si sapeva che era un pensionato delle poste, che era vedovo e aveva due figli – un maschio, Giuseppe, e una femmina, Assuntina -, nonché una sfilza di nipoti e qualche pronipote. Le sue abitudini erano ben radicate: si alzava tutte le mattine alle cinque; metteva sul fuoco la macchinetta del caffè; andava in bagno per farsi la barba; tornava in cucina, versava il caffè nella la tazzina e andava nel soggiorno dove accendeva la televisione; si sedeva in poltrona e restava a guardarla fino a quando non arrivava Assuntina con il giornale e il solito cornetto mignon alla crema.

Dopo aver fatto colazione e sfogliato il quotidiano, verso le dieci si vestiva e scendeva per la solita passeggiata intorno al palazzo. Chiunque lo incrociasse, faceva un leggero inchino, salutandolo:

<<Buongiorno, scugnizzo!>>.

<<Buongiorno>> rispondeva, abbozzando un sorriso.

Rientrava a casa per la mezza perché all’una doveva pranzare. Dopo mangiato, salutata Assuntina, si metteva sul letto e riposava fino alle cinque. Al risveglio, accendeva nuovamente la televisione e restava incollato davanti allo schermo fino alle sette, quando la figlia gli portava la cena. Finito di mangiare, si infilava il pigiama e se ne andava a letto, continuando a guardare la tv da sotto le lenzuola. Spesso si addormentava con il televisore acceso, costringendo i vicini durante la notte a picchiare in maniera esasperata i pugni sulla parete perché lo spegnesse.

La vita di Pasquale si svolgeva in fotocopia ogni giorno dell’anno, incluse le feste quando i figli lo andavano a trovare con la famiglia.

Il 27 settembre, però, le sue abitudini cambiavano. […]

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PE’ ‘E STRADE ‘E NAPULE

Lo scritto che segue è l’introduzione di uno ben più ampio che mi è stato chiesto di curare per spiegare il lavoro che stiamo facendo al Corso di Fotografo Pubblicitario coordinato da Mario Carotenuto presso il Consorzio Nuove Frontiere. Poiché in questa fase di stesura ho potuto dare spazio alla fantasia, non avendo finora mai scritto considerazioni su Napoli, ho ritenuto opportuno pubblicarlo.

La strada non è semplicemente il tracciato degli spostamenti umani da un luogo all’altro del pianeta; la strada è un intreccio di sguardi, di vite, di destini che hanno dato origine alla nascita e all’evoluzione della società. Un percorso articolato di anime che, avanzando originariamente verso l’ignoto, lasciavano una traccia indelebile del proprio passaggio, tracciando la via alle generazioni future, edificando lungo il cammino strutture di servizio necessarie per sé e per quanti li avrebbero seguiti, garantendosi un posto dove fare acquisti, mangiare, dormire, riposare, svagarsi.

In questa logica dove il vocabolo spostamento assurge a sinonimo di incontro e comunicazione, ma prima ancora di vita e sviluppo, ecco che non a caso uno dei principali corrispondenti del termine strada è arteria. Parola medica che indica un vaso comunicante tra gli organi del corpo umano di vitale importanza per il buon funzionamento dello stesso. […]

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