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UNA PIZZA CON PAPÀ, TRENTACINQUE ANNI DOPO

Ieri mattina, approfittando che era il secondo giorno di zona gialla e ci si poteva spostare da un comune all’altro senza l’incubo che le forze dell’ordine ti fermassero e ti chiedessero l’autocertificazione per giustificare dove andavi, decisi di farmi un giro per Napoli.

Con la mascherina sul viso, presi la metro e scesi a Piazza Amadeo per passare dalla Feltrinelli e dare uno sguardo alle novità librarie.

Malgrado il cielo fosse parzialmente nuvoloso, visto che non pioveva, una volta uscito dalla libreria, decisi di allungarmi a piedi fino e Piazza Garibaldi per prendere la metro alla stazione centrale e rientrare a casa.

Alla fine di Corso Garibaldi fui colto da un moto di nostalgia ripensando all’epoca in cui lo percorrevo in senso inverso in compagnia di papà per andare a lavoro, quando fui assunto come stagionale presso il negozio di giocattoli dove lui lavorava da che era ragazzo.

In quell’attimo con la mente riandai al giorno in cui, durante la pausa pranzo, andammo mangiare insieme una pizza in un locale storico nei pressi del capolinea della circumvesuviana: io ordinai una margherita, lui la solita marinara.

Quando finimmo, mi chiese se volessi qualche altra cosa. “Una marinara” risposi.

Ricordo con quanta gioia mi fissò mentre divoravo la seconda pizza e il divertimento con cui raccontò l’episodio ai colleghi quando rientrammo.

“Giarritiè, a stu figlio tuo è meglio a lo fa nu vestito che a lo invità a pranzo” disse divertito Orlando il cassiere.

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