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La debolezza di Obama e la sicurezza di Israele.

Post n°8 pubblicato il 11 Maggio 2009 da Antares_89
 
Foto di Antares_89

Il cambio di rotta nella politica americana, tanto auspicato dalla sinistra e applaudito da chi aveva in odio profondo l'ex Presidente Bush, non è piaciuto proprio a tutti. Anzi, a qualcuno proprio per niente. In particolare, le recenti aperture di Obama al regime iraniano stanno rischiando di aggrovigliare sempre più una situazione mediorientale che proprio il candidato democratico aveva promesso di sciogliere. Il capo del Mossad, il servizio segreto israeliano, ha dichiarato che alcuni aspetti della nuova politica americana mettono a rischio la sicurezza interna di Israele. E in questa frattura fra USA e Gerusalemme si è infiltrato Ahmadinejad, lanciando segnali di pace all'America ma intensificando le sue invettive contro Israele. La situazione è oltremodo tesa, e basterebbe niente per scatenare un nuovo conflitto nei Territori, che darebbe a Israele l'occasione di lanciare il tanto a lungo progettato raid aereo sugli impianti nucleari iraniani. Un raid che non cancellerebbe, probabilmente, le possibilità atomiche dell'Iran, ma che obbligherebbe Obama a intervenire al fianco di Tel Aviv nell'eventuale conflitto, mandando a monte tutti i progressi fatti nei rapporti con Teheran. Il Presidente americano è nei guai, poiché l'uomo cui aveva appena teso la mano ha catalizzato l'attenzione, durante la conferenza ONU di Ginevra, attaccando il "governo razzista" imposto dai vincitori della seconda Guerra Mondiale alla "Palestina occupata". Una provocazione palese e mirata, con cui il dittatore iraniano intendeva cogliere principalmente tre obiettivi. Cioè sfruttare l'indignazione del mondo islamico per il comportamento dei soldati israeliani durante la recente campagna militare, il cosiddetto 'effetto Gaza', tramutare il congresso delle Nazioni Unite in una pubblicità personale per le prossime elezioni presidenziali di giugno e affermare a chiare lettere che nella partita per il nucleare è lui che comanda. Oltre a questi obiettivi, la più grande vittoria dell'ex pasdaran è stata dividere l'Occidente: infatti, solo alcuni Paesi, fra cui USA e Italia, hanno seguito Israele nel boicottaggio di Durban 2, mentre altri Paesi europei non si sono fatti problemi ad accettare le feroci e velenose invettive antisemite di Ahmadinejad. Che, al termine del suo personale comizio, ha lasciato cadere una maliziosa apertura all'America, dichiarandosi disposto a trattare, e di essere interessato al nucleare solo per scopi civili. Dimostrando un notevole acume politico, il Presidente iraniano ha messo il collega statunitense con le spalle al muro. Ora Obama deve scegliere: o persiste nel cercare il dialogo con l'Iran, nel tentativo di districarsi dall'impiccio mediorientale, o smentisce le proprie parole e torna sui suoi passi, per evitare una gravissima crisi con Israele. Il rischio è che emergano i dissidi fra Washington e Tel Aviv su come trattare l'Iran, finora nascosti e insabbiati dall'amicizia che lega i due popoli. E' evidente che Netanyahu e Lieberman considerano assurde le avances della Casa Bianca, e il Mossad ritiene la nuova politica di Obama un vero problema di sicurezza nazionale. Nessun dubbio che se l'Iran si avvicinerà alla bomba atomica Gerusalemme, se necessario, agirà da sola, sempre che la prova non sia troppo grande per la sua sola aviazione. Nel qual caso il dilemma di Obama sarà tra assistere immobile all'esplosione della polveriera mediorientale oppure intervenire al fianco di Israele per difenderla dalle immediate rappresaglie islamiste, dichiarando guerra a quel Paese cui aveva appena offerto (clamorosamente) il calumet della pace. Ma se le azioni di Ahmadinejad possono avere una motivazione, cioè le ormai prossime elezioni e la naturale follia antiebraica del Presidente, non si comprende quale sia l'intenzione di Obama. A quanto pare, pur di sganciarsi dalla politica del suo predecessore, ha perso completamente la rotta nel burrascoso mare della politica mediorientale. Lo capirebbe anche un bambino che l'unico modo per trattare con dittatori come Ahmadinejad è il pugno di ferro, la durezza. Con la sua ingiustificata prostrazione Obama si è dimostrato debole, e ha dato al Presidente iraniano la possibilità di mostrarsi invincibile. E c'è da scommettere che i suoi concittadini lo rieleggeranno, a giugno, mentre tutto il mondo del fondamentalismo islamico troverà in lui un nuovo condottiero: un eroe che vuole distruggere Israele e di fronte al quale anche gli odiati Stati Uniti hanno dovuto inchinarsi. Certo, è triste che una proposta di pace sia accolta così, almeno da una parte dell'opinione pubblica. Come, cioè, un segno di debolezza. Purtroppo, però, il porgere l'altra guancia, nel pieno spirito cristiano, non è la strategia più adatta in politica, soprattutto quando si è costretti a trattare con dittatori senza scrupoli, che sfruttano ogni occasione per accrescere il proprio potere e la propria presa politica sulle masse. Ed è più che evidente come Ahmadinejad abbia fatto dell'odio cieco la sua principale strategia politica, concentrando su di sé tutte le attese del mondo islamico per una grande vittoria contro l'eterno nemico israeliano. La politica degli 'Stati canaglia' dell'amministrazione Bush, quella dei 'falchi', come la Rice, aveva finora costretto le entità islamiche a volare basso, a non osare troppo. L'attacco alla dittatura di Saddam Hussein e al regime di follia dei talebani aveva dimostrato a tutto il mondo che l'America non avrebbe tollerato altri assalti alla democrazia e alla civiltà: gli Stati Uniti si erano imposti come i condottieri dei Paesi liberi, consentendo anche alla pavida Unione Europea di agire, e rendendo inutili le assurde prese di posizione dell'ONU, sempre pronta a condannare i Paesi occidentali e Israele quanto immobile nei confronti di chi considera Hitler un eroe, massacra migliaia di persone indiscriminatamente e devasta patrimoni artistici inestimabili solo perché non si accordano con la propria religione. Finché Bush era al governo la bilancia pendeva dalla parte della democrazia; adesso che Obama ha chinato il capo la situazione si è capovolta. L'erede del Fürer ha capito che la partita del Medio Oriente la conduce lui, almeno per quanto riguarda i rapporti con gli USA. Perché, grazie a Dio, c'è ancora qualcuno che, con un coraggio con pochi precedenti nella storia, si erige contro la potenza islamica. Come i Cavalieri di Malta si opposero, da soli, allo sterminato esercito della Sublime Porta, nel 1565, così oggi Israele si trova isolata. Ma non rifiuterà la tenzone, nonostante il nemico sia tanto più numeroso e feroce. La debolezza di Obama è davvero un pericolo per la sicurezza israeliana, perché potrebbe rendere il dittatore iraniano tanto sicuro della propria invincibilità da essere così pazzo da attaccare. A quel punto l'Occidente non potrebbe rimanere immobile, neanche se le sinistre di tutto il mondo, con la solita idiozia, si opponessero. Sarebbe la fine dell'Iran e di tutti coloro che con l'Iran si alleassero. Il prezzo da pagare sarebbe, però, la distruzione di Israele e la morte di milioni di persone, in quella che potrebbe a ragione essere definita la Terza Guerra Mondiale. E una delle cause sarà, nel caso, la testa chinata del Presidente americano. Spero solo di essere troppo pessimista.

 
 
 
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