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Post n°357 pubblicato il 06 Ottobre 2014 da e_d_e_l_w_e_i_s_s
 

 

 

" A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera.
 Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924.
 Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana."

Ines Viviani Donarelli


Un salto all'indietro di novant'anni.

Si chiamava URI, vent’anni dopo si chiamerà RAI.

Passeranno due anni  prima di raccontare in diretta la partita di calcio Italia- Ungheria.
Ne passeranno sei e da Torino e Milano arriva il primo GiornaleRadio.

Darà anche l’annuncio della fine della seconda guerra.







































Era un lusso averla in casa.
Quasi un sogno.
E quel sogno dell' italiano medio mi riporta a nonno.

Lui, arrotondando la notte le lire del suo salario, entrava fiero nel negozio per acquistarla e s’inorgogliva ospitando amici e parenti intorno al tavolo per ascoltarla, raccontava.

Poca informazione, molta musica.

Le fece costruire  su misura e dal falegname più rinomato un mobiletto in legno chiaro e lucido, moderno,  diceva.

La copriva ogni sera con un tappetino orientaleggiante perché non prendesse polvere.
Ci sistemò di fianco una sedia con il cuscino.




Andò in guerra.
Quella radio nonna non la toccò mai.
Timorata e timorosa, incredula che da quelle tante fessure uscisse una voce umana.

Nonno tornò dalla guerra e la radio riprese a suonare.


Passarono gli anni ma la radio, modernizzandosi nelle forme, restò sempre sullo stesso mobiletto, diventato meno lucido.

La sedia sparì e al suo fianco ci mise una poltrona di cuoio marrone consumata  dal tempo e nel tempo.

 
Non volle mai barattarla con la televisione.

Litigò con nonna, ma non cedette perché nulla come la radio offre alle persone la capacità di immaginare la realtà, ne era convinto.

Nacquero i miei fratelli e nacqui io, crescemmo, imparammo a riconoscere la voce di Zavoli e di Biagi, di Montanelli  e di Corrado, ascoltando in silenzio il * suo * GiornaleRadio.

 

 

Era un lusso averla in casa.
Quasi un sogno.
E quel sogno dell' italiano medio mi riporta a nonno.

Lui, arrotondando la notte le lire del suo salario, entrava fiero nel negozio per acquistarla e s’inorgogliva ospitando amici e parenti intorno al tavolo per ascoltarla, raccontava.
Poca informazione, molta musica.
Le fece costruire  su misura e dal falegname più rinomato un mobiletto in legno chiaro e lucido, moderno,  diceva.
La copriva ogni sera con un tappetino orientaleggiante perché non prendesse polvere.
Ci sistemò di fianco una sedia con il cuscino.

 

 
 
 
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