Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

 

Il monaco e l'abito

Post n°311 pubblicato il 04 Luglio 2008 da lilith_0404

Questa faccenda del grembiulino a scuola, mia mamma l’avrebbe sicuramente approvata senza riserve. E non certo per considerazioni più o meno ideologiche, ma proprio perché lo considerava necessario a proteggere i vestiti, ed era talmente nella sua forma mentis  che il grembiule, anche a casa, è stato parte integrante del mio abbigliamento abituale fino all’adolescenza inoltrata.

Io poi, di fronte alle polemiche che ho letto in questi giorni, sono rimasta inizialmente interdetta: credevo che l’obbligo fosse stato reintrodotto, senza tanto clamore,  già dall’anno scorso;  ricordo infatti che mia cognata aveva dovuto precipitarsi a comprarlo giusto alla vigilia del primo giorno di scuola, per la sua bambina che cominciava la prima elementare: una cosa molto vezzosa, a quadrettini bianchi e gialli, con ricami al corpetto e alle tasche.

Nulla a che vedere con il severo grembiule nero che si usava ai miei tempi. Ci pensavo proprio nei giorni scorsi,  vedendo la foto nel post n. 360 di Carpediem: ne ho una quasi identica,  una ventina di bambini in grembiule e blusa nera, allineati su due file, in posa per la foto ricordo della seconda elementare.

Eppure, nonostante la ‘divisa’ che li avrebbe dovuti rendere ‘uniformi’, le differenze tra l’uno e l’altro sono innegabili e saltano immediatamente all'occhio: c'é quello con il colletto bianco di pizzo, con un fiocco grande e ben costruito, e quello col colletto a sghimbescio, quello che si tiene dritto e impettito e quello che sta con le spalle curve e la testa bassa, quello col fiocco slacciato, e quello con la blusa senza il colletto bianco.

E penso, guardandoli, che non è la divisa a renderli uguali,  ma quello che c’è sotto, dentro al grembiule, a renderli diversi: il diverso ambiente sociale d’origine, la storia familiare e personale di ciascuno, le stesse doti di intelligenza e di carattere, che ciascuno, geneticamente, possiede. E nessun grembiulino può cancellarle.

  

 
 
 

Il nome e la rosa

Post n°310 pubblicato il 27 Giugno 2008 da lilith_0404

What’s in a name? that which we call a rose  
By any other name would smell as sweet.

  

 Così scriveva Shakespeare qualche secolo fa, nell’atto II della sua opera probabilmente più famosa, Romeo e Giulietta.

Per dire che la sostanza delle cose non è condizionata dal nome con cui vengono indicate. Per dire che anche se cambio il termine con cui indico una cosa, quella cosa non smetterà di essere quello che è.

Questa elementare evidenza sembra non essere compresa però dall’attuale ministro dell’interno, che si affanna a dichiarare che prendere le impronte digitali ai bambini sulla base della appartenenza aduna certa etnia piuttosto che ad un’altra non è ‘una schedatura etnica’.

Va bene.

Chiamiamola pure in un altro modo.

Ma la puzza che emana rimane la stessa.

 
 
 

Spagna batte Italia...

Post n°309 pubblicato il 24 Giugno 2008 da lilith_0404

La partita dell’Italia contro la Spagna non l’ho vista, lo ammetto: di calcio non ne capisco nulla, e se devo dire proprio tutta la verità trovo alquanto noioso vedere,  per dirla con le parole di un mio ex professore , ‘un gruppo di giovani maschi che sgambettano in mutande dietro a una palla su un prato’.  

E ieri, giusto per poter sfottere un po’ un collega che sapevo essere stato incollato davanti al televisore, aprendo internet ho cercato, come prima cosa, di sapere come la partita fosse andata. Preso atto del risultato, ho saltato a piè pari ogni altro articolo che in qualche modo vi facesse riferimento.

Stamattina però, ecco che aprendo la home page del sito de Il Sole24ore, sotto all’articolo della condanna Onu  a Mugabe, ne trovo un altro in cui la sfida calcistica viene assunta addirittura a simbolo di una sfida più ampia,   nell’economia come nella politica, che sarebbe in corso tra Italia e Spagna.

È lo stesso premier spagnolo, Zapatero, a stabilire il parallelismo.  “«Pochi mesi fa abbiamo superato un paese amico e caro come l'Italia in reddito pro-capite, ieri abbiamo fatto il sorpasso nel calcio»”: sono parole sue di fronte alle quali il giornalista italiano si consola sottolineando che però il Pil spagnolo quest’anno non andrà oltre il 2%, a fronte del 3,8% registrato l’anno scorso.

Non ricordo e non sono andata a controllare a quanto stiano le previsioni del Pil italiano, ma tutta questa vicenda mi fa tornare alla mente una competizione che tanti anni fa, quando ero ragazzina, opponeva il sindaco del mio paese a quello di un paese vicino, in una gara a chi si fosse dimostrato amministratore più capace e più efficiente.

Qui le dimensioni sono ampliate al livello di due grandi stati europei, ma leggendo mi viene solo da pensare che, gira e rigira, tutto il mondo è paese.

 
 
 

Nellie Bly

Post n°308 pubblicato il 22 Giugno 2008 da lilith_0404

Credo che tutti ci ricordiamo di Phileas Fogg, o per aver letto il libro di Jules Verne, o per averlo almeno una volta visto nei film che lo hanno avuto protagonista. Credevo che l'impresa di Phileas Fogg  fosse  solo, in definitiva, una invenzione letteraria,  come pure la scommessa da lui vinta di compiere il giro del mondo in ottanta giorni, 

Ma come spesso accade la realtà supera la fantasia .

Nellie Bly infatti  non é stata un personaggio letterario, ma una agguerrita  giornalista di New York che nel 1890 il giro del mondo lo portò realmente  a termine, non in ottanta ma in soli 72 giorni, ricevendo al suo ritorno una accoglienza trionfale dal pubblico che aveva seguito la sua impresa dai giornali.  A finanziarla fu infatti quello stesso Joseph Pulitzer che legherà il proprio nome al  prestigioso premio giornalistico che ancora oggi viene assegnato ai giornalisti più rinomati.

Al giorno d’oggi andare da un capo all’altro della terra non è più una cosa tanto difficile.  Anche se non è una impresa che abbia mai  compiuto personalmente, mi capita abbastanza spesso di sentirmi raccontare di terre che stanno dalla parte opposta del globo da persone che le hanno visitate per vacanza o per lavoro, e in aereo, il viaggio si fa ormai nel giro di un giorno.  Ma in un tempo in cui il giro del mondo è diventato una impresa alla portata di tutti, mi piace pensare che sia stata una ragazza a stabilire il record per prima.

 
 
 

La gloria e la chiesa di Adro

Post n°307 pubblicato il 19 Giugno 2008 da lilith_0404

Dalle mie parti si usa la frase  ‘lavorare per la chiesa di Adro’,  e di solito l’espressione é usata in senso negativo, per indicare sostanzialmente che non si sta lavorando ‘gratis et amore dei’, ma che in contropartita del proprio lavoro si desidera ricevere una remunerazione, di qualche tipo.

Questo genere di aspettativa però negli ultimi anni sembra essere sempre più impopolare, e del tutto fuori luogo se  riferita a soggetti mediamente giovani.

E’ invece la norma negli ultimi tempi  che  specialmente  a giovani laureati,  vengano proposti periodi di ‘stage’ più o meno lunghi, spesso anche ripetibili, a zero euro, e senza alcuna prospettiva di consolidare alla scadenza la propria posizione nell’ambito dell’azienda ‘beneficiaria’ della prestazione.  

In questo genere di situazioni mi capita di imbattermi con una certa frequenza, da ultimo proprio in questi giorni l'offerta di collaborazione gratuita é pervenuta da parte di una casa editrice milanese al figlio di un collega, e  la cosa non mi sorprende più.

Quello che invece ancora non  mi era mai successo di vedere e di fronte a cui sono rimasta letteralmente allibita é quello che mi é capitato sotto gli occhi stamattina: un concorso dove i partecipanti devono proporre idee e progetti per il sito di una trasmissione che va per la maggiore su un canale televisivo nazionale.

Un concorso che alla fine, al termine di una selezione, produrrà un vincitore, il quale otterrà, come premio, stando al bando che  ho  letto, nient’altro che la soddisfazione morale di aver vinto, e la segnalazione del proprio nome tra i  credits del sito web della trasmissione.

Quello che si dice, lavorare per la gloria!!!

 
 
 

'Il dottor Livingstone, suppongo...'

Post n°306 pubblicato il 16 Giugno 2008 da lilith_0404

“Poi mi spieghi per bene dove è il posto, perché lo sai che il mio senso dell’orientamento tende a zero  da sinistra”. Così scrivevo qualche giorno fa a d una amica che sta organizzando una cena tra amici in un ristorante in cui non sono mai stata, in un paese qui nei dintorni.

La mia mancanza di senso dell’orientamento è oggetto di battute tra quelli che mi conoscono e si raccontano aneddoti sull’argomento, come quando ho chiesto la strada ad un passante per andare da Piazza Vittoria a Piazza Loggia. Per chi non fosse di Brescia dirò che  le due piazze sono contigue, e all'epoca del fatto lavoravo in città da circa vent'anni.

La mancanza di senso dell’orientamento si somma al mio essere ‘diversamente abile’ in fatto di guida, e questo spiega perché solitamente, quando devo andare in qualche posto che non conosco, finisca col parcheggiare a chilometri di distanza. La giustificazione che cerco di far passare è che mi piace camminare, la  motivazione vera è che a piedi, se sbaglio strada posso semplicemente tornare da dove sono venuta percorrendo la stessa strada a ritroso, in macchina basterebbe un senso unico a confondermi e potrebbe diventare estremamente problematico riuscire non dico a trovare il posto, ma anche solo tornare a casa..

Fino ad ora mi consolava il pensiero che fosse dovuto al corredo genetico femminile una minor capacità di orientarsi, anche se tra le mie conoscenze non mancano esempi del contrario, ma oggi, leggendo un bell’articolo pubblicato su una rivista scopro che la storia è piena di donne che furono esploratrici.

Fino ad oggi i loro nomi mi erano del tutto sconosciuti: Maria Sybilla Merian, Mary Wortley Montagu, Ida Pfeiffer, Alexandra David-Neel, per dirne alcuni, che viaggiarono e ‘scoprirono’ il mondo in epoche in cui credevo che alle donne fosse del tutto preclusa questa attività.

Per qualche motivo però i loro nomi non sono diventati famosi come quelli di colleghi maschi loro contemporanei, e mi chiedo se il velo dell’oblio con cui sono stati coperti  non sia da ricondursi ad un giudizio di ‘sconvenienza’ sulle loro scelte di vita.

 

 
 
 

Nomination

Post n°305 pubblicato il 08 Giugno 2008 da lilith_0404

John Brown giace nella tomba là nel pian
dopo una lunga lotta contro l'oppressor;
John Brown giace nella tomba là nel pian,
ma l'anima vive ancor…

Ero una ragazzina quando la cantavo,  durante le vacanze in colonia,  e nella mia testa di allora,  John Brown e Martin Luther King, si confondevano uno con l’altro, campioni di una lotta che non avrebbe potuto essere più lontana da me e dal mio mondo, e forse proprio per questo avvolti da un alone di romanticismo.
 

Qualche anno  dopo, ai tempi del liceo,  anche MalcomX si aggiunse al drappello di militanti made in USA nella lotta contro le discriminazioni, mentre film e libri continuavano a trasmettere l’immagine di una società in cui le legittime aspirazioni di integrazione sociale di una parte importante della popolazione si scontravano contro pregiudizi tanto radicati da essere codificati nelle leggi di numerosi Stati..
   

Qualcosa per altro deve essere cambiato negli ultimi tempi, senza troppo clamore, se un uomo come Obama ha potuto contendere  e strappare a Hillary Clinton  la nomination del Partito democratico per la corsa all’elezione alla più alta carica del paese.

 

Vero che esempi importanti del cambiamento li avevamo già avuti con Condoleeza Rice e con Colin Powell, ma da un punto di vista di immagine le cariche che loro hanno ricoperto non sono così ‘appariscenti’ come quella di ‘’Presidente degli Stati Uniti’’. 

    

Perfino io che di politica non ne capisco quasi nulla , alla gara tra Hillary Clinton e Barach Obama mi sono appassionata, perché, da osservatrice esterna e senza avere  alcuna nozione dei programmi proposti dai due contendenti sono stati solo i significati simbolici della sfida a catturarmi: una donna contro un uomo, ma , anche,  una persona di colore contro una bianca. 

   

E ora che Hillary Clinton ha riconosciuto ufficialmente la vittoria del suo avversario, mi appare ancora più  carico di significati simbolici il confronto fra il candidato democratico e quello repubblicano, tra il giovane senatore afroamericano figlio di una antropologa che fu una pioniera del microcredito  e l’anziano, anglosassone discendente di una famiglia di militari di carriera.

    

Per me che osservo la scena da lontano, è  chiaramente uno scontro tra due visioni del mondo, e pensando alle ondate xenofobe di casa nostra, mi chiedo se davvero i pregiudizi razziali negli Stati Uniti siano così acqua passata da consentire a Obama di farcela

 

Stelle del cielo non piangete su John Brown,
stelle del cielo sorridete con John Brown;
stelle del cielo non piangete su John Brown,
la sua anima vive ancor…

 
 
 

Badanti? Si grazie.

Post n°304 pubblicato il 27 Maggio 2008 da lilith_0404

Ogni volta che ventilavo a mia mamma la possibilità di prendere una persona che l’aiutasse in casa, dovevo scontrarmi con il suo rifiuto, categorico, inappellabile. L’aiuto lei se lo aspettava dalle figlie, non da estranee: non aveva forse speso tutta la vita ad occuparsi della famiglia e dei figli? dunque era la famiglia che ora doveva occuparsi di lei, ed era inutile insistere a proporre altre soluzioni.

      

Ma nonostante questo, credo che se le sue condizione di salute fossero state tali da richiedere una assistenza continuativa, avrebbe pur dovuto accettare quello che per lei sarebbe stato quasi un affronto, l’assunzione di una badante.

    

La sorte ha voluto che non si arrivasse a questo, mamma se ne è andata fin troppo in fretta, e fino a qualche giorno prima di entrare in coma sbrigava da sola in casa i suoi lavori. Ma non tutti hanno la stessa ‘fortuna’, se è vero quello che leggevo sul Sole24 ore di qualche giorno fa: che in provincia di Milano c’è una badante  ogni 10 ‘anziani’ con più di 65 anni.

  

Da quello che leggo il numero delle persone (quasi esclusivamente straniere) che si occupano degli anziani a domicilio, in forma a volte regolarmente denunciata agli istituti assicuratori, più spesso in nero, perché magari non in regola con il permesso di soggiorno, o anche con un numero di ore denunciate pari al minimo per risparmiare un poco sui contributi, sono ormai più delle persone che nell’ambito del settore socio assistenziale della previdenza nazionale si occupano della cura degli anziani: 700.000 badanti contro 670.000 tra medici, tecnici e infermieri dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale.

    

E riflettendo su questo, mi chiedo come faranno tante famiglie a gestire la situazione che si verrà a creare se andranno in porto le misure restrittive che il governo sta mettendo in campo per contrastare l’immigrazione clandestina: perché per quanto ne so io, la normativa così come è oggi consente un numero di regolarizzazioni molto inferiore a quello di cui ci sarebbe bisogno, e delle domande presentate dallo studio in cui lavoro  con l’ultimo decreto flussi di sei mesi fa  neanche una ha avuto fino al momento in cui scrivo la fortuna di essere andata a buon fine.

      

Al tempo stesso, i problemi a cui si cerca di rispondere assumendo una badante non sono di quelli che possono aspettare: domani, potrebbe essere troppo tardi e non servire più.

   

   

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Sacchetti

Post n°303 pubblicato il 21 Maggio 2008 da lilith_0404

Sessanta milioni di barili.

Tanto è il petrolio che ogni anno viene destinato alla produzione del polietilene da cui si ricaveranno i sacchetti di plastica con cui ci portiamo la spesa a casa. Non so esattamente quale sia la quotazione odierna del barile, ma certo i quattro centesimi che pago il sacchetto al supermercato non danno immediatamente la percezione del mucchio di soldi che se ne vanno ogni anno per questa cosa.

Il sacchetto di plastica ha fatto la sua comparsa insieme alla spesa al supermercato, e all'inizio  quel prenderne  alla cassa quanti te ne servivano ( e senza doverli pagare)  riassumeva in sè tutta la filosofia di quel nuovo modo di fare la spesa, così radicalmente diverso per modalità e per tempi da quello a cui si era abituati fino ad allora.

Quando io ero bambina infatti fare la spesa era un rito celebrato quotidianamente e in ogni casa c’era una borsa apposita da utilizzare per questo scopo. Il supermercato è tutto sommato una invenzione recente. Ricordo quando apparve il primo, nella nostra zona: fu una zia a parlarcene, magnificandone la convenienza dei prezzi, ma per diversi anni per noi fu solo un luogo mitico e fantasticato, perché troppo lontano da casa e nessuno, tranne papà, aveva la patente, ed era escluso che papà potesse anche solo prendere in considerazione l’ipotesi di portarci.

Quando finalmente a diciannove anni fui motorizzata, munita non solo di patente ma anche di una cinquecento tutta mia, la trasferta al supermercato divenne abituale: non più di una volta al mese, però, perché inevitabilmente si usciva con il carrello stracolmo, e solo dopo aver incassato lo stipendio del mese mamma osava affrontarne la spesa.

Solo in tempi recenti il meccanismo si è modificato, al punto che ormai vado al supermercato anche solo a prendere due panini e un poco di frutta: probabilmente perché oggi come oggi, ho più supermercati che negozi nelle vicinanze dell'ufficio, e nessun negozio mi offre la comodità dell’orario continuato come trovo invece al supermercato.

Le borse di plastica, però, ho cominciato ad abbandonarle: alcuni mesi fa all’Esselunga, con la tessera per l’autolettura dei prezzi, mi hanno fornito anche una grande borsa di nylon. La trovo scomodissima da usare,  così grande e informe come é, e infatti rimane regolarmente in macchina; ma il fatto di poter infilare le cose in borsa man mano che le prendo dagli scaffali senza doverle poi ritogliere alla cassa perché il prezzo è già stato letto mi ha portato a riesumare la vecchia borsa della spesa che c'era a casa e che mamma non aveva mai del tutto abbandonato.

Quando anche in Italia, come già si sta facendo in altri paesi, verranno proibite, delle buste di plastica non credo che sentirò la mancanza.

   

 
 
 

Esercito

Post n°302 pubblicato il 15 Maggio 2008 da lilith_0404

Girando per la rete  mi imbatto nelle notizie relative al terremoto che ha colpito la Cina.

Una devastazione incredibile, decine di migliaia i morti, un numero enorme di persone  senza più una casa, infrastrutture, dighe, ponti ,strade, ferrovie devastate.

Leggo che il governo cinese ha mobilitato l’esercito per portare soccorso, e la memoria torna ad un altro terremoto, di quasi trent’anni fa.

Mio fratello era un ragazzo, a quel tempo e stava prestando il servizio di leva. Aveva ottenuto di entrare nel corpo dei paracadutisti, ma pochi giorni dopo la sua partenza ci fu un incendio a casa, e per questo motivo lui tornò con una licenza di un mese.

Quando rientrò in caserma, aveva ormai perso il turno per il corso di addestramento a lanciarsi con il paracadute,  e lo misero quindi a guidare i camion.

Quando la terra tremò in Irpinia, anche il governo italiano pensò che l’esercito avesse le risorse e le competenze per intervenire e mio fratello si trovò a fare la spola  con il suo camion, portando uomini e materiali  dalla sua base, in Toscana, alle regioni colpite dal sisma.

Non  si lanciò mai con il paracadute, e io personalmente credo che sia stato meglio così.

 
 
 

Classifiche

Post n°301 pubblicato il 03 Maggio 2008 da lilith_0404

I 10 libri più venduti, i 100 uomini più ricchi, le 5  donne più sexy: periodicamente c’è qualcuno che ci propone classifiche di questo tipo e confesso che  mi piace sempre curiosare e confrontarmi con le ‘preferenze’ che propongono,  a prescindere dai criteri più o meno scientifici o soggettivi che hanno portato alla loro compilazione.

Però ci sono alcune volte in cui resto molto più sconcerta di altre nel trovare certe inclusioni oppure certe esclusioni.

Ad esempio, leggendo la classifica delle 100 mete di vacanza più desiderate al mondo, scoprire che al primo posto in assoluto si trova  Milford Sound, il fiordo che si trova nell'estremità sudoccidentale della neozelandese South Islands è stato del tutto inaspettato e mi ha fatto sentire molto provinciale: perché non l’avevo mai neppure sentito nominare, perché la Nuova Zelanda so a malapena collocarla sul mappamondo, perché non immaginavo che ci fosse un tale flusso di turisti per quel tipo di destinazioni.

Anche la classifica di Times sulle 100 persone più influenti del mondo mi ha lasciata molto perplessa: include il Dalai Lama, e ci può stare, considerando quanto se ne sta parlando nelle ultime settimane per via della querelle con la Cina. Ma il Patriarca della chiesa Ortodossa? chi l’ha mai sentito nominare, e che tipo di autorità esercita?  Non c’è invece il Papa, con buona pace di quanti invece ritengono che sia un personaggio capace di influenzare le decisioni politiche nazionali e non solo nazionali. 

Ma sarà davvero così? Immagino che Cicerone si chiederebbe 'Cui bono?' e mi vengono in mente certe riviste che a volte arrivano in ufficio, in cui ci sono articoli in cui si parla in termini molto lusinghieri di aziende o  professionisti ai quali, conoscendoli, non si sarebbe dato poi tanto credito. Salvo poi scoprire che l'articolo é stato pubblicato previo pagamento di una cospicua somma da parte dei soggetti citati.
    

Chissà se anche in questi casi funziona così? A me il dubbio rimane.

   

 
 
 

Community

Post n°300 pubblicato il 21 Aprile 2008 da lilith_0404

Sono sempre spiritosi e divertenti i post di Carpediem, e non ha fatto eccezione il post n.323 in cui con l’autoironia che la contraddistingue l’autrice confessa i propri limiti in fatto di tecniche di pubblicazione dei post e chiede aiuto e soccorso a chi può saperne più di lei, con un simpatico epilogo nel post succesivo dove esprime con la consuerta simpatia la gratitudine per l’aiuto ricevuto.

   

Leggendoli mi sono immedesimata molto nella situazione, pensando  a quanti sono i debiti di gratitudine che ho accumulato in questi tre anni di blog,  data la mia completa ignoranza per tutto quello che é programmazione e informatica.

     

L’ultimo in ordine di tempo che mi ha aiutato è Thanksgodisfriday, autore del codice html per costruire l’archivio dei post che tutti potete ammirare qui a lato,  un po’ più funzionale di quello fornito in automatico da Libero.

   

Ma la lista dei miei soccorritori è molto più lunga. Comincia con Coulomb 2003 che nei primi tempi della mia vita qui nel mondo dei blog, mi ha indicato come mettere i link nei post. Suggerimento capito solo a metà,in effetti,  perché la prontezza nell’apprendere era momentaneamente esaurita quando sono nata io e non l’ho avuta in dotazione. Infatti inizialmente quando volevo linkare un post  sbagliavo e mettevo il link solo al blog in cui il post era pubblicato.

   

È stato Lupopezzato a suggerirmi il procedimento corretto per linkare esattamente il post che mi interessa.

   

Il modo per mettere  le immagini nei post lo devo invece alla cortesia di SandaliAlSole, che mi ha inviato una e-mail molto dettagliata, che conservo ancora, per ogni evenienza, su come creare il ‘contenitore’  in cui parcheggiare le immagini  e da cui poi andarle ad attingere per inserirle sul blog.  Odio_via_col_vento invece mi ha dato tutte le spiegazioni occorrenti per mettere i link nei commenti e se ancora di tanto in tanto l'operazione non va a buon fine dipende solo dalla mia goffaggine e non certo dalla maestra…  

   

Perciò, quando ho letto nel post di Carpediem la richiesta di suggerimenti su come fare, mi é sembrato ovvio passarle le informazioni che avevo, come altri prima le avevano passate a me.

       

A ben vedere la community serve anche a questo: a ‘passarsi il favore’ l’un l’altro, e a imparare tutti insieme. 

    

   

 
 
 

Autostop

Post n°299 pubblicato il 16 Aprile 2008 da lilith_0404

L'uomo ragionevole si adatta al mondo. L'uomo irragionevole si ostina invece ad adattare il mondo a sè. Quindi qualsiasi progresso può venire solo dall'uomo irragionevole.  

( G.B.Shaw)

    

Quando avevo sedici, diciassette anni, capitava che all’inizio dell’anno scolastico il servizio di trasporto che il comune organizzava per gli studenti partisse con qualche settimana di ritardo sull’inizio delle lezioni, e ci si doveva organizzare come si poteva, ricorrendo ad amici e parenti compiacenti, per arrivare a scuola al mattino .

    

Per il ritorno poi, complice anche il fatto che le lezioni non avevano ancora un orario ben definito, ci si arrangiava con l’autostop. Io di solito mi accompagnavo con altri due ragazzi del mio paese che erano in classe con me, ma ad un certo punto mi accorsi che era molto più facile e veloce rimediare un passaggio se ero da sola.

   

Ero giovane e anche se vagamente sapevo che poteva essere pericoloso,  con l’incoscienza dei sedici anni, più di una volta in cui ebbi premura di tornare a casa velocemente scelsi di  mettermi da sola a chiedere un passaggio agli automobilisti in transito.

 

Questo fatto mi è tornato in mente riflettendo sul  post n.1937 di SandaliAlSole. La notizia in effetti l’avevo sentita anche in televisione, e il servizio del telegiornale riportava anche una breve intervista a Pippa quando ancora era in Italia e si preparava a partire per il suo viaggio in autostop: parlava di voler dimostrare la sua fiducia nella bontà delle persone, voleva dimostrare che avvicinando le persone con gentilezza non se ne poteva ottenere che altrettanta gentilezza. 

   

Nei commenti al post di Sandali, Fajr sottolinea che quello che è successo è all’ordine del giorno ovunque, nel mondo. E il tono degli altri commenti, compreso il mio, non fanno che sottolineare l’estrema imprudenza di quel viaggio, fatto da sola, in paesi che, almeno nel mio immaginario, sono tutt’altro che sicuri.  Ci pensavo ancora quando ho sentito alla radio una vecchia canzone :

   

Voglio girare il mondo anche se sul mio cammino
incontrerò la pioggia che scendendo mi bagnerà…
Voglio girare il mondo anche se la gente ride
perchè secondo loro
dormire sotto le stelle,
vuol dire solo sentir freddo

    

Mi è venuto in mente che , con tutta la sua incoscienza, e la sua imprudenza, e la sua ingenuità, Pippa forse aveva la sua parte di ragione, e ripensando alle sue parole ai microfoni del telegiornale, mi è tornato in mente un passo del Diario di Anna Frank::

      

‘ E’ un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze, perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace, e la serenità’

    

Sappiamo come è andata per Anna. E sappiamo come è andata per Pippa. Ma con tutto il nostro scetticismo, il nostro ‘buon senso’  e la nostra prudenza da loro riceviamo il testimone  per tener accesa l’esile fiamma della fiducia nei nostri simili.

 
 
 

Natasha  e le altre

Post n°298 pubblicato il 06 Aprile 2008 da lilith_0404

“L‘ultima che hanno confermato a tempo indeterminato, ha pensato bene di mettersi in maternità dopo due mesi, quella s…...”. La ragazza non si trattiene dall’affibbiare un epiteto poco gentile alla collega, ‘colpevole’, con il suo comportamento, di aver precluso ad altre la stessa opportunità che ha avuto lei, di passare da contratti a progetto a tempo determinato ad un contratto stabile.

Il disappunto d’altra parte è comprensibile: trent’anni, una laurea in tasca e una gavetta ormai di diversi anni alle spalle fatta di stage e contratti a progetto, l’ultimo dei quali firmato solo il mese scorso, per la durata di un anno. Il datore di lavoro è un grande gruppo editoriale, il nuovo contratto le riconosce un bell’aumento di stipendio rispetto al precedente, ma il tutto a scadenza di dodici mesi.

L’episodio risale a qualche settimana fa, e mi è tornato in mente  leggendo questo articolo, riportato nelle news di Libero. 

Con il mio lavoro mi capita di trovarmi a sentire entrambe le campane. Mi risuonano ancora nelle orecchie le geremiadi di una piccola imprenditrice quando la sua impiegata ha avuto in successione due maternità, entrambe con astensione anticipatata a partire dai primissimi mesi di gravidanza e senza ripresa del lavoro neanche per un giorno tra una maternità e l’altra. Il caso è meno isolato di quel che si può pensare e  non è l’unico episodio del genere in cui mi sono imbattuta.  E al termine della seconda maternità poi arrivano regolarmente le dimissioni, con la buonuscita dell’indennità sostitutiva del preavviso prevista dalla legge.

Un diritto sacrosanto? Come donna  non posso che pensarlo. Ma di fronte ai costi e ai disagi che ne conseguono, le aziende grandi e piccole evitano come la peste l’assunzione di donne in una certa fascia di età, e questo è un fatto.

Ma come si  esce da questa situazione? Come salvare la capra del diritto delle donne ad avere i figli che desiderano, e il cavolo del diritto a non essere discriminate nelle assunzioni?

Forse qualche risultato in più si potrebbe ottenere rendendo tecnicamente ‘equivalente’ l’assunzione di un uomo e di una donna.

In che modo?  

Rendendo i congedi parentali usufruibili solo in parti uguali  e non,  come è oggi, lasciando  a discrezione della coppia la suddivisione dei tempi del congedo tra i due genitori: in questo modo finisce quasi sempre per essere la donna che richiede il 100% del periodo disponibile,  con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

 
 
 

Viaggiare

Post n°297 pubblicato il 25 Marzo 2008 da lilith_0404

Una collega si sposerà a breve e per il viaggio di nozze non sa decidersi, tra il Sudafrica e lo Sri Lanka.

Un budget di svariate migliaia di euro, per  un paio di settimane di vacanza.

‘La vacanza della mia vita’, secondo il suo punto di vista, ‘ quando mai mi potrò permettere un’altra volta qualcosa di simile? ‘ risponde alle mie perplessità sull’opportunità di spendere una cifra così importante per un viaggio di pochi giorni.

Sorrido, disarmata dal suo entusiasmo, e penso che sono io ad essere sbagliata, troppo pigra probabilmente per andare da qualsiasi parte in Italia, figuriamoci dall’altra parte della terra. E certo  se tutti la pensassero come me un bel numero di persone resterebbe priva di reddito, se come leggo in un articolo di qualche giorno fa,  il turismo genera ricavi per novecento miliardi di dollari, una buona parte dei quali ha anche l’effetto di alleviare la povertà in quei paesi che offrono mete esotiche ai ricchi turisti occidentali.

Ma anche se il turismo rappresenta una delle principali voci del commercio internazionale, e un importante volano per l’economia di molti paesi poveri, non é tutt’oro quello che luccica. Questo almeno secondo un rapporto pubblicato dalla United Nations world tourism organisation. E sotto accusa finiscono proprio quei viaggi aerei a lunga percorrenza, che pur essendo solo il 2,7% di tutti i voli aerei, da soli rappresentano 17% delle emissioni di CO2  prodotte dalla mobilità turistica, che a sua volta rapprenta il 4,9% delle emissioni totali di CO2. Come dire che anche andarsene a spasso per il mondo contribuisce in misura non trascurabile al surriscaldamento del pianeta.

Vista così, non mi rammarico più tanto di essere così pantofolaia: la mia non é pigrizia, ma un modo di prendermi a cuore la salute del pianeta.

 
 
 

L'economia e Gianburrasca

Post n°296 pubblicato il 12 Marzo 2008 da lilith_0404

Tutti sappiamo che ai giorni nostri, chi controlla l’energia controlla il potere: si fanno guerre, per il petrolio, e sul controllo dei giacimenti di gas della Siberia,  Putin ha fondato la sua permanenza ai vertici della dirigenza russa.

       

Ci pensavo stamattina ascoltando in televisione che il prezzo del petrolio ha sfondato i centodieci dollari al barile, e collegavo questa notizia a quanto dicevano ieri  nel corso della trasmissione ‘Leonardo’ su Raitre, e cioé che  la ricerca di fonti di energia alternative ha trasformato il mais e altri semi in materia prima per ottenere biocombustibili, ma questo, insieme all’aumento dei consumi indotto dal buon andamento dello sviluppo economico dei due grandi paesi asiatici, Cina e India,  ha portato ad un aumento dei prezzi del quaranta per cento nell’ultimo anno sui mercati dei cereali mentre le scorte sono scese al livello più basso mai raggiunto negli ultimi trent’anni.

        

Tremo al pensiero che in questa situazione abbiano buon gioco quanti stanno spingendo per rimettere in discussione l'opzione nucleare, e non consola sapere che i problemi non sono solo nostri.

        

Quanto la situazione si vada facendo pesante per quei paesi che già partivano da posizioni di svantaggio lo ha illustrato Josette Sheeran, a capo del UN World Food Programme, in un discorso al Parlamento Europeo. Miss Sheeran ha detto che serviranno  375m dollari  (244m euro) extra per finanziare i programmi alimentari stabiliti per quest’anno e $125m (81m euro) per trasportare gli aiuti alimentari nei luoghi di destinazione. 

      
“La rabbia per questa situazione ha già portato a disordini in  Burkina Faso, Cameroon, Senegal and Morocco” conclude un articolo sull’argomento  pubblicato sul sito della BBC. Non c’é da meravigliarsi: come cantava Gianburrasca in un programma di tanti anni fa “Un popolo affamato fa la rivoluzion!’. 

       

         

            

 
 
 

Libertà di amare?

Post n°295 pubblicato il 04 Marzo 2008 da lilith_0404

Come ti sono grato
di questa libertà,
la libertà di amarti
senza essere obbligato...

Così cantava Modugno e i versi di  quella  canzone mi tornano in mente,  riflettendo su quanto mi è stato scritto nei commenti al post precedente.

Ammetto che da adolescente e anche per parecchio tempo dopo che   l’adolescenza era passata,  quella descritta nella canzone è stata pressapoco anche la mia posizione, anche se, per essere sincera fino in fondo e  per dirla proprio tutta, credo che il motivo reale che mi portava a sostenere che il matrimonio fosse una inutile sovrastruttura di un rapporto che doveva essere dettato solo dal sentimento fosse in realtà la paura e che una parte di me  fosse  determinata a  mantenersi aperta una ‘via di fuga’, nel caso che le cose non fossero andate per il verso giusto.

C’è voluto un po’ perché  mi accorgessi che in una società in cui ormai il divorzio è una realtà acquisita, a tenere  legate le persone non sono i contratti o le cerimonie celebrate, ma gli innumerevoli lacci e laccioli, tanto emotivi quanto economici, che la convivenza  stabilisce un giorno dopo l’altro: relazioni sociali, rapporti di lavoro, impegni economici assunti,  non ultimo l’affidamento che si offre all’altra persona e che dall’altro si riceve. Tutto questo è ciò che , quando le cose ‘vanno storte’ frena dal mandare tutto all’aria.

E un po’ alla volta mi sono convinta che   il matrimonio sia dal punto di vista religioso e  per chi ci crede, un impegno che si prende con la propria coscienza, mentre dal punto di vista civile è solo un contratto che permette ai terzi di considerare la coppia come una unità, e che nei rapporti interpersonali tra i due coniugi è del tutto ininfluente quando c’è l’amore, ma diventa molto utile quando l’amore non c’è più e si tratta di recidere tutti quei ‘legami’ che la convivenza ha creato.

Con tutto questo però credo che ciascuno possa liberamente scegliere la soluzione che ritiene più opportuna per sé stesso, finché le conseguenze delle scelte operate  ricadono su chi le scelte ha compiuto.  Ma nel caso in cui dall’unione nascano dei figli, queste scelte dei genitori hanno ricadute inevitabili anche sui bambini, anche quando, e credo che sia la norma, il bambino è riconosciuto da entrambi i genitori.

Esiste un solo motivo plausibile perché un bambino figlio di genitori non sposati tra di loro riceva una considerazione diversa da uno che invece è nato nell’ambito del matrimonio?  E non necessariamente la discriminazione che si attua è a sfavore del figlio cosiddetto ‘naturale’: nel caso degli assegni familiari, ad esempio, il genitore non sposato, anche se convive con l’altro genitore, è considerato come ‘single’ e ha diritto ad assegni più elevati. Ma esiste un solo motivo logico che giustifichi queste discriminazioni? Io francamente non lo vedo.

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Quale famiglia?

Post n°294 pubblicato il 01 Marzo 2008 da lilith_0404

Quando nacque la mia ultima sorella mia madre aveva quarantasei anni. Allora mi sembrò una cosa del tutto normale, avevo solo idee piuttosto approssimative sull’argomento e non sapevo che invece é alquanto insolito avere figli a quell’età.

Questo ricordo mi passa in testa, quasi di soppiatto, mentre leggo il titolo di un articolo della Reuters, in cui si parla di mamme ultraquarantenni, che sembra siano in costante aumento in Gran Bretagna. Leggendo l’articolo, in chiusura  scopro  anche un altro dato molto più interessante, e cioè che per  ben il 56% dei nuovi nati, i genitori risultano non sposati, sebbene entrambi riconoscano il bambino.

Sinceramente, non immaginavo che il fenomeno avesse questa ampiezza. Anche se è un dato riferito alla Gran Bretagna, credo che sia ragionevole pensare che rispecchi una tendenza che si sta affermando, e  mi fa riflettere soprattutto in relazione ad un’altra notizia, che ho letto ieri a a pagina 32 de Il Sole24Ore : la convivente di uno degli operai della Thyssen deceduto nei mesi scorsi in quel tragico infortunio di cui tanto si é parlato non avrà alcun indennizzo dall’Inail. Potrà vantare qualche diritto, ma in misura molto inferiore, il figlio che ancora deve nascere, ma la compagna dello sfortunato operaio é una benemerita signora nessuno per la normativa attuale.

Il caso é analogo a quello del maresciallo capo D’Auria, morto l’estate scorsa in seguito alle ferite riportate in  Afganistan, ma questa volta non é stato possibile intervenire con un matrimonio ‘in articolo mortis’ .  

Ammetto che faccio una certa fatica a capire che, anche in presenza di figli a cui dover provvedere, tante persone preferiscano comunque non formalizzare legalmente la loro reciproca posizione, ma ancora più incomprensibile mi risulta il fatto che,  di fronte alle statistiche sui numeri delle coppie di fatto, a livello legislativo non se ne prenda atto e non  si cominci a  prendere in considerazione un concetto diverso di famiglia, non necessariamente  sancito dal matrimonio, religioso o civile che dir si voglia.

           

 
 
 

Speriamo che sia femmina?

Post n°293 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da lilith_0404

Ogni lustro si cambia gusto, dice un vecchio adagio. E  più o meno a ogni lustro anche il mio collega decideva che l’ufficio in cui stavamo non fosse più di suo gusto e si metteva in movimento per cambiare… immagino per quella specie di ‘insofferenza ai posti’ di cui parla SandaliAlSole nel commento al post precedente, e che io finora ho però sperimentato solo di riflesso, nel momento in cui mi dovevo rimboccare le maniche a imballare quintali di faldoni che dovevano essere spostati da un posto all’altro, da un ufficio ad un altro.

Mentre una parte del mio cervello  formula questi pensieri, un’altra parte di me lo osserva come dall’esterno, e vede benissimo perché é finito a pensare a queste cose: è per via del fatto che in quello che fu il nostro ufficio numero tre, quando lo lasciammo libero andò ad abitarci una famiglia di cinesi, marito, moglie e tre figli, due femmine e un maschio.

Detta così, questa non sembrerebbe una spiegazione illuminante.  Per renderla tale devo fare ancora un altro passo indietro, e precisare che tutto il ragionamento è cominciato mentre leggevo su una rivista che in Cina i maschi in ‘età di matrimonio’ sono diciotto milioni in più delle donne.

Una situazione molto singolare, in quanto nel resto del mondo sono le donne ad essere in maggioranza . Colpa della politica demografica della Cina, che ha imposto non più di un figlio per ogni coppia. Specialmente nelle zone rurali del paese,  stando a quanto leggo nell’articolo di cui dicevo sopra,  le famiglie mettono in atto aborti selettivi per i nascituri di sesso femminile.

Una famiglia come quella che ha preso il mio ufficio numero tre, con i suoi tre figli di cui ben due femmine,  in Cina non avrebbe avuto vita facile, credo, e mi son chiesta più di una volta se fosse a causa di questa situazione che hanno deciso di emigrare. 

Nell’articolo da cui tutto il ragionamento ha preso l’avvio, si dice che questo scompenso demografico  spinge i maschi ad emigrare per trovare moglie.

Le leggi elementari dell' economia ci dicono che se l’offerta di un certo bene è scarsa, il valore di quel bene aumenta. Stando così le cose, questa ‘eccedenza demografica maschile’ basterà a far salire le quotazioni delle bambine abbastanza da far cessare la prassi degli aborti selettivi?

   

 
 
 

Tre anni dopo

Post n°292 pubblicato il 22 Febbraio 2008 da lilith_0404

“il sentimento che mi lega al mio blog […] è molto simile all’affezione. […] È una parte di me e se sono riuscita a capire qualcosa in più di me stessa lo devo a questa smania [...] di rielaborare ricordi che credevo nemmeno di avere…”

    

Leggevo questa frase, nel post 420 di Liberante, e pensavo che avrei potuto scriverla io. Perché alle cose non riesco ad affezionarmi: le uso, finché è possibile, fino al limite del possibile, ma una volta che non sono più utilizzabili non ci sono rimpianti sentimentali.

    

Però per il blog è diverso.

     

Può essere che sia perché lo vivo come un modo per restare in contatto con le persone che al blog mi sono affezionata e come Liberante posso dire anche io che è una parte di me.

   

Ci pensavo nei giorni scorsi, mentre sul video scorrevo le pagine con i post precedenti,  notando che sono ormai passati tre anni da quando l’ho aperto.

    

Mi torna in mente un libro che lessi tanti anni fa, Storia di una suora, in cui la protagonista che lavora  come infermiera associa alle annotazioni  di servizio sui registri  dell’ospedale  i momenti della sua vita, leggendo nelle diverse grafie che si susseguono le persone con cui ha collaborato, nei nomi registrati gli incontri che le era capitato di fare. 

    

Anche con il mio blog, pur non avendolo scritto come un diario, e sebbene solo occasionalmente  nei post racconti di qualche fatto preciso che sto vivendo in quel momento, i post che si succedono uno dopo l’altro hanno scandito i momenti  vissuti in questi tre anni, che rivedo, come in filigrana, rileggendoli a ritroso.

      

E penso che non sarebbe la stessa cosa se rileggessi le stesse cose su una pagina di Word: come ebbe ad osservare tempo fa Lupopezzato,  rimettendo nel nuovo blog che aveva aperto alcuni post che erano stati nel blog che aveva poco prima cancellato, anche se il post è lo stesso, l’insieme è diverso perché mancano i commenti. E manca , aggiungo io, la sequenza d’insieme delle situazioni che hanno portato a scrivere un certo post, e  che ti consente di legarlo, nel ricordo, a un momento della vita, ed a sentirlo, alla fine, come una parte di te.

   

Con buona pace di quanti sostengono che la vita è altrove.

    

     

 
 
 

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