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Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"
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Appunti di lettura 2021
Post n°2194 pubblicato il 04 Gennaio 2021 da ossimora
Tommaso Landolfi Racconto d'autunno Gli adelphi Un breve racconto del 1946 . Un uomo fugge per i monti , durante la resistenza , è infreddolito , affamato ed i boschi sono inospitali , piove. Sulla sua strada una vecchia casa, quasi un maniero , austero . Ad una prima ricognizione la grande dimora sembra quasi abbandonata se non fosse per un filo di fumo e poi l'abbaiare di due cani. L'uomo ( di cui non si ha descrizione e nome )bussa ripetutamente al grosso portone senza ricevere risposta ; lui però insiste anche pesantemente fino ad essere accolto , in maniera scorbutica e poco accogliente dall'anziano abitante della magione. Dorme pesantemente , si rifocilla e poi inizia una esplorazione sistematica dell'ambiente , onirica ed immaginifica la descrizione che provoca una certa suspence ; un vero labirinto di stanze , camere , alcune appena abitate , altre vuote e polverose , salette, corridoi , scale soffitti , scantinati con grotte che celano paura e curiosità . Un crescere di ricerche e ritrovamenti fra l'esoterico e l'evocativo che lasciano immaginare una presenza femminile celata ma vivida. La struttura del racconto e la scrittura di Landolfi si esprimono in un linguaggio ricercato a tratti demodè che produce un crescendo di aspettative , atmosfere inquietanti dove mancano sia le descrizioni dei protagonisti che i pensieri ed i desideri , tutto è affidato sopratutto alle sensazioni derivanti dall'ambiente e dalla sua caratterizazione che trasformano la quotidianità seppur particolari come l'esistenza della povera figlia Laura segregata da sempre ad una via di mezzo fra incubo e sogno. Era un ritratto a mezzo busto di giovane donna che fissava il riguardante,un olio alquanto annerito, ma non tanto che non si distinguessero i particolari.La donna era vestita secondo la moda degli ultimi anni del secolo passato o dei primi di questo ,con tutto il collo chiuso in un'alta benda di pizzo, di pizzo era anche la veste,dalle maniche sboffate,sul petto ella recava un grande e complicato pendentif o breloque (come allora si diceva) di topazi bruciati, sorretto da nastri di seta marezzata ; sulle spalle un amoerro, ricadente in larghe e convolte pieghe .La massa dei capelli bruni era pettinata in conseguenza ,cioè in ampio carcine o cannuolo attorno alla fronte , in mezzo al quale spiccava un minuscolo diadema a forma di corona.Le di lei fattezze delicate e chiare , recavano l'impronta inequivocabile della nobiltà di sangue e di carattere ,e quel minimo di sdegnosità che l'accompagna sovente .Le guance appena arrotondate attorno alla bocca attribuivano ,inoltre a qual volto qualcosa di vagamente infantile....
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