Diciamocelo senza inutili giri di parole, tutti, o quasi tutti, non appena abbiamo appreso l’entità del terremoto che ieri sera, poco prima delle 21, ha scosso l’isola di Ischia, mietendo vittime – al momento 2 morti – , feriti, distruzione e sfollati, soprattutto a Casamicciola famosa per il terremoto che il 28 luglio del 1883 la rase completamente al suolo uccidendo oltre duemila persone tra cui la famiglia del filosofo Benedetto Croce, abbiamo fatto un comune pensiero: come è possibile che un terremoto del 4° grado della scala Richter possa provocare una simile devastazione?
Tale atroce dubbio è avallato dalle dichiarazione degli esperti per i quali è “allucinante che si continui a morire per sismi di questa entità”, Francesco Peduto, Presidente del Consiglio nazionale dei geologi.
La replica del cittadino comune all’affermazione/denuncia degli esperti è: “semplice, siamo in Italia, paese dove, nei fatti, è ignoto il significato del vocabolo prevenzione”. Non certo quello di abusivismo di necessità che il Presidente della Campania De Luca vorrebbe condonare in barba a quanto previsto dal governo che invece le case abusive le vorrebbe demolire.
Seppure è prematuro definire abusivi gli edifici crollati a Ischia, dalle immagine e dalle foto trasmesse in televisione o postate sui vari social, a un primo sguardo, è evidente che si tratta di costruzione nuove venute giù come burro.
Di conseguenza il loro sgretolarsi o lesionarsi all’atto della scossa di ieri sera, inizialmente sottostimata al livello di 3,6° Richter e successivamente rivista a 4°, testimonierebbe che nella loro edificazione o ristrutturazione – nel caso degli alberghi lesionati si potrebbe ipotizzare un ampliamento non conforme, finalizzato a costruire ulteriori camere in cui ospitare turisti a scopo di lucro – molto probabilmente non furono seguiti tutti i crismi antisismici previsti dalla legge. Seppure Ischia sia territorio a alto rischio sismico trovandosi nella caldera dei campi flegrei che preoccupa gli esperti più del Vesuvio.
Nello stesso tempo il cittadino si domanda se anche in questo caso, come avvenne per il terremoto dell’Aquila, qualche imprenditore abbia gioito pensando agli affari che ne ricaverà dalla ricostruzione.
In quest’ultimo caso però l’entusiasmo dovrebbe essere frenato da quanto sta avvenendo nelle zone del centro Italia colpite dal terremoto giusto un anno fa, dove, malgrado gli impegni assunti prima da Renzi e poi da Gentiloni, la ricostruzione va a rilento, per non dire che è praticamente ferma, come ammise il commissario Vasco Errani. Senza contare che dopo oltre otto anni dal terremoto, la città dell’Aquila è ancora un cantiere a cielo aperto.
Ritardi che, ottimisticamente parlando, potrebbero essere conseguenza di una certosina azione di controllo da parte delle autorità per evitare di assegnare a imprese in odore mafia i lavori della ricostruzione. Ma che, molto più realisticamente, agli occhi del cittadino sono l’ennesima conferma dell’inefficienza dei politici nostrani i quali, a parole, sono in grado di cambiare il mondo.
Peccato che puntualmente si smentiscano da soli con i fatti!
Le vittime e i crolli provocati dal terremoto di ieri vanno a accrescere ulteriormente il carico di responsabilità delle autorità locali e nazionali le quali, anziché preoccuparsi di prevenire i disastri con adeguate politiche a tutela del territorio e della sicurezza dei cittadini, pensano a condonare edifici costruiti abusivamente.
Forse perché condonare porta voti. Demolire o bloccare i lavori, no!