AMEDEO CARAMANICA PRESENTA IL SUO NUOVO LIBRO “I DINAMICI SFIGATI DI BAGNOLI”

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A margine l’intervista integrale pubblicata su comunicaresenzafrontiere 


Pozzuoli, Venerdì 29 marzo presso la LIBRERIA MEDEA di Marco Bellavista, si è presentato il romanzo I DINAMICI SFIGATI DI BAGNOLI di Amedeo Caramanica, edito da PAOLO LOFFREDO. Professore d’italiano in pensione, Caramanica è un arzillo ottantatreenne allegro e disponibile, dallo sguardo furbo, con cui è un piacere conversare.

Prima dell’inizio della serata gli abbiamo posto alcune domande sulla sua attività di scrittore.

Professor Caramanica come nasce I DINAMICI SFIGATI DI BAGNOLI che si presenta questa sera?

Scrivo da più di quarant’anni. Fino a quando la casa editrice Loffredo non ha chiuso, ho scritto libri per la scuola. Contemporaneamente scrivevo testi teatrali, per lo più commedie. Poi ho iniziato a scrivere spy story in cui non tralasciavo di inserire una venatura di poliziesco, mia vera grande passione. Un giorno, mentre ero in metropolitana, nel treno salì un gruppo di poliziotti in borghese che iniziarono a prendersi in giro: quelli che dedussi erano di Napoli etichettavano simpaticamente come sfigati i colleghi di Bagnoli. Così nacque l’idea di quest’ossimoro “i dinamici sfigati”.

Professore ci parli un attimo dei testi teatrali che ha scritto.

Ne ho scritti più di una trentina e sono stati letti da Nino Taranto, dai fratelli Giuffrè i quali mi hanno scritto, spingendomi a continuare in questa mia passione. Addirittura, prima che morisse, mi scrisse perfino Eduardo De Filippo. Seppure non sia riuscito a sfondare in questo settore, i miei testi sono stati rappresentati da tante compagnie amatoriali. Io stesso ne dirigo una.

Da ragazzo quali erano i suoi scrittori preferiti?

La mia formazione è di natura classica. Da ragazzo ho letto Verga, Manzoni, Pirandello, i classistici latini e greci da cui ho poi tratto l’indirizzo per la mia scrittura che si fonda sulla frase “miscere utile dulci”, mescolare l’utile al dolce, cui alla fine deve seguire la catarsi, ossia il lettore deve capire che tra il bene e il male chi vince è sempre il bene.

Per il suo romanzo si è rifatto ai Bastardi di Pizzofalcone di Maurizio De Giovanni?

Pur avendo letto tantissimi autori di polizieschi, Andrea Camilleri e Maurizio De Giovanni sono quelli che mi hanno attratto per il loro modo di impostare le storie in maniera diretta, senza fronzoli, tanto da prestarsi a una successiva trasposizione televisiva che non snaturasse l’essenza della trama e dei personaggi. Ovviamente tra i film e i romanzi preferisco questi ultimi perché la lettura è un coinvolgimento diretto mentre la visione di un film, per quanto possa coinvolgerti emotivamente, alla fine è comunque distaccata. La visione di un film ipnotizza lo spettatore, rendendolo schiavo di ciò che vede e ascolta. Invece la lettura obbliga la mente a ragionare tenendola viva!

Prima dei dinamici sfigati, quali altri libri ha scritto?

Ho scritto una decina di testi scolastici. In particolare mi sono dedicato alla storia e ho pubblicato quattro corsi di storia. Ricordo con piacere che quando scrissi I PASSI DELL’UOMO, spronato dai colleghi affinché scrivessi un libro in un linguaggio comprensibile ai ragazzi delle scuole medie visto che fino e allora i libri di testo erano scritti da pressori universitari o delle superiori, il libro fu il terzo in assoluto come vendite in tutta Italia, su trentacinque testi, distinguendosi proprio per il linguaggio semplice comprensibile agli alunni delle medie.

Quando decide di scrivere un poliziesco, la storia, la trama e, soprattutto, il finale ce li ha già in mente o si manifestano man mano che scrive?

Vado passo passo perché il lettore, mentre legge, deve provare le stesse emozioni da me provate mentre scrivevo. Ovviamente una struttura di base in mente già ce l’ho, ma solo quando inizierò a scrivere saprò come si svilupperà l’intreccio. Diciamo che mi affido al momento…

Dobbiamo aspettarci un seguito dei dinamici sfigati?

Probabilmente sì…

Vincenzo Giarritiello

A POZZUOLI ANN PIZZORUSSO HA PRESENTATO IL SUO “CODICE DA VINCI”

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Di seguito la versione integrale dell’articolo pubblicato su comunicarsenzafrontiere

Pozzuoli.

Serata davvero speciale quella di sabato 23 marzo da Lux In Fabula: per la rassegna QUATTRO CHIACCHIERE CON L’AUTORE, si è presentato il volume TWITTANDO DA VINCI di Ann Pizzorusso, geologa americana di origini italiane.

Il volume è un’analisi di come la conformazione geologica di un determinato territorio possa influenzarne la storia. Partendo dalla Pangea, “il supercontinente che si ritiene includesse in un unico blocco tutte le terre emerse della Terra durante il Paleozoico e il primo Mesozoico”, fino all’attuale deriva dei continenti e al riavvicinamento dell’africa all’Europa, la studiosa dimostra in maniera convincente la tesi supportata da foto, grafici e fatti di cronaca che fanno parte della storia dell’umanità.

L’intuizione le sorse osservando il dipinto LA VERGINE DELLE ROCCE di Leonardo Da Vinci: i particolareggiati dettagli geologici ritratti dal genio italico nella sua opera, la convinsero che non fossero solo un perfezionamento artistico, ma una sorta di codice – a questo punto non possiamo non pensare a IL CODICE DA VINCI di Dan Brown – attraverso cui Leonardo voleva comunicare un’idea, un pensiero ben preciso inerente all’influenza che la conformazione geologica di un territorio avrebbe sulla sua storia politica e sociale.

Partendo da questo punto fermo, l’autrice ha intrapreso uno studio comparato tra geologia e storia, dimostrando come la prima abbia influenzato in maniera imprescindibile la seconda.

Amante degli etruschi, la Pizzorusso è riuscita a fornire prove che centri etruschi quali Orvieto, Chiusi, Perugia, Tarquinia furono volutamente costruiti in aree magneticamente negative perché, come in seguito la scienza medica ha dimostrato, influiscono positivamente sullo sviluppo psicologico dell’individuo. A riguardo è impossibile non pensare al tempio di Delfi e al suo famoso oracolo: recenti studi hanno dimostrato che dal sottosuolo su cui sorgeva il tempio, si emanavano gas in grado di alterare lo stato di coscienza degli individui, per cui le famose profezie dell’oracolo sarebbero visioni indotte al veggente dai gas che respirava.

Ovviamente, per le tematiche affrontate, lo studio tocca anche l’area geotermale dei campi flegrei in cui anticamente si riteneva fosse situato l’accesso agli inferi, Virgilio e Omero docet. Senza trascurare che il bradisismo, il periodico innalzamento e abbassamento del sottosuolo fenomeno tipico di queste zone, ha indotto in epoche remote, ma non solo, a veri e propri esodi di enormi masse di gente da un punto a un altro del territorio: formazione di Montenuovo nella metà del 1500; agli inizi del 1970 con l’evacuazione del Rione Terra cui seguì prima l’edificazione del rione Toiano e poi quella di Monteruscello dove gli sfollati furono trasferiti in veri e propri casermoni di cemento dove tutt’ora risiedono con disagi che non stiamo a raccontare.

Lo studio della Pizzorusso non si limita all’analisi di opere pittoriche, ma spazia anche in campo letterario inglobando, oltre a Virgilio e Omero già citati, Dante e il suo “viaggio” dall’Inferno al Paradiso narrato nella Divina Commedia.

Se fosse stato scritto da un’autodidatta, appassionata di queste tematiche ma priva di titoli accademici che ne avvalorassero in maniera autorevole le ipotesi azzardate, probabilmente in molti avrebbero guardato al lavoro della Pizzorusso con sufficienza, se non con irrisione. Trattandosi invece di una geologa accreditata, i suoi studi non solo meritano l’attenzione dovuta, ma hanno suscitato l’interesse di una parte del mondo accademico che ne ha ufficialmente riconosciuto i fondamenti e i meriti.

Quanto prima contiamo di intervistala per farci meglio spiegare la sua teoria.

Vincenzo Giarritiello

GAETANO BONELLI E LA SUA COLLEZIONE SU NAPOLI IGNORATA DAI PIÙ

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Di seguito l’intervista integrale pubblicata su comunicaresenzafrontiere.it

 

Molto probabilmente in pochi avranno sentito parlare della “Collezione Gaetano Bonelli – “Pro” Museo di Napoli”, esposta a Napoli nella CASA DELLO SCUGNIZZO in Piazzetta San Gennaro a Materdei, 3. In oltre trent’anni il fondatore e curatore Gaetano Bonelli, girando per i mercatini di antiquariato e per i rigattieri, ha raccolto documenti e oggetti riguardanti la storia di Napoli pre e post unitaria, collezionando oltre diecimila pezzi di cui al momento ne sono visibili solo una minima parte per motivi di spazio. Gaetano è un’enciclopedia vivente. Affidandosi alla sua sapienza si apprende che l’inventore della mongolfiera non furono i fratelli Montgolfier, ma i napoletani Vincenzo Lunardi e Tiberio Cavallo i quali prima migliorano il prototipo dei Montgolfier, quindi inventarono la mongolfiera a idrogeno. Così come si apprende che la forchetta,la posata per intenderci, fu creata da Gennaro Spadaccini, gran ciambellano di Ferdinando II di Borbone, su ordine dello stesso Re Lazzarone il quale voleva si ideasse uno strumento che gli consentisse di mangiare durante i pranzi a corte la pizza e gli spaghetti non con le mani, come invece era solito fare quando si mischiava tra il popolo. In breve quell’oggetto dalle fattezze di un piccolissimo forcone si affermò nelle corti di tutta Europa. Per oltre un’ora Gaetano mi ha illustrato con una dialettica affascinante la storia di ogni singolo pezzo che mi mostrava, dando l’impressione che lui e l’oggetto fossero un’anima sola. A proposito di anime, nella sezione dell’emigrazione, esposta nella teca vi è la foto spezzata di una famiglia di emigranti napoletani. Mostrandomela, Gaetano mi racconta di come ne acquistò prima un pezzo e in seguito, dallo stesso rigattiere, trovò anche l’altra metà, asserendo: “dando vita a questa collezione, ho imparato che anche gli oggetti posseggono l’anima gemella con cui, prima o poi, si ricongiungeranno”. Al termine del “viaggio” in quel mondo delle meraviglie, abbiamo fatto una lunga chiacchierata i cui mi ha raccontato la storia della sua collezione.

Della collezione ne hanno parlato a livello nazionale giornali e telegiornali. Addirittura il TG2 vi dedicò un servizio di oltre tre minuti. Su youtube vi sono diversi video che la riguardano; mentre Artribune di marzo c.m. ne parla in un lungo articolo.

Chi volesse informazioni sulla collezione o fosse interessato a visitarla, più telefonare al 3404844132

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Gaetano dall’età di 12 anni ti sei accollato l’onere, ma oserei dire anche l’onore, di raccogliere materiale sulla storia di Napoli pre e post unitaria, creando la collezione Gaetano Bonelli che, possiamo dirlo senza esagerazioni, è la massima raccolta demo-etno-antropologica sulla città di Napoli esistente al mondo. Come nasce questa tua passione?

Nasce da un desiderio e, al tempo stesso, da un’esigenza: da ragazzino mi innamorai di Napoli e avvertii il dovere di fare qualcosa per la mia città. All’epoca mi iscrissi al Vico, ma lo frequentai poco perché, non appena potevo, marinavo la scuola per visitare i vicoli, le piazze, le strade, le chiese, i musei di Napoli. Come accade in questi casi, inevitabilmente nacque un rapporto di odio-amore perché da un lato imparai a scoprirne le tante meraviglie che la caratterizzano, dall’altro vidi il degrado in cui molte di queste meraviglie versavano. Come un novello Goethe, giravo la città in lungo e in largo per scoprire cose nuove. Con piacevole stupore appresi che Napoli è la città con il maggior numero di chiese e castelli al mondo e ha il centro storico più esteso del mondo. Contestualmente, mi resi conto che bisognava fare qualcosa per salvare tutto ciò dall’abbandono e dal degrado.

In tutti questi anni trascorsi girando tra mercatini e rigattieri, quanti pezzi hai raccolto?

Pur non avendo finora mai fatto un inventario, cosa che mi propongo di fare, ma che poi, per tanti motivi, sono costretto ad accantonare, verosimilmente la raccolta consta di oltre diecimila testimonianze raccolte per aree tematiche. Questa è la peculiarità, ma anche l’unicità della raccolta che è l’unica al mondo del genere caratterizzata da ben venti aree tematiche aventi per oggetto rigorosamente Napoli. Grazie a questa collezione si ha modo di ripercorrere un viaggio nella memoria, un viaggio nella storia fatto di fascino, di emozioni, di continue scoperte.

La tua collezione oggi è esposta presso la sede della Città Dello Scugnizzo che ti ha messo a disposizione uno spazio di ben duecento metri quadri…

Pur avendo a disposizione un simile spazio, al momento la mostra si articola in un salone di cinquanta metri quadri. Le altre stanze necessitano di un allestimento e di una riqualificazione. Cosa che conto di fare quanto prima, ovviamente in relazione alle mie disponibilità. Il tutto mi è stato messo a disposizione dalla Fondazione Casa dello Scugnizzo nella persona del Presidente, il Professor Antonio Lanzaro, il quale, a dispetto di quanti dopo aver visto la raccolta, restando esterrefatti, avevano promesso che si sarebbero impegnati per garantirmi uno spazio espositivo adeguato ma poi hanno puntualmente disatteso le promesse e gli impegni, mi concesse, fidandosi sulla mia parola, senza visionare la collezione, una stanza di dodici metri quadri dove il 12 ottobre del 2017 inaugurammo la “wunderkammer”, la camera delle meraviglie o delle curiosità. Poi dal 12 giugno del 2018 il tutto è stato allargato nel modo in cui lo vedete oggi.

Le istituzioni sono sensibili al tuo lavoro, ti sostengono, ti danno una mano?

Purtroppo con mio grande dolore questo non è avvenuto. Paradossalmente il tutto suona quasi come uno smacco a fronte di riconoscimenti, di encomi, attestazioni di stima, di apprezzamenti verbali. E a fronte di impegni, alcuni solenni di rappresentanti istituzionali. A tutto ciò è seguito un silenzio assordante che mi lascia solo e mi amareggia giacché non posso permettermi di fermarmi. Ho il dovere con me stesso di salvaguardare questa raccolta avendole dedicato oltre trent’anni della mia esistenza e non posso dare ragione a quanti in maniera perversa e cinica gradirebbero che il degrado e le ignominie abbiano la meglio. Io sto portando avanti una battaglia di bellezza e di cultura, di civiltà e civismo, di generosità e impegno verso quello che deve essere l’operazione di propaganda, una battaglia antitetica a ogni forma di nepotismo e di cultura basata su logiche salottiere e quindi questo è un discorso che a certi potentati suona come una stonatura. Questa è la casa di Napoli, dove chiunque può sentirsi autorizzato a essere partecipe a questo progetto di recupero e divulgazione della nostra storia!

Le scuole si mostrano interessate?…

Nonostante abbia più volte sollecitato i docenti amici o conoscenti a organizzarsi per portare gli alunni a visitare la collezione, la risposta è quasi zero. È come nel caso delle istituzioni: una volta vista la collezione, tutti si dicono entusiasti, ripromettendosi di venire, ma poi… In un anno e mezzo, da quando ho aperto, sono venute solo due scuole con due scolaresche: una l’anno scorso e l’altra una settimana fa. Quest’ultima è l’istituto superiore Minzoni di Giugliano che mi ha manifestato particolare interesse. Lasciami dire che questa raccolta è stata creata soprattutto per i giovani: in un anno e mezzo la più grande soddisfazione, la più sincera manifestazione di affetto e di stima l’ho avuta proprio dai ragazzi i quali, quando vennero, mi mostrarono una tale attenzione che stupì gli stessi professori che mi fecero i complimenti per il “miracolo” che avevo compiuto catalizzando su di me l’attenzione degli alunni. Considera, fu tale l’apprezzamento che sortii nei ragazzi che poi fui invitato alla loro cena di fine anno per ripagarmi delle emozioni che gli avevo regalato in quelle due ore e più di visita testimoniata dalla frase che scrissero sul registro delle presenze qui al museo: “Grazie Gaetano per avere arricchito la nostra cultura e per averci ospitato in questa struttura bellissima. Hai un cuore grande quanto Napoli”. Tutto ciò smentisce le dicerie secondo cui i giovani sono insensibili a certe realtà. Sono gli adulti che non sanno, o non vogliono, avvicinarli al mondo della cultura!

Gaetano, sei mai colto dallo sconforto? Sei mai attraversato dal fatidico dubbio, “ma chi me lo fa fare?”

Sono provato perché tutto ciò richiede uno sforzo che oramai sento di non essere più capace di sostenere. Le energie che vado a profondere dovrebbero essere dirottate verso qualcosa di propositivo, mentre sono letteralmente dissipate per dover ottemperare a una serie di richieste e a una serie di situazioni che a questo punto mi dovrebbero per certi aspetti essere dovute, non fosse altro perché io mi sento custode pro tempore di questa raccolta che ho messo a disposizione della città. E la parte civile della città dovrebbe avvertire almeno il desiderio di essere vicina a chi si spende per Napoli. Invece avvengono casi vergognosi come quello di Gerardo Marotta: quando scomparve, si affrettarono ad affiggere un manifesto con scritto GRAZIE GERARDO! Quando si muore non si dà più fastidio, non si è più pericolosi. Gerardo Marotta, scomparso alla soglia dei novant’anni, ci lasciò con il desiderio di veder realizzata la sua biblioteca. Napoli dovrebbe capire che ci sono delle testimonianze e ricchezze, realtà verso cui dovrebbe essere più rispettosa e orgogliosa e che esistono persone che si spendono per la città le quali, anziché essere emarginate, dovrebbero essere messe nella condizione di poter concorrere al riscatto della città, anche in maniera sinergica e cooperativistica. Qui invece esistono i vari individualismi dove ognuno, dando libero sfogo a un egocentrismo sterile, si sente depositario del verbo della realtà e capace di realizzare qualsiasi cosa. Invece solo unendosi, solo facendo un gioco di squadra si possono ottenere grandi risultati.

Le istituzioni e il mondo della cultura napoletana hanno preso atto della tua realtà…

Certo. Molti rappresentati delle istituzioni e delle accademie sono venuti a visitare la collezione, riconoscendole un valore di interesse unico nel suo genere. Promettendo che si sarebbero attivati perché avesse il giusto riconoscimento. Sto ancora aspettando!

CON GIANNI BICCARI PER LE STRADE DI NEW ORLEANS

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Di seguito l’intervista integrale apparsa su comunicaresenzafrontiere.it


Sabato 16 marzo all’Art Garage – Viale Bognar, 21/Pozzuoli, adiacente alla stazione della metropolitana FS– si è inaugurata la mostra fotografica “NEW ORLEANS, 1995” di Gianni Biccari.

Le foto, rigorosamente in bianco e nero, sono un reportage di strada scattato dal maestro durante il suo viaggio di nozze con la moglie Genny nel 1995. L’esposizione, che rientra nella rassegna “ArtinGarage” curata dallo stesso Biccari, durerà fino al 29 marzo: sarà aperta al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 22; il sabato dalle 10 alle 20.

In via del tutto eccezionale si potrà visitarla anche la domenica, ma solo previo appuntamento telefonando al numero 338805491.

Presenti all’inaugurazione, ne abbiamo approfittato per porre alcune domande all’artista.

Gianni a ottobre hai esposto al PAN con una rassegna di foto di scena che ha avuto un ottimo successo di pubblico e di critica cui sono seguiti altri eventi che ti hanno visto protagonista; oggi siamo qui per questa nuova mostra: possiamo considerare terminato il divorzio tra te e la fotografia?

Assolutamente sì! anche se, più che di un divorzio, si è trattato di una pausa di riflessione. Il rapporto di “coppia” è ripreso con maggiore vigore. Mi fa piacere presentare queste fotografie di New Orleans perché è il mio unico reportage di strada.

Tu sei ufficialmente un fotografo di Teatro di figura, ossia marionette…

Lo sono stato fino a qualche anno fa assiduamente, oggi mi interesso di altro ma quel tipo di spettacoli mi sono rimasti nel cuore: non hai idea del fascino e della bellezza che si cela dietro le quinte

Come mai questa scelta del teatro di figura?

È stato un naturale evolversi: frequentando l’ambiente teatrale mi si è presentata l’opportunità e ho documentato i vari festival in giro per l’Italia. A proposito di ciò, giovedì sono stato invitato a Cividale del Friuli per la giornata mondiale della marionetta, organizzata da UNIMA, dove esporrò una mostra che già ho presentato in altre occasioni dove ritraggo gli animatori all’interno dei teatrini mentre muovono i burattini.

Questo è il secondo anno che curi questa rassegna, cosa ti ha spinto ad assumerti tale onere?

Prima di tutto la passione per la fotografia e, come ti ho già detto prima, il ritorno di fiamma con la macchina fotografica. E poi perché oggi c’è una sovraesposizione fotografica, ma tutta in virtuale sparsa tra social, telefoni e hard disk. Invece secondo me le fotografie devono essere stampate e appese al muro per essere ammirate da tutti!

Questo vale solo per voi fotografi di professione o per chiunque coltivi la passione fotografica?

Per chiunque ami la fotografia. Non a caso in questa edizione espongono anche giovani validi che non necessariamente fanno della fotografia la loro professione. Ad esempio hanno già esposto i ragazzi di “Scrivendo con La Luce” che hanno presentato un lavoro bellissimo sulla metropolitana di Napoli che ritengo dovrebbe rimanere come dono alla città.

Dopo questa mostra cosa hai in programma?

Oltre alla rassegna sul teatro delle marionette a Cividale del Friuli, sto cercando di elaborare un progetto a medio-lungo termine giacché non considero il singolo scatto un’immagine a se stante bensì parte di un racconto, di un vissuto articolato. Non faccio mai una foto fine a se stessa, ma la penso sempre all’interno di un contesto più ampio di cui rappresenta un momento imprescindibile dagli altri. Non a caso le sequenze delle mie mostre sono raggruppate per temi.

Per il prossimo anno cosa ci dobbiamo aspettare?

Ho pronto un reportage su Matera, un altro su Firenze. Ma soprattutto vorrei allestire una mostra su Parigi! Ci sono stato già tre volte, conto di ritornarci per completare gli scatti per poi poterla finalmente esporre a Napoli, magari in un ambiente istituzionale o associativo legato alla Francia. Consentimi di ricordare con una punta di orgoglio che quando nel 2007 ci fu a Napoli la Notte Bianca gemellata con Parigi, l’allora assessore alla cultura, sapendo che avevo una mostra fotografica sulla “ville lumiere” che aveva girato per l’Italia, mi chiamò perché la esponessi. La sorpresa fu che durante il concerto di Pino Daniele, il clou di quella “notte”, cui intervenne Giorgia, le mie foto furono proiettate ai lati del palco con il mio logo. Ecco posso dire che quello è stato in assoluto il momento più bello della mia carriera fotografica.

In futuro possiamo aspettarci qualcosa sui Campi Flegrei?

Sì, non escludo che potrebbe essere questo il progetto a medio-lungo termine cui accennavo prima…

 

Vincenzo Giarritiello

ANGELINA DI BONITO – POETESSA DELLA PITTURA

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Di seguito la versione integrale dell’articolo pubblicato su comunicaresenzafrontiere

Sabato 9 marzo, per la rassegna QUATTRO CHIACCHIERE CON L’AUTORE, nella sede dell’associazione culturale Lux In fabula si è svolto l’incontro con la pittrice Angelina Di Bonito.

Persona timida e riservata, l’artista si è spesa in poche parole, lasciando che a parlare fossero le proprie opere dal tocco leggero e penetrante, da cui traspariscono forti emozioni.

In particolare i ritratti effondono una profonda visione intimista, che si riflette negli sguardi intensi e nelle espressioni dei soggetti dipinti, dal delicato sapore di poesia. Tant’è, più d’uno dei presenti ha evidenziato tale aspetto giungendo a definire la Di Bonito “poetessa della pittura”.

Alla serata era presente il maestro d’arte Antonio Isabettini che, oltre a spendere parole d’elogio per l’artista, ha ricordato quando da ragazzi, insieme con altri giovani pittori, si recavano in giro per Pozzuoli per ritrarre angoli del capoluogo flegreo.

Raccontando di sé, la Di Bonito ci ha tenuto a precisare di essere un autodidatta; di aver iniziato a dipingere all’età di sette anni quando il papà le regalò la prima scatola di colori e di non aver più smesso. Alla domanda “qual è il suo riferimento artistico” ha risposto “non ne ho uno in particolare. Mi piace spaziare dall’espressionismo all’astrattismo, dal seicento caravaggesco alla scuola di Posillipo. Da ogni pittore ho cercato di imparare qualcosa che è servita a formare il mio stile”.

La serata si è aperta con un breve filmato, montato da Claudio Correale presidente dell’associazione e da Guglielmo Moschetti compagno della Di Bonito e scrittore anche lui in calendario nella rassegna, in cui si potevano ammirare alcune opere dell’artista e immagini di concorsi dove ha partecipato e vinto.

Lo stile di vita sobrio ed elegante della Di Bonito ricorda quello di una nobildonna dell’ottocento. Non a caso il maestro Isabettini ha affermato con rammarico “Angelina è nata nell’epoca sbagliata. Fosse nata a fine ottocento, sarebbe stata un Chagall o un Van Gogh al femminile” riferendosi non solo alla sua pittura ma alla personalità compita e decisa della Di Bonito “poetessa della pittura”.

Vincenzo Giarritiello

04/03/2013 – 04/03/2019: POZZUOLI RICORDA IL SESTO ANNIVERSARIO DELL’INCENDIO DI CITTA’ DELLA SCIENZA

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Di seguito la versione integrale dell’articolo pubblicato su comunicaresenzafrontiere

La sera del 4 marzo 2013 un incendio doloso rase al suolo quattro dei sei capannoni di Città della Scienza, uno dei luoghi simbolo della cultura napoletana, fiore all’occhiello della città. L’inchiesta giudiziaria che seguì individuò in Paolo Cammarota, il custode del polo museale, l’unico responsabile del crimine.

Riconosciuto colpevole in primo grado, Cammarota è stato poi assolto in appello alcuni mesi fa e, dopo anni, bisogna ripartire da capo per risalire ai colpevoli. Uno dei tanti misteri italiani…

Per commemorare il sesto anniversario del rogo, affinché quello sfregio alla cultura nazionale e internazionale non cada nell’oblio, il 4 marzo 2019 Premio Civitas e Fondazione IDIS hanno organizzato al cinema Sofia di Pozzuoli la proiezione del crossover VOCE ‘E SIRENA del regista Sandro Dionisio con Cristina Donadio e Rosaria De Cicco.

Prima della proiezione, sul palco è stato allestito un salottino per discutere della pellicola. Al dibattito, moderato dal giornalista RAI Ettore De Lorenzo, hanno partecipato il regista, le attrici e il dottor Giuseppe Albano Commissario di Città della Scienza.

Particolarmente accorato l’intervento del dottor Albano che, assumendosene la responsabilità, ha pubblicamente attribuito il ritardo della ricostruzione di Città della Scienza a un mancato accordo tra Comune e Regione: alcuni mesi dopo il rogo fu bandito un concorso a livello europeo per la presentazione del progetto di recupero del sito. A vincerlo fu un team di giovani napoletani. Purtroppo non se ne fece nulla per contrasti tra Comune e Regione. Nel 2017 fu bandita una nuova gara di cui tuttora non si ha traccia…

Dopo il commissario Albano la parola è passata al regista che ha spiegato la genesi del film: assistendo alla diretta televisiva dell’incendio, sentì l’impulso di scrivere un soggetto cinematografico in cui si denunciasse l’ennesima ferita inflitta alla città da “mani ignote” che non si fanno scrupoli di distruggerne il patrimonio culturale pur di affermare i propri “interessi” criminali.

Quindi è toccato alle attrici. Cristina Donadio ha paragonato “Voce ‘E Sirena” a “La 25° Ora” di Spike Lee girato alcune settimane dopo l’11 settembre a Ground Zero per testimoniare il “vuoto” lasciato nell’anima dell’America dall’attentato alle Torri Gemelle. Parlando delle proprie emozioni provate recitando a Città Della Scienza poco dopo il rogo, quando dalle macerie si levavano ancora i fumi dell’incendio, la Donadio ha dichiarato, “Sentivo dentro di me una ferita. Quel calore e quell’odore me lo sono portata addosso”. Ha quindi concluso, citando Pasolini, “bisogna educare le nuove generazioni al valore della sconfitta” per affermare che una sconfitta spesso può essere un pretesto per risorgere più forti di prima!

L’altra protagonista, Rosaria De Cicco, ha dichiarato, “fare questo film mi ha resa molto felice come cittadina: avevo la sensazione di fare qualcosa di concreto per le generazioni future. Questo film ha contribuito a un’azione civile. Non può passare la volontà di non trovare i responsabili. Questo film è per non dimenticare. Dobbiamo apprezzare che ci siano film che ci aiutano a recuperare la dignità!”.

Alla serata, cui ha partecipato un folto pubblico, erano presenti rappresentanti delle istituzioni e del mondo dello spettacolo.

Alla fine della proiezione è seguito un sobrio buffet, ciliegina sulla torta di una bella serata all’insegna della riflessione pubblica sul valore dell’arte e della cultura nella società d’oggi.

La memoria, come una pianta, va alimentata periodicamente con l’acqua del ricordo se si desidera un futuro migliore per le future generazioni.

Un grazie a Sandro Dionisio, all’intero cast del film e agli organizzatori dell’evento.

Vincenzo Giarritiello

INTERVISTA A LORENZO LEONE – FOTOGRAFO PER PASSIONE, CON IL DILEMMA SE FARNE UNA PROFESSIONE…

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Di seguito la versione integrale dell’intervista pubblicata su comunicaresenzafrontiera

Sabato 2 marzo all’ArtGarage – Viale Bognar 21/Pozzuoli, adiacente alla stazione della metropolitana – si è inaugurata la mostra fotografica VIAGGIO A TECLA E MORIANA di Lorenzo Leone. L’esposizione, che rientra nel progetto ArtinGarage curato da Gianni Biccari, durerà fino a venerdì 16 marzo; la si potrà visitare dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 22 e il sabato dalle 10 alle 20, la domenica è chiusa.

Invitati all’apertura dell’evento, abbiamo colto l’occasione per rivolgere alcune domande all’artista.

Lorenzo alla fotografia ti sei avvicinato da giovane o in età matura, ma soprattutto per passione o per altri motivi?

Assolutamente per passione. Da ragazzo, quando uscivamo con gli amici, portavo sempre con me una macchinetta con cui mi divertivo a immortalare momenti di goliardia, ma non solo. Successivamente, all’epoca dell’università, da autodidatta ho iniziato a studiare la fotografia.

Che studi hai fatto?

Nulla a che vedere con la fotografia, sono un commercialista. All’epoca dell’università, tramite internet, frequentando siti e forum specifici, ho iniziato ad approfondire l’argomento fotografico cui è seguita una lunga fase di pausa. Alla fotografia mi sono riavvicinato quattro anni fa iscrivendomi a un corso base per imparare i rudimenti, seppure già li conoscessi. In quel caso ho avuto la fortuna di avere come maestro Mario Ferrara grazie al quale ho imparato nuove tecniche, compreso molti aspetti dell’arte fotografica finora allora a me ignoti e ho conosciuto e studiato tanti fotografi dai quali ho cercato di trarre il meglio per crescere. Da allora non mi sono più negato il piacere di fotografare.

La mostra si intitola DA TECLA A MORIANA, chiaro riferimento alle “Città invisibili” di Calvino. Non a caso nelle foto esposte i soggetti ritratti sono case e edifici in ricostruzione o in abbandono. Questa scelta specifica è nata per caso o è voluta?

Prima di tutto questi soggetti mi attirano e poi stavo lavorando a un progetto, “Under Construction” con la foto di Edenlandia in ristrutturazione come foto di copertina, dove immaginavo quale futuro avessero ogni casa o edificio in fase di restauro o in attesa di essere recuperati. A mio parere essi rappresentano un bivio immaginario che induce a fantasticare su come fossero prima del decadimento e come saranno dopo la ristrutturazione. Mi piace leggerla così…

Credi che esiste un’identificazione inconscia tra la tua interiorità e la scelta dei soggetti che ritrai?

Assolutamente sì, in loro riconosco il mio essere in divenire!

Questa è la tua prima mostra o ne hai già fatte altre?

Questa è la mia prima “personale”.

Progetti per il futuro?

Dal punto di vista generale voglio portare avanti questo discorso. Entrando nello specifico, a breve ci sarà il congresso nazionale FIAF “ANIMA CAMPANIA” cui parteciperò con una serie di scatti. Al momento ho in corso di esposizione a Milano una serie di foto relative alla ex S.S.162 che passa sul Centro Direzionale relative al rapporto tra il viadotto e le case sottostanti, progetto che già ho presentato a Trieste.

Come riesci a districarti tra lavoro e passione?

Fare il commercialista mi consente di disporre delle risorse economiche indispensabili per investire in macchinari e quant’altro sia necessario per portare avanti al meglio questa passione.

Speri di riuscire a vivere un giorno solo di fotografia?

Spesso mi faccio questa domanda e non so darmi una risposta.

Perché?

Mi chiedo: se riuscissi a fare della mia passione un lavoro, sarà uguale come ora? La fotografia resterà sempre un piacere? Oppure, trasformando il piacere in dovere, corro poi il rischio di dovermi cercare un nuovo diversivo per ritemprarmi dalla realtà?…

Bella domanda!

 

Vincenzo Giarritiello

POZZUOLI, UN INIZIO MARZO CARICO DI EVENTI CULTURALI

marzo cultura pozzuoli

Sarà un inizio marzo all’insegna della cultura e dello spettacolo quello che si prospetta a Pozzuoli per il prossimo fine settimana.

Si incomincia sabato 2 marzo alle ore 17 all’Art Garage – Viale Bognar, 21 nei pressi della metropolitana – con l’inaugurazione della mostra fotografica “Viaggio a Tecla e Moriana” di Lorenzo Leone. L’evento è il secondo appuntamento della rassegna fotografica a scadenza bisettimanale curata da Gianni Biccari. Apertura: lunedì-venerdì dalle 10 alle 22; sabato dalle 10 alle 20; domenica chiuso. Ingresso libero.

Quello stesso giorno alle ore 21 presso ‘A PUTECA ‘E LL’ARTE – Via Traversa Provinciale Pianura, 16/Pozzuoli (direzione Pozzuoli-Pianura di Fronte BA.CO.GAS) – si terrà il concerto del cantautore Nicola Dragotto, “DIVAGAZIONI (tu chiamale se vuoi)”. Costo del biglietto 10 euro.

Domenica 3 marzo per commemorare il 49° anniversario dello sgombero del Rione Terra, a partire dalle ore 10,30 un gruppo di ex abitanti della rocca si ritroveranno nel piazzale d’ingresso del Rione per raccontare episodi di vita vissuta fino al giorno dello sgombero nell’attesa si facciano le 12, ora in cui ebbe inizio l’evacuazione, per chiudere il raduno con una sorpresa commemorativa. Ingresso libero, partecipazione aperta a tutti.

La tre giorni culturale si concluderà lunedì 4 marzo al cinema Sofia: per ricordare il sesto anniversario dell’incendio di Città della Scienza che cade proprio quel giorno, alle ore 20,30 si proietterà il docufilm VOCE ‘E SIRENA del regista Sandro Dioniso con Cristina Donadio, Rosaria De Cicco e Agostino Chiummariello. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Buon divertimento!

Vincenzo Giarritiello

SCAFFALE: “LE MIE RAGAZZE-RAGAZZE ROM SCRIVONO”, DI VINCENZO GIARRITIELLO

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(Nella foto in alto l’autore con il dottor Gianluca Guida, Direttore dell’IPM di Nisida)

Di seguito la versione integrale della recensione a LE MIE RAGAZZE – RAGAZZE ROM SCRIVONO pubblicata su comunicaresenzafrontiere.it

Sono passati quasi tredici anni da quando lo scrittore Enzo Giarritiello coordinò un laboratorio di scrittura creativa presso la sezione femminile del carcere minorile di Nisida. “La più tosta ma anche la più bella delle esperienze di laboratorio con i ragazzi“,  ci tiene a precisare.  Quest’ultima rientra tra le attività creative che l’autore ha tenuto a Pozzuoli (per anni ha coordinato un laboratorio di scrittura creativa presso la libreria per ragazzi “CionCionBlu” e uno di nove settimane presso il IV Circolo di Pozzuoli con due quinte accorpate).

L’esperienza nel carcere di Nisida, raccolta in un diario che all’epoca aggiornava regolarmente quando rientrava dagli incontri, non si era mai pensato di pubblicarla per non disattendere l’impegno assunto con chi gli aveva concesso quella possibilità. Gli incontri avvenivano ogni sabato tra fine giugno e fine luglio del 2006.

Allora allo scrittore fu suggerito di realizzare un libro sulla sua esperienza con l’intento di fornire un ulteriore strumento di supporto per chi lavora con realtà sociali disagiate.
A distanza di tanto tempo, rileggendo il diario, resosi conto che non violava la privacy delle ragazze né di altri, lo scrittore ha deciso di darlo alle stampe con il self publishing di Amazon.

Il volume è composto di otto capitoli, ognuno con un titolo indicativo sull’argomento, ne segnaliamo tre: “L’AMORE NON VINCE TUTTO”, il terzo capitolo, racconta il punto di vista sull’amore delle ragazze. Nel settimo capitolo, LA RABBIA DI UNA FIGLIA, si argomenta la divertente insistenza delle ragazze quando appresero che era padre di due maschi. A loro dire, “si doveva dare da fare” per mettere al mondo una femmina: “Solo se ti incazzi anche con una figlia puoi dire d’essere un vero padre. Le incazzature con i figli maschi non ti danno nulla di nuovo essendo tu maschio e avendo quindi vissuto le loro stesse problematiche da piccolo. Solo se avrai confronto con una femmina potrai comprendere cosa vuol dire essere veramente padre e sentirti un uomo completo. Finché non lo farai sarai un uomo a metà in quanto conoscerai solo una faccia della medaglia, l’altra ti sarà ignota!“.

Una menzione a parte merita il sesto capitolo, “INCUBO”, dove Giarritiello raccoglie la testimonianza di una delle secondine: la donna riferisce le proprie esperienze precedenti in vari penitenziari femminili, raccontando con le lacrime agli occhi degli orrendi crimini di cui si macchiavano alcune detenute.

Il volume, scritto in modo fluido e scorrevole, si legge velocemente riuscendo a dare uno spaccato femminile su un universo poco affrontato, quello rom. L’etnia, oggetto da sempre di una visione stereotipata in termini negativi, racchiude un retaggio culturale profondo e articolato che meriterebbe d’essere approfondito per capire le tante dinamiche, anche contraddittorie, che la caratterizzano.

Il Libro è disponibile su Amazon

La Redazione

POZZUOLI: ALL’ART GARAGE “ZEITGEIST”, LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI MARCO IANNACCONE/SCARLET LOVEJOY

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Sabato 16 febbraio all’Art Garage – Parco Bognar 21, Pozzuoli -, s’è inaugurata la mostra fotografica “ZEITGEIST” di Marco Iannaccone/ScarletLovejoy. L’esposizione durerà fino al 1 marzo. Abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda al maestro.

Zeitgeist cosa rappresenta?

Zeitgeist significa “spirito del tempo”. Attualmente si parla molto di una possibile eruzione del Vesuvio. Visitando gli scavi di Pompei ho visto i calchi di coloro che morirono durante l’eruzione che la distrusse. A loro modo sono una rappresentazione dello spirito del tempo in quanto possono essere considerati alla stregua di fotografie: la fotografia congela il tempo, i calchi hanno congelato un periodo storico. La stessa cosa voglio fare con zeitgeist rappresentando l’attualità.

In pratica, se non ho frainteso, ti sei immaginato un’attuale eruzione del Vesuvio, rielaborando le foto in modo da farle apparire come una sorta di calchi di coloro che furono uccisi dal terremoto immortalandoli nel loro ultimo gesto esistenziale come è avvenuto a Pompei con i calchi…

Sì, lo spirito del tempo del 2019!

Oltre a zeitgeist quali altri progetti hai realizzato?

Ne ho realizzato tanti di svariate tipologie, perfino quello in cui il soggetto era un condominio raccontandone le infinite storie che vi si articolano nel suo interno in quanto un condominio a modo suo è un universo. In sintesi mi piace ritrarre il sociale ricostruito a modo mio, non mi piace il reportage. Le storie si possono raccontare anche in maniera costruita.

Il fotografo è un testimone del nostro tempo, prediligi soffermarti su un soggetto particolare o spazi ad ampio raggio?

Cerco di rappresentare il sociale in tutte le sue sfumature: ho affrontato il femminicidio, un progetto che tenni in stand by per due/tre anni; mi sono interessato del fenomeno del nuovo fascismo di cui oggi si parla con insistenza, seppure è un argomento che non mi piace.

Quando fotografi ti identifichi nel soggetto che stai ritraendo o te ne distacchi?

In parte non mi distacco, partecipo a ciò che sto rappresentando sia da un punto di vista compositivo sia emotivo perché se ho deciso di ritrarlo significa che mi emoziona: fotografare è eternare un’emozione.

Napoli è una città con tante sfumature sociali per cui a un artista potenzialmente offre miriadi di soggetti: vivere a Napoli artisticamente ti ha favorito?

No. Per un periodo della mia vita ho vissuto a Milano e ho fatto progetti anche lì. Milano e Napoli, essendo delle metropoli, hanno le stesse problematiche. Tuttavia riconosco che a Milano difficilmente avrei potuto ritrarre una donna con il paniere come invece ho fatto a Napoli. Certe immagini giocose le può offrire solo Napoli.

Tra poco assisteremo a una sorta di spettacolo denominato Tarallucci e Vino di cui sei il protagonista, di cosa si tratta?

Durante le inaugurazioni delle mostre si è soliti offrire un buffet. Bene, la mia è una critica al fatto che molto spesso le persone vengono alle inaugurazioni solo per approfittare del buffet, mangiando e bevendo a scrocco; oppure per intessere public relations al fine di crearsi dei contatti da sfruttare in seguito per proprio uso personale, fregandosene dell’artista e delle sue opere. In questo breve spettacolo verrò rappresentato come una statua fatti di palloncini che contengono del vino a cui piedi ci sono piattini con taralli: delle persone verranno verso di me per prendere un tarallo e faranno scoppiare i palloncini per bere il vino contenuto distruggendo la statua di cui sono parte integrante. In questo modo voglio affermare che quando il pubblico va alle mostre solo per mangiare e bere distrugge l’arte: la gente non si rende minimamente conto di quanto lavoro c’è dietro la creazione artistica e all’allestimento di una mostra. Personalmente ho la sensazione che a Napoli, ma mi sento di dire in Italia in generale, molte persone non hanno rispetto per l’arte.

Perché la gente non avrebbe rispetto per l’arte?

E’ un problema di educazione e anche perché oggi l’attenzione delle persone è distolta da molti oggetti di distrazione di massa. Non a caso tra i soggetti che ho ritratto ce ne è uno che si fa un selfie mentre il Vesuvio sta eruttando non avvedendosi del rischio che corre.

Progetti per il futuro?

Dopo Pozzuoli, scelta come luogo d’anteprima, da luglio ad agosto porterò Zeitgeist al PAN a Napoli e sempre al Pan riproporrò un progetto dal titolo Ritrovarsi che ho già esposto a ottobre scorso.

 

Vincenzo Giarritiello