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CORONAVIRUS, IL DILEMMA AMLETICO DEI RUNNER: CORRERE O NON CORRERE?

In un momento così delicato per il nostro paese che nel giro di tre settimane ha scoperto d’essere il nuovo focolaio nel mondo del coronavirus, stupisce la querelle che da giorni sta montando sui social riguardo la possibilità o meno di poter praticare attività sportiva all’aria aperta, soprattutto se si può o no correre per le vie delle città.

La discussione, dispiace dirlo, nasce dall’assoluta mancanza di chiarezza nei vari DPCM emanati dal governo in questi giorni in cui, pur limitando le uscite dei singoli soggetti allo stretto necessario – recarsi a lavoro, andare a fare la spesa o dal medico, recarsi a casa di un ammalato o di un anziano per assisterlo -, si consentiva alle persone di passeggiare o praticare l’attività sportiva all’aria aperta purché non si creassero assembramenti e si mantenesse la debita distanza di sicurezza di un metro l’uno dall’altro. Tutto ciò per non minare radicalmente le abitudini e la libertà dei cittadini, confidando nel loro buonsenso.

Come era prevedibile tale concessione delegata alle coscienze delle persone ha creato ulteriore confusione, alimentando in una parte dell’opinione pubblica la convinzione che il coronavirus fosse poco più di un’influenza – tale persuasione è frutto dell’iniziale disaccordo serpeggiante tra gli esperti che, a loro volta ignari di ciò che stava avvenendo, si smentivano a vicenda sminuendo o estremizzando la pericolosità del virus – facendola sentire nel pieno diritto, una volta prese le opportune precauzioni , di poter continuare a vivere come se nulla fosse.

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