raggiolo lapide

RAGGIOLO E QUELLA LAPIDE CHE NE CELEBRA L’UMANO EROISMO

Chi mi conosce o mi segue sul blog e sui social sa quanto sia legato a Raggiolo, diciamo pure innamorato.

Arroccato sulle pendici del Pratomagno in provincia di Arezzo, Raggiolo è un piccolo agglomerato urbano immerso nel verde del casentino toscano che ha fatto della salvaguardia dell’ambiente e della riscoperta delle tradizioni la propria forza propulsiva in ambito turistico tanto da meritarsi l’accesso nell’esclusivo club dei borghi più belli d’Italia, come recita con orgoglio uno dei cartelli d’ingresso al paese.

L’aria pura che vi si respira e la quiete che culla l’anima leniscono i turbamenti della quotidianità, consentendo all’uomo di ritrovare se stesso e di riscoprire il proprio imprescindibile legame con la natura. Queste furono le ragioni per cui intitolai RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PARADISO IN TERRA il volume di racconti e riflessioni che vi dedicai.

Sono oltre vent’anni che con la famiglia d’estate vado in vacanza a Raggiolo, eppure ogni volta che ci ritorno, il paese mi riserva sempre nuove sorprese ed emozioni.

Ultima piacevole scoperta la lapide affissa in un angolo del paese frutto della riconoscenza di un gruppo di famiglie ebree che durante il periodo delle leggi razziali trovarono rifugio a Raggiolo, scampando a un inevitabile quanto mai tragico destino.

Di questa lapide scoperta l’11 agosto del 2013 ne ero all’oscuro. Eppure chissà quante volte l’ho sfiorata distrattamente con lo sguardo mentre passeggiavo per il paese.

Tutto ciò rientra nello spirito dei raggiolatti, gente allegra ma discreta che mai si sognerebbe di vantarsi di un gesto che dovrebbe appartenere a chiunque si reputi uomo: mettere a repentaglio se stesso e il paese con l’assenso dell’intera comunità pur di salvare delle vite umane.

A nessun raggiolatto sarebbe venuto in mente di edificare una lapide per autocelebrare un simile atto di eroismo – ve ne è un’altra per onorare i raggiolatti caduti in guerra – in quanto l’accoglienza, il rispetto per il prossimo, a prescindere dalla lingua, dall’etnia e dal colore della pelle appartengono allo spirito del luogo.

La foto della lapide dedicata a Raggiolo per aver difeso dal nazifascismo degli ebrei, su cui è evidenziato che TUTTI SAPEVANO NESSUNO HA PARLATO, mi è stata inviata ieri sera dal Paolo Schiatti il Presidente della Brigata di Raggiolo in risposta alla mia recensione a LA LETTERA DI GERTRUD, un romanzo dello scrittore svedese Bjorn Larssen sull’antisemitismo e sull’essere ebrei.

La stessa foto è stata pubblicata ieri sulla pagina Facebook della Brigata senza alcuna enfasi, come se fosse una delle tante per commemorare la giornata della memoria, a conferma dell’umiltà che caratterizza i raggiolatti anche quando avrebbero più di un motivo di vanto.

Pure questo è Raggiolo, onorato di farne parte!

 

sogni rubati

“SOGNI RUBATI”, L’ULTIMO DECENNIO FASCISTA A POZZUOLI RACCONTATO DA SIGLINDA GENTILE LOPEZ

Ambientato tra Pozzuoli, la penisola sorrentina e la Marsica nel decennio 1935-1945, epoca in cui si consolida il fascismo e scoppia la tragedia della guerra, Sogni rubati di Siglinda Gentile Lopez, edito da MEF, è la narrazione dettagliata e a tratti cruda, di una società perennemente in conflitto tra quanti sostengono Mussolini e chi invece lo contesta e contrasta mettendo a repentaglio la propria vita e la sicurezza della propria famiglia pur di osteggiare le brutture del fascismo culminanti nelle leggi razziali  e nell’adesione al conflitto bellico al fianco di Hiltler.

Sullo sfondo di questo agghiacciante scenario, si intrecciano le storie di uomini e donne che, nonostante la repressione, la persecuzione agli ebrei e l’incubo della guerra, lottano con tutte le forze per dare corpo ai propri sogni e alle proprie ambizioni.

Con una scrittura asciutta e lineare, priva di sussulti emotivi – diversamente da quella che caratterizza il suo primo romanzo Pietre al sole dove invece il coinvolgimento emozionale del narratore lo si percepisce chiaramente – con il sostegno di un lungo lavoro di ricerca storica, senza mai cadere nella retorica, attraverso le vicende delle famiglie Franchi e Caravella – la prima dichiaratamente anti; la seconda schierata con il regime, in particolare le donne che intravedono nei gerarchi la chiave per il successo sociale e artistico e quindi vi si concedono sfacciatamente, incuranti di ridicolizzare il capofamiglia la cui nomea di cornuto uomo molle è nota a tutti –  la Gentile ricama un romanzo storico nella migliore tradizione del genere, accedendo i riflettori sulla Pozzuoli dell’epoca; mettendone in risalto le svariate storture e contraddizioni; rendendo omaggio a quanti persero la vita a causa del fascismo e della guerra, citando nomi e cognomi. […]

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