L’Aspirina riduce il rischio di COVID: nuovi risultati supportano lo studio preliminare israeliano

 

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Jerusalem Post – L’Aspirina riduce il rischio di COVID: nuovi risultati supportano lo studio preliminare israeliano

Il trattamento ha ridotto del 44% la necessità della ventilazione meccanica. I ricoveri in terapia intensiva sono stati inferiori del 43% e la mortalità complessiva in ospedale ha registrato una diminuzione del 47%.

L’Aspirina potrebbe proteggere i polmoni dei pazienti COVID-19 e ridurre al minimo la necessità di ventilazione meccanica, hanno affermato i ricercatori della George Washington University ( Stati Uniti ).

Il team ha studiato più di 400 pazienti COVID degli ospedali negli Stati Uniti che stavano assumendo Aspirina non-correlata alla malattia COVID, e ha scoperto che il trattamento ha ridotto di quasi la metà il rischio di diversi parametri: necessità di ventilazione meccanica del 44%, ricoveri in terapia intensiva del 43%, e mortalità complessiva in ospedale del 47%.

L’Aspirina ( Acido Acetilsalicilico ) a basso dosaggio è un trattamento comune per chiunque soffra di problemi di coagulazione del sangue o è in pericolo di ictus, compresa la maggior parte delle persone che hanno avuto un infarto del miocardio. Sebbene colpisca il sistema respiratorio, il coronavirus è stato associato alla coagulazione dei piccoli vasi sanguigni, causando trombi nel sistema sanguigno polmonare, portando all’ARDS – sindrome da distress respiratorio acuto.

I ricercatori israeliani hanno raggiunto risultati simili in una sperimentazione preliminare presso il Barzilai Medical Center ( Ashkelon; Israele ) a marzo. Oltre al suo effetto sui coaguli ematici, hanno scoperto che l’Aspirina portava benefici immunologici e che il gruppo che la assumeva aveva il 29% in meno di probabilità di contrarre il virus.

L’Aspirina è a basso costo, facilmente accessibile e milioni di persone la stanno già impiegando per curare i propri problemi di salute. ( Fonte: The Jerusalem Post )

LINK: https://www.jpost.com/health-and-wellness/aspirin-lowers-risk-of-covid-new-findings-support-preliminary-israeli-trial-681127

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COVID: ok dell’EMA alla terza dose del vaccino Pfizer, anche se i rischi della terza dose non sono noti

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COVID: L’EMA HA DATO L’OK ALLA TERZA DOSE DEL VACCINO PFIZER AGLI OVER 18ENNI E AGLI IMMUNODEPRESSI, MA NEGLI ADULTI I DATI ESAMINATI SI RIFERISCONO ALLA FASCIA D’ETA’ 18-55 ANNI ( ? ) – NON SONO NOTI I RISCHI ASSOCIATI ALLA TERZA DOSE

L’Agenzia europea del farmaco ( EMA ) ha dato il via libera alla somministrazione di un richiamo del vaccino Pfizer-Biontech ( Comirnaty ), in quanto contribuisce all’aumento della produzione di anticorpi nelle persone di età compresa tra i 18 e i 55 anni quando viene somministrato ad almeno 6 mesi di distanza dalla seconda dose.

Gli Esperti dell’EMA hanno anche deciso che la terza dose può essere somministrata agli immunodepressi almeno 28 giorni dopo la somministrazione della seconda dose. SEBBENE NON CI SIANO PROVE DIRETTE CHE LA CAPACITÀ DI PRODURRE ANTICORPI NEI PAZIENTI IMMUNODEPRESSI SIA PROTETTIVA CONTRO IL COVID-19, SI PREVEDE CHE LA DOSE EXTRA POTREBBE AUMENTARE LA PROTEZIONE ALMENO IN ALCUNI PAZIENTI.

Il rischio di condizioni infiammatorie cardiache ( miocardite / pericardite ) o di altri effetti collaterali molto rari dopo un richiamo di vaccino anti-COVID non è noto e viene attentamente monitorato.

Fonte: EMA, 2021


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Terza dose: il dibattito è aperto – L’attendismo di Massimo Galli

Galli

TERZA DOSE, L’ATTENDISMO DELL’INFETTIVOLOGO MASSIMO GALLI: “NON ME LA SONO ASSOLUTAMENTE FATTA, VEDREMO CHE COSA VERRÀ DECISO RISPETTO ALLA SCADENZA DEL PERSONALE SANITARIO”

VIDEO: https://www.la7.it/laria-che-tira/video/terza-dose-lattendismo-dellinfettivologo-massimo-galli-non-me-la-sono-assolutamente-fatta-vedremo-28-09-2021-399405

MASSIMO GALLI: “COVID UCCIDERÀ ANCORA PER ALCUNI ANNI”

Nel prosieguo della sua intervista, il professor Galli ha detto che ci sono e ci saranno state moltissime infezioni inapparenti, cioè nel periodo di incubazione. Quindi, il virus circola “in maniera superiore a quella che riusciamo a individuare. La pressione su ricoveri e rianimazioni resta stabile o in calo, senza impennate di sorta, ma la brace cova sotto la cenere. Potremo tornare a una vita normale solo a piccoli passi e per gradi”.

Galli ha quindi sottolineato come si dovrà entrare nell’ottica di un rapporto di convivenza con il virus, presente in tutti gli angoli del mondo. Le tempistiche per azzerare quasi del tutto la letalità di SARS-CoV-2 sono difficilmente pronosticabili, ma, a detta dell’esperto, la presenza di Covid-19 con conseguenze temibili per la vita umana potrebbe durare “sicuramente dai cinque ai dieci anni”. (  Fonte: IlSussidiario.it )

COVID, GIORLANDINO: “L’UTILITÀ DELLA TERZA DOSE DI VACCINO È A RISCHIO PER LE VARIANTI”

“Il coronavirus è mutato, il vaccino no. Dunque, vaccinare adesso con un vaccino che è stato studiato per creare anticorpi esclusivamente su una proteina S che sta mutando di continuo è poco utile, seppure non del tutto inutile. Per questo la terza dose protegge poco dalle attuali mutazioni del virus. Non c’è la sicurezza che, ad oggi, possa ancora funzionare. In tutto l’Occidente si è spinto su un vaccino limitato e non su un vaccino tradizionale come quelli prodotti in Oriente, dalla Cina all’India, con un virus inattivato”. E’ quanto afferma il Prof. Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto Clinico Diagnostico di Ricerca Altamedica di Roma.

“Noi, primi in Italia, stiamo studiando le cellule di memoria, attraverso un’apparecchiatura di ultima generazione – spiega Giorlandino – Abbiamo visto quello che ci aspettavano, anche per analogia con la Sars e la Mers: l’immunità nelle cellule di memoria non passa e, soprattutto per chi ha avuto il virus, rimane. Una volta che il soggetto entra a contatto con qualsiasi virus anche mutato, siccome combatte tutto il virus e non solo una piccola parte della proteina S, gli anticorpi risalgono immediatamente”.

“Lo stesso vale per i vaccinati – aggiunge – Se si entra a contatto con un soggetto che presenta un’infezione con una proteina S per cui si è stati vaccinati gli anticorpi risalgono. Se però la persona vaccinata viene a contatto con chi presenta un’infezione in cui la proteina S è completamente mutata i suoi anticorpi non risaliranno. Il virus oggi presenta mutazioni tali per cui il vaccino, che ha salvato milioni di vite, non è più efficace come era all’inizio”. ( Fonte: AffarItaliani: LINK: https://www.affaritaliani.it/coronavirus/covid-l-utilita-della-terza-dose-di-vaccino-a-rischio-per-le-varianti-759974.html?refresh_ce )

 

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Molnupiravir il primo antivirale per os per forme non-gravi di COVID

COVID-19 experimental antiviral drug MOLNUPIRAVIR, two white pills with letters engraved on side, potential experimental WHO Coronavirus cure, pandemic outbreak crisis, isolated on blue background

COVID: l’ antivirale Molnupiravir riduce del 50% i ricoveri e i decessi nei pazienti non-gravi

Merck & Co ( MSD ) e Ridgeback Biotherapeutics ha annunciato che Molnupiravir, un antivirale per os, ha mostrato di ridurre di circa il 50% il rischio di ricovero e morte nei pazienti con forma lieve o moderata di COVID.

Sono stati presentati i risultati di una analisi ad interim di uno studio di fase III MOVe-OUT.

Le due Società hanno espresso l’intenzione di richiedere l’autorizzazione all’uso di emergenza ( Eua ) negli Stati Uniti nel più breve tempo possibile e, allo stesso tempo, richiedere l’autorizzazione ad altre Agenzie regolatorie a livello mondiale.

Se approvato, Molnupiravir potrebbe essere il primo farmaco antivirale per il trattamento del COVID-19.

In base ai dati della analisi ad interim, il 7.3% dei pazienti che hanno ricevuto Molnupiravir sono stati ospedalizzati o sono deceduti entro il 29esimo giorno dal momento della randomizzazione ( 28/385 ), contro un 14.1% per i pazienti trattati con placebo ( 53/377 ). Inoltre, fino al 29esimo giorno di somministrazione, nessun decesso è stato riportato nei pazienti che hanno ricevuto la somministrazione di Molnupiravir, a fronte di 8 pazienti deceduti trattati con placebo.

In base a questi risultati il reclutamento dei pazienti è stato interrotto anticipatamente, seguendo la raccomandazione di un Comitato indipendente di monitoraggio dei dati e in consultazione con l’Agenzia regolatoria degli Stati Uniti, FDA ( Food and Drug Administration ).

L’analisi ad interim pianificata ha valutato i dati di 775 pazienti inizialmente coinvolti nello studio di fase III entro il 5 agosto 2021.

I criteri di eleggibilità hanno previsto che tutti i pazienti avessero una diagnosi di COVID-19 lieve o moderata confermata in laboratorio, con la comparsa dei sintomi entro 5 giorni dalla randomizzazione nello studio.

Molnupiravir ha ridotto il rischio di ospedalizzazione e/o di decesso in tutti i sottogruppi principali dello studio; l’efficacia non è risultata influenzata dalla data di comparsa dei sintomi o dai fattori di rischio sottostanti.

Inoltre, sulla base dei partecipanti arruolati con dati di sequenziamento virale ( circa il 40% ), Molnupiravir ha dimostrato un’importate efficacia nelle varianti virali Gamma, Delta e Mu.

L’incidenza di qualsiasi evento avverso è risultata comparabile nei gruppi trattati con Molnupiravir e con placebo ( rispettivamente 35% e 40% ).

Allo stesso tempo, l’incidenza di eventi avversi correlati al farmaco è risultata comparabile ( 12% e 11%, rispettivamente ).

Un numero di pazienti inferiore ha interrotto la terapia nel gruppo di controllo trattato con Molnupiravir ( 1.3% ) rispetto al gruppo trattato con placebo ( 3.4% ). [ Fonte: Merck & Co ]

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BREAKING NEWS: Il laboratorio di Wuhan in Cina voleva migliorare geneticamente i virus dei pipistrelli per studiare i rischi sugli esseri umani

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Il laboratorio di Wuhan in Cina voleva migliorare geneticamente i virus dei pipistrelli per studiare i rischi sugli esseri umani

Meno di due anni prima dell’inizio della pandemia di COVID-19, gli scienziati dell’Istituto di virologia di Wuhan ( Cina ) avevano pianificato di alterare geneticamente i virus per renderli più infettivi per l’uomo e rilasciarli nelle caverne abitate da pipistrelli.

L’obiettivo della ricerca fa parte di una serie di documenti pubblicati questa settimana da un gruppo di scienziati che stanno cercando di determinare le origini della pandemia, che ha ucciso 4.7 milioni di persone in tutto il mondo, secondo la Johns Hopkins University.

L’Istituto di Virologia di Wuhan faceva parte di un gruppo di società, con al vertice l’organizzazione no-profit per la salute ambientale EcoHealth Alliance, che aveva presentato alla Defense Advanced Research Projects Agency ( DARPA ) del Governo degli Stati Uniti il progetto di ricerca con l’obiettivo di ottenere fondi.

La DARPA aveva respinto la proposta, e non è chiaro cosa sia successo al progetto di ricerca.

DARPA è un’agenzia di ricerca all’interno del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che mira a proteggere dalle minacce delle malattie infettive attraverso il programma PREEMPT.

Nella sua richiesta di finanziamento, EcoHealth Alliance aveva proposto di iniettare mortali coronavirus chimerici di pipistrello raccolti dall’Istituto di Virologia di Wuhan in topi umanizzati e batificati, ha affermato DRASTIC Research, che ha condotto l’indagine.

Tra i documenti condivisi da DRASTIC Research la richiesta di finanziamento da parte di un gruppo di ricercatori di Istituti diversi che volevano studiare i rischi dello “spillover ( salto di specie )” del coronavirus all’uomo, meno di due anni prima dell’inizio della pandemia di coronavirus.

Una copia della richiesta finanziaria di EcoHealth Alliance, condivisa da DRASTIC Research, afferma che il progetto proposto mirava a “disinnescare il potenziale di ricaduta di nuovi coronavirus correlati alla SARS ad alto rischio zoonotico originato da pipistrelli in Asia”.

EcoHealth Alliance ha scritto nel documento condiviso da DRASTIC Research che prevedeva di lavorare con i ricercatori della Duke-NUS Medical School di Singapore, University of Nord Carolina, Palo Alto Research Center in California, National Wildlife Health Center dell’US Geological Survey e del Wuhan Institute of Virology a Wuhan, Cina.

Acveva richiesto 14 milioni di dollari alla DARPA per condurre la ricerca, che è stata stimata avere una durata di tre anni e mezzo.

La proposta è stata datata marzo 2018, meno di due anni prima che SARS-CoV-2, il coronavirus che causa il COVID-19, iniziasse a diffondersi nel mondo. Si ritiene che il virus abbia iniziato a diffondersi tra gli esseri umani a Wuhan, dove è stata segnalata la prima ondata di infezioni.

Grazie a DRASTIC, il mondo ora sa che l’Istituto di Virologia di Wuhan aveva una vasta collezione di coronavirus raccolti nel corso di molti anni nelle grotte abitate da pipistrelli e che molti di loro, incluso il parente più vicino al virus pandemico, SARS-CoV-2, proveniva da una miniera dove tre uomini erano morti per una sospetta malattia simile alla SARS nel 2012.

L’Istituto di Wuhan stava lavorando attivamente con questi virus, utilizzando protocolli di sicurezza inadeguati, con modalità che avrebbero potuto innescare la pandemia, e che il laboratorio e le Autorità cinesi hanno fatto di tutto per nascondere queste attività. È anche chiaro che i primi casi sono comparsi settimane prima dello scoppio nel mercato umido di Huanan che un tempo si pensava fosse il punto zero.

Niente di tutto ciò è una prova conclusiva che una perdita di laboratorio abbia causato la pandemia, ma aumenta i sospetti. ( Fonte: NewsWeek )

https://www.newsweek.com/wuhan-lab-wanted-genetically-enhance-bat-viruses-study-human-risks-documents-show-1631784

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Vaccino Johnson & Johnson: protezione aumentata dopo 2 somministrazioni

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Johnson & Johnson ha annunciato che gli studi di fase 3 e gli studi real world hanno confermato la protezione forte e duratura della singola-dose – I dati aggiuntivi hanno mostrato che un booster ( richiamo ) aumenta la protezione
La protezione è del 94% negli Stati Uniti con booster somministrato a 2 mesi. Aumento di 4 volte degli anticorpi quando somministrato a 2 mesi; aumento di 12 volte degli anticorpi quando il richiamo viene somministrato a 6 mesi

I nuovi dati diffusi da J&J arrivano sia da studi clinici di fase 3 sia studi dal mondo reale, su persone vaccinate negli Stati Uniti.

Il più grande studio sul campo condotto finora per un vaccino Covid-19 negli Usa ha mostrato un’efficacia stabile al 79% contro le infezioni correlate al virus SARS-CoV-2, e dell’81% contro i ricoveri associati all’infezione.

Per tutta la durata della ricerca non sono emerse evidenze di un calo di efficacia, nemmeno quando la variante Delta di Sars-CoV-2 è diventata dominante negli Stati Uniti.

Lo studio ha incluso 390mila persone che hanno ricevuto il vaccino J&J e come controllo un campione confrontabile di oltre un milione e mezzo di persone non-vaccinate.

SECONDA SOMMINISTRAZIONE

Riguardo al richiamo lo studio di fase 3 ENSEMBLE 2 ha indicato che una seconda iniezione del vaccino, somministrata 56 giorni dopo la prima, ha prodotto ad almeno 14 giorni dal booster una protezione del 100% contro la forma grave / critico di COVID; del 75% contro COVID sintomatico ( da moderato a grave / critico ); del 94% contro COVID sintomatico ( moderato-grave / critico ) negli USA.

Con questo richiamo dato 2 mesi dopo la prima dose, i livelli di anticorpi sono aumentati da 4 a 6 volte. Mentre un booster somministrato a 6 mesi ha incrementato gli anticorpi di 9 volte passata una settimana dal richiamo, con livelli che crescevano progressivamente fino a essere 12 volte superiori trascorse 4 settimane dal richiamo. Tutti gli aumenti erano indipendenti dall’età.

Fonte: Johnson & Johnson

 

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Miocardite dopo vaccinazione con vaccini a RNA messaggero, Pfizer & Moderna – Evidenze cliniche

 

CardiologiaOnline.it

MIOCARDITE POST-VACCINAZIONE ? MOLTI GENITORI SONO IN APPRENSIONE PER LE NOTIZIE DI POSSIBILE MIOCARDITE DOPO SOMMINISTRAZIONE DI VACCINI A RNA MESSAGGERO

Gli studi finora effettuati non hanno rilevato nel breve pericoli significativi.

Su Cardiologia.net è riportato uno studio pubblicato su JAMA Cardiology. Qui le conclusioni:

” La miocardite è stata diagnosticata nei bambini dopo la vaccinazione COVID-19, più comunemente nei ragazzi dopo la seconda dose, e ha avuto un decorso benigno a breve termine.
Al momento i rischi a lungo termine associati alla miocardite post-vaccinazione rimangono sconosciuti. ” [ LINK: https://lnkd.in/djK3hmuS ]

I SINTOMI TIPICI DELLA MIOCARDITE SONO: MANCANZA DI RESPIRO, FEBBRE E DOLORE TORACICO

10 casi di miocardite / pericardite ogni 10.000 vaccinazioni

Ricercatori dell’Università di Ottawa, in Canada, hanno recentemente stimato la prevalenza di miocardite / pericardite in individui recentemente immunizzati con vaccini COVID a base di mRNA. L’analisi ha rivelato una prevalenza di 10 casi di miopericardite ogni 10.000 dosi di vaccino. Lo studio è attualmente disponibile su medRxiv.

Incidenza del rischio di miocardite da vaccini COVID a RNA messaggero

Tra i vaccini COVID-19 attualmente disponibili, i vaccini a base di RNA messaggero ( mRNA ) hanno mostrato efficacia, seppur di breve periodo, contro l’infezione dal virus SARS-CoV-2 negli studi clinici e negli studi del mondo reale.
Tuttavia, secondo il rapporto del Comitato per la sicurezza dei vaccini dell’ Organizzazione mondiale della sanità ( OMS ), una piccola percentuale di individui, in particolare persone di sesso maschile, può sviluppare miocardite ( infiammazione del muscolo cardiaco ) o pericardite ( infiammazione del pericardio ) poco dopo aver ricevuto i vaccini COVID-19 a mRNA.

Negli Stati Uniti, la prevalenza della miopericardite nei soggetti vaccinati di età compresa tra 16 e 24 anni è stata stimata superiore al previsto.

Un nuovo studio è stato condotto per identificare casi di miocardite / pericardite tra individui vaccinati di recente a Ottawa in Canada.

CONTINUA: https://cardiologiaonline.it/articolo/incidenza-del-rischio-di-miocardite-da-vaccini-covid-a-rna-messaggero

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Vaccino COVID Pfizer: l’efficacia nel ridurre i ricoveri cala sensibilmente dopo 4 mesi dalla seconda iniezione

 

CDC US

Il CDC ( Centers for Disease Control and Prevention ) degli Stati Uniti ha diffuso dati che dimostrano che «l’efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech contro i ricoveri da COVID cala significativamente dopo 4 mesi dalla seconda dose».

Dallo studio del CDC, riportato dal New York Times, il vaccino Pfizer è efficace al 91% nel prevenire i ricoveri fino a 4 mesi dopo la seconda dose. Trascorso questo periodo l’efficacia del vaccino cala al 77%.

Diverso è quanto emerge invece dai dati relativi al vaccino Moderna che hanno mostrato come questo vaccino rimanga «efficace contro i ricoveri anche dopo 4 mesi». Secondo lo studio del CDC, l’efficacia contro i ricoveri dopo 120 giorni resta al 92%, del tutto simile a quella iniziale che è pari al 93%.

Lo studio del CDC è stato condotto sull’analisi di 3.700 adulti ricoverati negli Stati Uniti fra marzo e agosto 2021.

Per quanto riguarda invece l’efficacia del vaccino Janssen ( Johnson & Johnson ) a 4 mesi dalla somministrazione, pare non ci siano ancora sufficienti dati comparabili. ( Fonte: CDC https://www.cdc.gov/ )

Panel degli Esperti dell’FDA: no alla terza dose del vaccino Pfizer per la popolazione generale

FDA

CNN: ALLA PRIMA VOTAZIONE IL PANEL DEGLI ESPERTI DELL’FDA HA VOTATO CONTRO LA TERZA DOSE DEL VACCINO PFIZER

I membri del Comitato consultivo sui vaccini della Agenzia statunitense FDA hanno respinto la domanda con un voto di 16 a 2. Ma si sono riservati il diritto di modificare la domanda posta in un secondo turno di votazioni.

La domanda di voto: i dati sulla sicurezza e sull’efficacia dello studio clinico C4591001 supportano l’approvazione di una dose di richiamo con il vaccino Comirnaty ( Pfizer ), somministrata almeno sei mesi dopo il completamento della serie primaria per l’uso in persone di età pari o superiore a 16 anni ?

I membri del Comitato si stavano preparando a votare su un’approvazione più ristretta, quella di consentire dosi di richiamo per le persone di 60 o 65 anni o età superiore, o per le persone ad alto rischio di esposizione sul lavoro.

“Non credo che una dose di richiamo contribuirà in modo significativo al controllo della pandemia”, ha affermato Cody Meissner, professore di pediatria presso la Tufts University School of Medicine.

“È molto importante che il messaggio principale che ancora trasmettiamo sia che dobbiamo dare a tutti due dosi. È improbabile che la dose di richiamo apporti un vantaggio nel controllo di questa pandemia”. ( Fonte: CNN )

FDA vaccine advisers reject Pfizer’s booster request https://lnkd.in/drDwzuTy

Alcuni Esperti del Panel dell’FDA hanno espresso preoccupazione sulla somministrazione di una dose booster del vaccino Pfizer a tutta la popolazione in questo momento

Dopo che gli Esperti della FDA hanno respinto la domanda di Pfizer di aggiungere una dose di richiamo del suo vaccino contro il Covid-19, diversi membri del Comitato hanno espresso dubbi sul fatto che sia una buona idea iniziare a somministrare richiami all’intera popolazione.

Hanno espresso particolare preoccupazione per i giovani adulti e gli adolescenti, che potrebbero avere un rischio maggiore di una rara complicanza chiamata miocardite, un’infiammazione del cuore.

“Ho grande preoccupazione per quanto riguarda l’estrapolazione dei dati da popolazioni molto più anziane a persone di 16 e 17 anni”, ha affermato Archana Chatterjee, preside della Chicago Medical School presso la Rosalind Franklin University. “Non abbiamo affatto dati sulla sicurezza in questa popolazione, che sono stati presentati finora, e questo mi preoccupa in modo significativo”, ha aggiunto.

“Raccomandare una terza dose per i più giovani non è qualcosa con cui mi sentirei a mio agio a questo punto”, ha affermato Melinda Wharton, direttrice dei servizi di immunizzazione presso il CDC ( US Centers for Disease Control and Prevention ). ( Fonte: CNN )

Il Panel degli Esperti dell’FDA ha raccomandato la terza dose del vaccino COVID-19 di Pfizer per le persone di età pari o superiore a 65 anni e in quelle ad alto rischio – La decisione finale spetta ora al CDC

Il Panel degli Esperti dell’FDA ( Food and Drug Administration ) degli Stati Uniti hanno votato all’unanimità per raccomandare l’autorizzazione all’uso di emergenza di una dose di richiamo del vaccino di Pfizer 6 mesi dopo la vaccinazione completa nelle persone di età pari o superiore a 65 anni e in quelle ad alto rischio di forma grave di COVID-19.

I membri del Comitato consultivo sui vaccini e sui prodotti biologici correlati della FDA avevano respinto una domanda più ampia: approvare l’uso di dosi di richiamo dei vaccini di Pfizer in tutti coloro che hanno 16 anni e oltre, 6 mesi dopo che erano stati completamente vaccinati.

La FDA ha posto una diversa domanda su cui votare.

I membri del Comitato hanno espresso dubbi sulla sicurezza di una dose di richiamo nei giovani adulti e negli adolescenti e si sono lamentati della mancanza di dati sulla sicurezza e sull’efficacia a lungo termine di una dose di richiamo ( terza dose ).

NOTA: Il parere degli Espert dell’FDA rappresenta solo l’inizio del processo. Sono i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie ( CDC ) che decideranno se la terza dose deve essere somministrata.

Il CDC ha programmato una riunione dei suoi consulenti sui vaccini per il 22 e 23 settembre, e il CDC deve dare il suo consenso all’approvazione per eventuali dosi di richiamo da somministrare ufficialmente.

La terza dose è già stata approvata per alcune persone immunocompromesse, ma non per la popolazione in generale. ( Fonte: CNN )

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Obesiologia – Pazienti ospedalizzati per COVID-19: correlazione tra indice BMI ed età con morbilità e mortalità

L’obesità può contribuire a esiti avversi nella malattia da coronavirus 2019 ( COVID-19 ). Tuttavia, mancano studi su popolazioni di pazienti ampie e ampiamente generalizzabili e l’effetto dell’indice di massa corporea ( BMI ) sugli esiti di COVID-19, in particolare nei giovani adulti, rimane incerto

Sono stati analizzati i dati dei pazienti ricoverati con COVID-19 in 88 ospedali statunitensi arruolati nell’American Heart Association’s COVID-19 Cardiovascular Disease Registry con raccolta dei dati fino al 22 luglio 2020.
L’indice BMI è stato stratificato per classe di obesità secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS ), con peso normale prespecificato come gruppo di riferimento.

L’obesità, e, in particolare, l’obesità di classe III, era sovrarappresentata nel Registro rispetto alla popolazione statunitense, con le maggiori differenze tra gli adulti di età inferiore o uguale a 50 anni.
Tra 7.606 pazienti, la morte in ospedale o la ventilazione meccanica si è verificata in 2.109 ( 27.7% ), la morte in ospedale in 1.302 ( 17.1% ) e la ventilazione meccanica in 1.602 ( 21.1% ).

Dopo aggiustamento multivariabile, le classi di obesità da I a III sono state associate a rischi più elevati di morte in ospedale o ventilazione meccanica ( odds ratio, OR=1.28, 1.57, 1.80, rispettivamente ) e l’obesità di classe III è stata associata a un rischio più elevato di morte in ospedale ( hazard ratio, HR=1.26 ).

CONTINUA: https://www.obesiologia.net/articolo/associazione-tra-indice-di-massa-corporea-ed-et-con-morbilit-e-mortalit-nei-pazienti-ospedalizzati-con-covid-19

 

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