NEL 2018 TORNEREMO 24 ANNI INDIETRO, BUON ANNO!

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Facciamocene una ragione, l’anno appena iniziato, per quanto riguarda la politica, né più né meno, sarà più o meno come il 2017 che lo ha preceduto. Così come il 2017, più o meno, fu all’insegna del 2016 che lo precedette e così via, andando a ritroso almeno fino al 1994, anno in cui Forza Italia, il nuovo partito fondato all’epoca da Silvio Berlusconi, vinse a sorpresa (?) le elezioni contro il più ac­creditato PDS, ex PCI, di Achille Occhetto.

Da allora sono passati ventiquattro anni eppure, dando uno sguardo alle facce che ritroveremmo in Parlamento all’indomani delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, o ascoltando e leggendo le varie proposte dei leader dei singoli partiti e movimenti che si presenteranno alla tornata elettorale, la sensazione è quella che il tempo si sia ibernato al 1994.

Una sensazione davvero sconsolante: dopo un quarto di secolo è come se il paese non si fosse mai mosso dalle condizioni dell’epoca. Uno stallo avvilente da cui ne avrebbero tratto i benefici i “soliti” noti. Mentre per la stragrande maggioranza dei cittadini ha prodotto solo povertà. Basti pensare all’abbandono della lira per l’euro del 2001 e alla crisi economica del 2011 che produsse le dimissioni dell’ultimo governo Berlusconi, cui succedette quello di Mario Monti che partorì la fami­gerata riforma pensionistica Fornero che tanti mali arrecò e sta tuttora arrecando ai lavoratori italia­ni prossimi alla pensione; maturando il triste fenomeno degli esodati, lavoratori che abbandonato il lavoro con il proposito di anticipare la pensione basandosi sulla legge allora in corso, per via dell’i­nopinata riforma Fornero che il Parlamento partori in meno di quindici giorni – quando voglio, i no­stri legislatori le leggi le fanno senza se e senza ma – dall’ieri all’oggi si ritrovarono ad essere né car­ne né pesce. Costretti ad attendere il raggiungimento dell’età anagrafica prevista dalla nuova riforma pur avendo maturato gli anni di contributi previsti dalla vecchia legge.

Un casino tipicamente italiano!

E che dire del governo Renzi, quello che avrebbe dovuto rottamare la vecchia politica, rilanciando il paese verso il benessere comune, e che invece, non solo non rottamò il vecchio sistema, ma con una parte di questo, vedi Patto del Nazareno, studiò alcune riforme poi bocciate o dalla Corte Costitu­zionale o dai cittadini mediante il referendum costituzionale 4 dicembre 2016 che bocciò la la Ri­forma Costituzionale targata Maria Elena Boschi, inducendo l’allora Premier a dimettersi.

Al governo Renzi succedette quello di Paolo Gentiloni che, senza infamia e senza lode, ha fin qui traghettato il paese verso la fine naturale della diciassettesima legislatura iniziata a fine marzo 2013 con il Governo di Enrico Letta, dopo che Pier Luigi Bersani leader del PD, seppur consapevole di non aver vinto le elezioni, pur affermandosi il Pd come primo partito, a seguito del risultato del M5S giunto secondo, per alcuni addirittura primo, per poche migliaia di voti, cercò comunque di formare una maggioranza per governare.

Fino al 2013 per Silvio Berlusconi leader del centrodestra i nemici da sconfiggere erano i comunisti, alias i democratici. In virtù di ciò, tutti i suoi comizi in campagna elettorale, fino al 2013, vertevano su quest’argomento. Oggi nell’ascoltare Berlusconi dire peste e corna del M5S, movimento politico di nuova generazione dato dai sondaggi come probabile vincitore delle prossime elezioni, se chiu­dessimo gli occhi e al termine populisti con cui l’ex cavaliere è solito riferirsi al M5S sostituissimo comunisti, ci accorgeremmo che i suoi attuali sono gli stessi di ieri, cambia solo il soggetto!

Insomma, facciamocene una ragione, difficilmente all’indomani delle elezioni del 4 marzo, politica­mente parlando, per noi italiani qualcosa cambierà davvero. Certo la curiosità derivante da cosa po­trebbe produrre per il paese una vittoria del M5S c’è. Ma la sensazione è che, seppure il M5S vin­cesse le elezioni e Mattarella assegnasse a Di Maio l’incarico di formare il governo, difficilmente avremmo un paese a guida M5S. Visti i sondaggi è più probabile che a vincere le elezioni sarò il centrodestra resuscitato dalle politiche suicide del centrosinistra a marchio Renzi. E e sarà dunque Berlusconi a indicare chi debba salire a Palazzo Chigi. In pratica è probabile che dopo ventiquattro anni ci ritroveremmo più o meno al punto di partenza. Con la differenza che questa volta Berlusconi governerebbe da dietro le quinte.

In attesa di conoscere l’esito delle elezioni e cosa ci aspetta dopo, l’unica certezza che al momento abbiamo è che anche questo nuovo anno, come i precedenti, è iniziato con tutta una serie di rincari tariffari che vanno a incidere negativamente se la già impoverite finanze degli italiani.

Il resto, almeno per ora, sono solo chiacchiere, supposizioni, auspici di cui faremmo volentieri a meno.

Buon anno!

QUEL SOGNO INFRANTO DI NOME MATTEO RENZI

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Eppure all’inizio ci avevamo creduto alla storia del giovane rampante “sceso in politica” per rotta­mare i vecchi politici, sostituendoli con una squadra di trentenni agguerriti e preparati come lui o poco meno, esenti da qualsiasi ambizione personale o male caratterizzante la vecchia politica – tipo una propensa attitudine alla corruzione o a emanare leggi a tutela dei propri interessi e di quelli di pochi amici in barba ali interessi reali dei cittadini – per riformare il paese, risollevandolo dalla mel­ma in cui lo aveva affogato per l’appunto la vecchia politica, per rilanciarlo verso rosei orizzonti.

Poi, man mano che quel giovane e la sua troupe fecero irruzione nelle stanze del potere, prima del proprio partito e poi del paese, in quest’ultimo caso a scapito di un Enrico Letta trattato da grullo con il famoso tweet #enricostaisereno a significare che mai il capo di quella troupe sarebbe assurto alla guida del paese senza passare prima per le elezioni, qualche dubbio, forse più di uno sulla effet­tiva capacità politica e onestà intellettuale di quel giovane iniziammo ad averla.

E i dubbi aumentarono man mano che il suo governa studiava e approvava leggi che ledevano gli interessi dei lavoratori, (abolizione dell’articolo 18 che tutelava i lavoratori dal licenziamento per in­giusta causa; riforma del lavoro, ribattezzata jobs act, che accresceva il precariato; riforma della scuola, ribattezzata enfaticamente buona scuola che tanti danni ha prodotto a maestri e professori costretti a spostarsi centinaia di chilometri per esercitare la propria professione mettendone a rischio gli equilibri familiari; il varo di una legge elettorale che, a suo dire, tutti ci avrebbero copiato, e che invece la consulta bocciò per palese incostituzionalità; una riforma della pubblica amministrazione anch’essa in parte bocciata per molti aspetti incostituzionali. Per finire, una riforma costituzionale portata avanti a colpi di voti di fiducia e poi bocciata dagli elettori al referendum approvativo).

E quando il giovane rampante, contrariamente a quanto aveva ripetutamente affermato, perso il re­ferendum costituzionale, non lasciò la politica, pur dimettendosi da premier, facendosi rieleggere Segretario del partito, diversi dubbi sorsero sulla sua onestà intellettuale.

Ora che la vicenda Banca Etruria, grazie alle audizione in commissione di inchiesta parlamentare, per il, non più tanto, giovane rampante e la sua troupe sta assumendo i connotati di una zappata suoi piedi in quanto tutti i personaggi ascoltati avrebbero confermato che l’allora ministra per le riforme, attuale sottosegretaria alla presidenza del consiglio Maria Elena Boschi si interessò effettivamente del salvataggio dalla bancarotta di Banca Etruria, di cui suo padre era membro del cda e in seguito vicepresidente, malgrado lui e suoi esultano perché le audizioni, a loro dire, avrebbero dimostrato che la Boschi non effettuò alcuna pressione, dunque non commise alcun conflitto di interessi, sul­l’allora ad di Unicredit sollecitando l’acquisto dei Banca Etruria, agli occhi del cittadino provvisto di un minimo di cervello tutta questa faccenda dimostrerebbe come quel giovane e il suo gruppo di fe­delissimi non sarebbero diversi da coloro che volevano rottamare i quali, pur di restare attaccati alla poltrona, erano pronti ad affermare tutto e il contrario di tutto.

Le imminenti elezioni diranno se quel giovane e i suoi “seguaci” continueranno la carriera politica o se dovranno salutare e andare a lavorare, non più per il bene del paese ma per se stessi e le rispettive famiglie.

Alle urne l’ardua sentenza!

RENZI VS IL FATTO, IL CONFRONTO FA BENE ALLA DEMOCRAZIA!

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Quando un politico improvvisamente decide di confrontarsi vis a vis con un giornale verso il quale ha sempre dichiarato di nutrire pochissima stima perché, a suo dire, racconterebbe una vagonata di falsità, (fake news), giungendo ad alterarne ironicamente il nome della testata da Il Fatto Quotidiano ne il falso quotidiano, vuol dire che quel giornale tanto inviso, forse, racconterebbe più verità di quante si vuol far credere.

Se infatti giovedì scorso, a seguito dell’audizione in commissione d’inchiesta parlamentare sulle banche del numero uno di Consob Vegas che, parlando della vicenda Banca Etruria, avrebbe rilasciato dichiarazioni che smentirebbero la linea difensiva di Maria Elena Boschi, la quale ha sempre dichiarato che, all’epoca in cui era Ministro delle Riforme, non s’era mai interessata della crisi della banca di cui il papà faceva parte del cda e poi in seguito era divenuto vicepresidente, non facendo pressioni su chicchessia perché intervenisse per salvare la banca dal crack, tanto che l’attuale sottosegretaria alla presidenza del consiglio aveva chiesto un faccia a faccia televisivo dalla Gruber con il direttore de Il Fatto Marco Travaglio, personificazione del diavolo per i renziani; e se poi ieri Renzi ieri ha scritto una lunga lettera a Il Fatto per rispondere a un articolo pubblicato un paio di giorni prima da Giorgio Meletti sempre sulla vicenda Boschi-Banca Etruria, ( ieri Meletti ha subito controreplicato alla lettera di Renzi) è evidente che il segretario del Pd e il suo entourage temono Il Fatto, unico quotidiano che non ha mai fatto sconti a nessuno, nemmeno al M5S svelando alcuni aspetti sconosciuti dell’allora candidata pentastellata al campidoglio Virginia Raggi, diversamente da quanto molti sostengono.

Un quotidiano deve raccontare i fatti senza alterarli né addomesticarli per consentire all’opinione pubblica di farsi un’idea del paese in cui vive e della classe dirigente che lo governa o si appresterebbe a governarlo.

Se fino e “ieri” Renzi e i renziani dicevano peste e corna de Il Fatto e poi, all’improvviso, sono stesso loro a chiedere un confronto con i suoi giornalisti e a scrivere al giornale per smentire quanto scrive, venendo a loro volta smentiti, può solo significare che Il Fatto racconta i fatti per quel che sono, senza edulcorarli o omettendo aspetti che potrebbero infastidire “il potere”, o quanto meno “un certo potere”.

Se Renzi e i suoi, dopo aver denigrato Il Fatto definendolo falso quotidiano, decidono di sottoporsi a uno scontro aperto con i suoi giornalisti, può solo significare che il quotidiano diretto da Travaglio pubblica articoli e inchieste che, svelando verità scomode, possono minare il già traballante trono su cui Renzi siede.

Se, dopo aver cercato di ridicolizzarlo,il nemico lo si chiama pubblicamente in campo per affrontarlo al fine di dimostrare chi ha torto e chi ha ragione può solo significare che lo si rispetta più di quanto si vorrebbe far credere. Tale rispetto deriverebbe dal fatto che svolgerebbe a pieno la funzione per cui fu ideato: i quotidiani devono fungere da cane da guardia del potere. Se ne diventano il cane da compagnia, il potere, libero da controlli, si sente in diritto e dovere di fare quel che vuole arrecando danni irreparabili alla società.

Lo scontro tra Renzi e Il Fatto non può che portare benefici in un paese dove sempre più spesso i giornali più che essere il cane da guardia del potere ne sono portavoce.

A volte il manovratore va disturbato, affinché non perda l’orientamento!

BANCA ETRURIA, IL POMO DELLA DISCORDIA TRA RENZI E LA BOSCHI?

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Personalmente ho la convinzione che alla fine Maria Elena Boschi si dimetterà. Non per propria vo­lontà ma per via delle probabili pressioni che le verranno con sempre maggiore insistenza da una parte dei democratici, essendo or­mai evidente che, dopo l‘audizione di ieri in commissione inchiesta parlamentare del nu­mero uno della Consob Vegas, sulla vicenda Banca Etruria la posizione dell’ex Ministro delle Rifor­me del governo Renzi è sempre più traballante. E molto probabilmente lo diventerà ancora di più dopo quella, presumibilmente prima di Natale, dell’ex ad di Unicredit Ghizzoni cui la Boschi, stando a quanto riferito da Ferruccio De Bortoli nel suo libro Poteri (quasi) Forti, al­l’epoca si sarebbe rivolta per sollecitare l’acquisto di Etruria da parte di Unicredit al fine di evitarne il fallimento. A riguardo la Boschi ha sempre smentito.

Tuttavia chi ieri sera ha visto Otto e Mezzo, dove la Boschi ha preteso un faccia a faccia televisivo con Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, che, secondo lei, la odierebbe, la sottosegreta­ria ha dato l’impressione di essere nervosa, cosa del tutto comprensibile. Ma anche in palese con­traddizione, come più volte le ha fatto notare Travaglio, tra quanto asseriva in propria difesa e quanto invece, stando alle dichiarazione di Vegas, avrebbe realmente fatto: interessarsi di salvare Banca Etruria per tutelare gli interessi degli aurei opifici aretini.

La mia convinzione che alla fine la Boschi si dimetterà deriva dall’aver visto, sempre ieri sera su La Sette, dopo Otto e Mezzo, Renzi da Formigli a Piazza Pulita. Alle insistenti domande del conduttore sulla Boschi, il segretario cercava di deviare, facendo notare che la Boschi era stata in televi­sione pochi minuti prima di lui dalla Gruber; che lui era lì per parlare d’altro; che secondo lui la vicenda Banca Etruria era un elemento di distrazione di massa per distogliere l’attenzione degli italiani dai reali problemi del paese motivo per cui lui era lì.

Ma era evidente quanto il segretario fosse in imbarazzo. Probabilmente perché consapevole che, in vista delle elezioni, con i sondaggi che al momento danno un Pd in sensibile calo di preferenze – sembra al 20% – la vicenda Boschi/Banca Etruria potrebbe rivelarsi il colpo di grazia per retrocedere l’attuale partito di maggioranza relativa a terza forza politica del paese segnando la fine politica del Segretario.

Dando per scontato che a Renzi stanno più a cuore le sorti del partito che quelle della Boschi, è inevitabile che alla fine, se la posizione della ex Ministra diventasse sempre più scricchiolante, Renzi sarà costretto, suo malgrado, a chiederle di fare un passo indietro onde evitare al Pd una de­bacle elettorale di dimensioni bibliche.

L’ex Premier non può affatto permettersi di offrire alle opposizioni un valido argomento da “sventolare” in campagna elettorale per screditare il proprio partito agli occhi dell’elettorato affermando che il Pd difende le banche e i ban­chieri anziché i piccoli correntisti.

Non è improbabile che alla fine Renzi sarà costretto a piegarsi alla realpolitk chiedendo alla Boschi di farsi da parte per salvare il partito e la propria faccia.

Quella faccia che ha già in parte perso quando da Premier in più occasioni affermò che se gli italiani avessero bocciato la riforma costituzionale Boschi si sarebbe ritirato per sempre dalla politica – cosa che dichiarò anche la stessa Boschi – e poi invece…

BIOTESTAMENTO UN ATTO DI RISPETTO E D’AMORE VERSO SE STESSI E LA VITA

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Oggi è una giornata storica per l’Italia. E, per una volta, non lo dico con sarcasmo ma con orgoglio: con il Sì di questa mattina del Senato al biotestamento, i cittadini potranno depositare le Dat, le disposizione anticipate di trattamento sanitario che stabiliranno, nel caso ci si ammalasse in maniera irreversibile e degenerativa, di poter sospendere le cure che li tengono in vita evitando a se stessi lo strazio di vivere una vita non vita, come fu per WelbyEmanuela Englaro, dj Fabo e chissà quanti altri connazionali relegati in un letto, a casa o in ospedale, in condizioni esistenziali mortificanti, che umiliano la dignità dell’individuo, tenuti in vita da una macchina che supplisce, forzando, ai processi naturali che regolamento l’esistenza di ogni essere umano.

In questo momento così importante per il paese mi è impossibile non volgere il pensiero a mio padre che fu affetto d’Alzaimer: ammalatosi agli inizi del del nuovo millennio e allettatosi il 16 dicembre 2006, spirò l’8 maggio 2010 dopo atroci sofferenze dovute soprattutto alle piaghe da decubito che ne scalfirono la schiena, in particolare il fondoschiena, aprendo poco al di sopra del coccige una voragine sanguinolenta di carne e nervi in cui vi infilavamo la mano per pulirla con le garze imbevute dai medicinali onde evitare si infettasse.

In quel lungo periodo di allettamento, papà subì quella che per lui sarebbe stata, se fosse stato cosciente, la più atroce delle umiliazioni: essere pulito e lavato intimamente da mia sorella e me.

Una condizione inaccettabile per chi come lui aveva un profondo senso del pudore, rispetto per sé e gli altri.

Conoscendolo non escludo che, se avesse immaginato ciò che gli sarebbe successo, e ne avesse avuto l’opportunità, papà avrebbe stilato il proprio biotestamento in cui chiedeva, se fosse stato affetto da un male degenerativo, di essere lasciato morire in pace; di non forzare né l’alimentazione né la respirazione con l’ausilio delle bombole d’ossigeno, perché mai avrebbe voluto con la sua malattia pesare sui familiari, obbligandoli a sacrificare la proprio esistenza per stargli vicino, minando pericolosamente gli equilibri familiari che simili situazioni mettono in discussione.

Senza trascurare che essendo uno sportivo e amante dell’arte, l’idea di dovere patire in un letto come un ebete, per giunta incontinente e incapace di nutrirsi da sé mai l’avrebbe sopportata .

So bene che la condizione di mio padre non era lontanamente assimilabile a quella di Welby, Emanuela Englaro, dj Fabo e altri. Ma so altrettanto bene che anche nel suo caso il processo degenerativo, seppure ritardato dai medicinali, alla fine lo condusse in una condizione esistenziale mortificante per qualunque individuo.

Con l’approvazione del biotestamento finalmente si dà la possibilità ai cittadini di poter predisporre a monte della propria esistenza nel caso un incidente o una malattia degenerativa li costringessero a una vita non vita.

Nel mio caso specifico, essendo l’Alzaimer una male ereditario – mia nonna paterna morì manifestando gli stessi sintomi dell’Alazimer ma all’epoca le fu diagnosticata l’aterosclerosi – non posso escludere che un domani esso non possa cogliere anche me.

Solo questo pensiero mi fa tremare, sia immaginando le sofferenze che patirei sia, soprattutto, quelle che arrecherei ai miei familiari, costringendoli a stravolgere le proprie esistenze per assitermi in quella che è, a tutti gli effetti una lunga agonia.

La vita deve essere vissuta dignitosamente. Nel momento ciò non fosse più possibile, penso sia un diritto dell’essere decidere di porvi fine.

A che serve allungare l’agonia?

In un alcuni scegliere di morire è un atto estremo di amore verso se stessi e chi ci ama.

Finalmente il Parlamento l’ha compreso!

 

3° EDIZIONE CORSA DEL CUORE: TRA STORIA, FANTASIA E REALTA’

CORSA DEL CUORE

Chissà cosa avrebbe pensato Scipione l’africano – le cui spoglie mortali riposerebbero nei pressi del Lago Patria, probabilmente sotto qualche casa o villa abusiva, laddove sorgeva l’antica Liternum, insediamento di coloni romani reduci dalle guerre puniche, dove il famoso condottiero si ritirò a vita privata deluso dalle politiche di Roma, pronunciando la famosa frase “ingrata patria non avrai le mie ossa” – nel vedere raggruppati sotto un arco di trionfo sintetico centinaia di uomini e donne in mutande e canottiere pronti a sfidarsi nella terza edizione de La Corsa del Cuore, gara po­distica di 10 chilometri (per la precisione 10,350 km), quest’anno arricchita dalla prima edizione della Straliternum di 21 km.

Molto probabilmente il prode condottiero, avendone viste chissà quante durante la sua epica esisten­za, si sarebbe fatto una grande risata continuando a coltivare il proprio appezzamento di terreno. O, magari, si sarebbe levato sulla schiena a guardare quell’esercito multicolore di matti che, al “via”, ha iniziato a correre lungo la strade di Liternum, raggiungendo la sponda del lago sottostante e con­tinuare a correre intorno all’immane specchio d’acqua per raggiungere il lato opposto e ritornare da dove erano partiti.

Non si può escludere che, osservandoli dall’alto della sua splendida villa, il generale romano avreb­be invocato gli dei perché fulminasse quegli scellerati che con il loro agone sportivo profanavano la tranquillità del luogo, prescelto finanche da Seneca per coltivare le proprie riflessioni filosofiche grazie alla bellezza del luogo. Così come non è detto che, viceversa, il generale avrebbe chiesto agli dei di benedirli perché con la loro allegria e voglia di vita omaggiavano degnamente Madre Natura!

Al di là delle mere fantasie, una cosa possiamo affermarla con certezza: la gara di ieri è stata una grande festa di amicizia e di sport. Un grazie sincero va agli organizzatori che con l’appoggio logi­stico dell’esercito sono riusciti ad allestire una manifestazione molto piacevole sia per quanto con­cerne l’aspetto squisitamente sportivo grazie al percorso panoramico comprensivo dell’intero giro del Lago Patria che ha consentito a tanti di apprezzare una zona del litorale flegreo per molti versi ignota in quanto poco o male pubblicizzata; sia per quanto riguarda il pre e il dopo gara con la pre­senza, prima della partenza, di piccole majorette che a tempo di musica scandivano ballando i minu­ti rimanenti al via e di un gruppo di comparse in costume da pretoriani a cavallo in onore del gene­rale romano; sia la possibilità, una volta tagliato il traguardo, di gustare un’ottima pasta e fagioli bollente cucinata al momento su cucine da campo allestite a ridosso della consegna delle medaglie e dei pacchi gara che ritemprava dal freddo patito in gara.

Un grazie sincero va agli amici della ASD Liternum, capitanati dal Antonio Lamberti, che si sono fatti in quattro, sparsi lungo tutto il percorso, al fine di garantire la sicurezza degli atleti e la riuscita dell’evento.

Ci vediamo il prossimo anno!

TIM E IL MISTERO DELLA FIBRA CHE C’E’ MA NON C’E’

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A metà ottobre, esattamente il 19 ottobre,  ricevetti una telefonata sul fisso di casa da una signorina dall’inequivocabile accento slavo che mi chiedeva se fossi interessato a passare alla rete fibra TIM. Non avendo la zona di Pozzuoli una buona copertura internet, le chiesi di richiamare il giorno dopo. Non appena chiusi la comunicazione, telefonai a un mio amico che lavora in TIM chiedendogli se fosse il caso che accettassi la proposta. Senza esitare, mi disse di sì in quanto solo in quel modo avrei risolto una volta e per sempre i miei problemi con internet.

Quando l’indomani la signorina richiamò, ricevendo il mio assenso per il passaggio di rete, mi avvisò che nel giro di ventiquattrore mi avrebbe chiamato un funzionario TIM per confermare il tutto.

Così fu. Puntuale, il giorno dopo fui contatto da un’addetta della TIM che mi fece tutta una serie di domande per accertarsi che davvero avessi aderito all’offerta. Quindi mi chiese che contratto avessi al momento. Sentendo che ho uno smart, mi disse che l’offerta da 39 euro per la fibra non era contemplata per quel tipo di soluzione. Bensì, se avessi voluto,  potevo usufruire di quella da 49 euro. Accettai comunque con la certezza che una volta attivata la fibra con internet non avremmo più avuto problemi.

Alcuni giorni dopo quella telefonata, sul cellulare ricevetti un sms in cui mi si avvisava che era in atto da parte del corriere la consegna del kit fibra comprensivo del modem e di due cordless.

Il giorno seguente sul fisso di casa chiamò il vettore dicendomi che era parcheggiato sotto il palazzo ma non trovava il mio nominativo sul citofono. Colto dal dubbio, gli chiesi a quale indirizzo stesse effettuando la consegna: Via Vecchia San Gennaro …

“Ma quello è il vecchio indirizzo!?!” sbottai. “Sono ormai più di dieci anni che abito a Via … Tra l’altro è l’indirizzo dove sono domiciliate le bollette! In linea d’aria distano esattamente meno di cento metri l’una dall’altra, sono strade parallele. Non potrebbe allungarsi fino all’inizio del viale in modo che le vengo incontro, oppure, se ha la cortesia di aspettare cinque minuti, la raggiungo lì!?”.

“Mi dispiace”, rispose, “Devo effettuare la consegna a questo indirizzo e non altrove. Chiami la TIM, comunichi la variazione di indirizzo e le consegneremo il modem senza problemi”

Non avendo alternative, chiamai il 187 e comunicai il disguido. Mi risposero che per effettuare il cambio di indirizzo dovevo inviare un fax al 80000187, segnalando la variazione di domicilio; allegando la fotocopia della carta di identità su cui risultava che effettivamente risiedevo a quel recapito, unitamente alla fotocopia del codice fiscale.

Il giorno dopo inviai il fax e restai in attesa di comunicazioni. Trascorsa una settimana, visto che il corriere non mi contattava, richiamai al 187 chiedendo chiarimenti. Mi risposero che il vettore aveva annullato la consegna causa domicilio sconosciuto. Alle mie rimostranze, controllarono che la variazione di indirizzo fosse stata effettuata. accertato che tutto era stato fatto regolarmente, mi tranquillizzarono dicendo che avrebbero prontamente provveduto ad avviare una nuova consegna.

Finalmente, tre giorni dopo, ricevetti la telefonata del vettore che mi annunciava che nel giro di mezz’ora sarebbe stato da me per recapitarmi il kit autoinstallante. Come periodo siamo a circa metà novembre, precisamente il 16 novembre. Dunque è già passato quasi un mese dalla prima telefonata promozionale che mi  fu fatta.

Apro il kit, attivo il modem sulla prese principale come indicato nelle istruzioni e telefono al numero verde segnato all’interno della confezione per avviare la procedura di attivazione. Dall’altro lato del telefono una voce preregistrata dice che la mia richiesta è stata presa in consegna e che nel giro di quattro giorni potrò usufruire della fibra.

Nel frattempo continuo a navigare con la rete normale.

Trascorsa una settimana, non ricevendo alcuna comunicazione, esattamente giovedì 23 novembre telefono al 187 per sapere a che punto è la mia pratica. Dopo alcuni controlli l’addetta mi comunica che ci sono problemi tecnici per cui non è possibile installarmi la fibra.

“Ma come non è possibile? Mi avete telefonato voi, non sono stato io a chiamarvi!”

“Signore ha ragione, le chiedo scusa a nome dell’azienda. Purtroppo la sua zona non è coperta dalla fibra.”

“Signora ma si rende conto di quel che dice?” faccio io basito. “Fuori al cancello d’ingresso del parco c’è anche la colonnina per la fibra. Coma sarebbe a dire che la zona non è coperta?”

“Signore, mi dispiace. C’è un problema in centrale. Ci rimandi indietro il kit a mezzo vettore a spese sue, allegando una letterina a questo indirizzo: TIM SPA – PRESSO GEODIS LOGISTICA MAGAZZINO REVERSE…  Comunicando il costo della spedizione in modo che le sarà rimborsato nella prossima fattura.”

“Signora non sarebbe più comodo se mi trattenessi il kit in modo che, non appena la mia zona sarà coperta dalla fibra, già posso attivare la linea?”

“No, signore, mi dispiace. La procedura è questa!”

Sconsolato riaggancio!

A conclusione di questa beffa, sabato 25 novembre un addetto della TIM telefona a casa comunicando che al momento la mia zona non è coperta dalla fibra per cui è inutile richiederla!

Che altro dire? …

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Di seguito una della e-mail inviatemi dalla TIM a conferma dell’attivazione della fibra sulla mia rete telefonica:

Informazioni tecniche e documentazione contrattuale linea Fibra di TIM

Telecom Italia-TIM (caringservizioclienti@telecomitalia.it)

15/11/2017 21:40

A  …………..

2 allegati

Gentile cliente,

nel ringraziarti per aver scelto la Fibra di TIM, ti informiamo che a breve riceverai direttamente a casa tua, con consegna tramite corriere, un pacco contente il “Kit Fibra Autoinstallante” composto da:

1.nuovo modem Fibra di TIM;
2.telefono Cordless da collegare al Modem per effettuare e ricevere chiamate;
3.semplici istruzioni di installazione del Modem e del Cordless.

Ti chiediamo di effettuare l’installazione del “Kit Fibra Autoinstallante”, appena lo riceverai, per permetterci di completare l’attivazione trasformando la tua linea ADSL in linea Fibra.

Ad attivazione avvenuta, continueranno a funzionare solo i telefoni collegati al Modem Fibra che deve rimanere sempre acceso per poter effettuare e ricevere telefonate; potrai riutilizzare gli altri telefoni in tuo possesso solo collegandoli al Modem Fibra (per informazioni sulle modalità di collegamento consulta la guida presente all’interno della scatola del Modem).

Per ulteriori informazioni e suggerimenti sull’installazione del Modem e del Telefono clicca qui.

Il mancato espletamento della procedura di installazione entro 15 giorni dal ricevimento del “Kit Fibra Autoinstallante” presso il tuo domicilio, sarà considerato quale esercizio del diritto di recesso dall’Offerta Fibra scelta; in tal caso sarai tenuto a restituirci il “Kit Fibra Autoinstallante” o in alternativa ad esercitare l’opzione d’acquisto dei prodotti come indicato alla sez. 3.2 della lettera di benvenuto allegata alla presente mail.

Inoltre ti ricordiamo che con la linea Fibra non è garantito il corretto funzionamento di allarmi e centralini telefonici connessi alla linea fissa di casa, anche se li collegherai direttamente al Modem Fibra.

Alleghiamo nella mail la lettera di benvenuto con le Condizioni Generali di Contratto e le Condizioni Economiche del Servizio Fibra. Ti invitiamo a prenderne visione ed a conservarle.

Per ulteriori informazioni il Servizio Clienti linea fissa 187 è a tua disposizione.

Arrivederci da TIM

Attenzione: questa casella di posta elettronica non è abilitata alla ricezione di messaggi

TIM S.p.A. Direzione e coordinamento Vivendi SA
Sede Legale: Via Gaetano Negri, 1 – 20123 Milano
Cod. Fisc./P. IVA e Iscrizione al Registro delle Imprese di Milano: 00488410010
Iscrizione al Registro A.E.E. IT08020000000799
Capitale Sociale € 11.677.002.855,10 interamente versato Casella PEC: telecomitalia@pec.telecomitalia.it

 

TUTTI CONTRO FAZIO MA ANCHE SANTORO FU INDULGENTE CON BERLUSCONI

eidon - Roma 10 Gen 2013 Silvio Berlusconi, Luisella Costamagna, Marco Travaglio Silvio Berlusconi alla trasmissione Servizio Pubblico di Santoro (EIDON) - 848260 : (Donatella Giagnori / EIDON), 2013-01-10 Roma - Silvio Berlusconi alla trasmissione Servizio Pubblico di Santoro - Silvio Berlusconi, Luisella Costamagna, Marco Travaglio

Era il 10 gennaio 2013 quando Silvio Berlusconi partecipò a Servizio Pubblico di Michele Santoro; una trasmissione interamente dedicata alla sua persona dall’eloquente titolo MI CONSENTA. Per Santoro e LA SETTE, emittente che trasmetteva il programma, fu un successo senza precedenti: oltre 8 milioni e 600mila spettatori con un share del 33,58%.

In quell’occasione  seppure la presenza in studio di Marco Travaglio, nemico giurato dell’allora cavaliere, facesse presagire a chissà quale “duello” avremmo assistito, suscitò non poche perplessità in chi scrive l’atteggiamento contenuto dell’attuale direttore de Il Fatto Qutodiano tanto da alimentare il dubbio che forse le domande erano state preventivate con l’ufficio stampa dell’allora cavaliere.

Quel dubbio durò un attimo: “mai”, mi dissi, “un giornalista d’assalto quale Travaglio si lascerebbe mettere il freno pur di non offendere l’ospite”. Purtroppo mi sbagliavo. A confermarlo fu lo stesso Santoro quando, replicando alla letterina letta da Berlusconi in cui elencava i dieci processi per diffamazione subiti da Travaglio, definendolo “diffamatore di professione”, sbottò “gli accordi prevedevano di non parlare dei processi”.

Questo excursus temporale nel passato di quasi cinque anni era necessario per riallacciarci al presente. Precisamente all’eco che sta suscitando su alcuni giornali, in particolare Il Fatto Quotidiano  diretto da Travaglio, l’intervista di Berlusconi domenica sera a Che Tempo Che Fa di Fabio Fazio. Intervista  da molti considerata una sorta di monologo concordato tra gli autori del programma e Berlusconi.

Tra le principali critiche a Fazio per le tante omissioni nella sua pseudo intervista primeggia il non aver posto alcuna domanda a Berlusconi sui processi in cui è imputato, né sulle indagine in cui è indagato come probabile mandante insieme a Dell’Utri delle stragi di mafia del 92/93.

Se perfino Michele Santoro dovette scendere a patti con lo staff del cavaliere prima di intervistarlo, non si comprende perché non dovesse farlo Fazio il quale, bisogna dirlo per onestà intellettuale,  cerca di mettere a proprio agio tutti gli ospiti, Di Maio incluso, evitando loro alcun motivo di imbarazzo non ponendo domande fastidiose.

La trasmissione di Fazio non mi piace, la trovo noiosa, ripetitiva. Ma vista la polemica montata dall’intervista a Berlusconi, contravvenendo ai miei propositi iniziali di non vederla, ho  guardata la puntata incriminata su RAI REPLAY per vedere se fossero giustificati i motivi di tanta indignazione.

Tralasciando i gusti personali, credo che si stia troppo enfatizzando un evento che, molto probabilmente, in qualunque altro paese sarebbe passato in sordina.

Oddio, è altrettanto vero che difficilmente in un qualunque altro paese democratico sarebbe stato concesso di fare politica a un pregiudicato, pluri-inquisito, pluri-indagato, pluri-prescritto per reati che vanno dalla frode fiscale, al concorso esterno per associazione mafiosa, alla compravendita di parlamentari, alla corruzione in atti giudiziari, decaduto dallo scranno senatoriale perché una legge dello Stato votata anche dal so stesso partito, inibisce dalle pubbliche funzioni chi è stato condannato a più di quattro anni in definitiva, Legge Severino.

Poiché lo stesso leader del centrosinistra, Matteo Renzi, malgrado i trascorsi giudiziari di Berlusconi , si è dimostrato pronto a farvi accordi politici, Patto del Nazareno; senza contare che Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, alla domanda “chi voterebbe tra Berlusconi e Di Maio”, rispose senza esitazioni, “Berlusconi”, non si comprende perché tanti problemi se li sarebbe dovuti porre Fazio che fa spettacolo.

È vero che quando andò da Santoro Berlusconi non era ancora  stato condannato in definitiva per frode fiscale e quindi non era decaduto da Senatore. Ma comunque già all’epoca vantava un curriculum giudiziario di tutto rispetto tra rinvii a giudizio, prescrizioni e condanne in primo grado da cui Travaglio aveva attinto per i suoi tanti libri scritti sul cavaliere e le sua “oscura”  fortuna finanziaria.

Se  nei  confronti di Berlusconi Santoro fu alquanto indulgente, con il sostegno forzato di Travaglio, tanto da meritarsi le critiche del centrosinistra che lo accusava di aver dato spazio al cavaliere favorendone la “resurrezione” politica e il rilancio del centrodestra, non si capisce proprio perché non dovesse esserlo Fazio, il quale dà l’impressione d’essere indulgente per natura.

Che poi il suo programma piaccia oppure no, è questione di gusti!

 

SCALFARI APRE A BERLUSCONI E INGUAIA REPUBBLICA?

berlusconi scalfari

Com’era prevedibile, all’indomani dell’inatteso (?) endorsement di Eugenio Scalfari a favore di Silvio Berlusconi rispetto a Luigi Di Maio a Di Martedì – alla domanda di Floris tra Berlusconi e DI Maio chi voterebbe, il venerando giornalista senza dubbi ha risposto secco “Berlusconi”, mandando all’aria in un solo colpo l’antiberlusconismo di Repubblica e facendo carta straccia delle inchieste su il caimano e delle famose 10 domande a Berlusconi del fu D’Avanzo sulla vicenda Noemi Letizia – , il mondo politico di centrosinistra, con annessi e connessi, è in comprensibile imbarazzo.

Ascoltare dalla voce autoritaria del fondatore di Repubblica un’apertura di credito di tali proporzioni nei confronti di un pregiudicato per frode fiscale, in virtù di ciò decaduto dagli incarichi istituzionali, tuttora sotto inchiesta come presunto mandante delle stragi di mafia del 1993, sotto processo per faccende legate alla sua passione per le belle ragazze, ma minorenni,  attaccato da quello stesso quotidiano e dal suo fondatore per l’abnorme conflitto di interessi che lo caratterizzava, e tuttora lo caratterizza, deve essere stato peggio che ricevere un cazzotto nello stomaco per quanti lavorano o collaborano con il quotidiano da lui fondato, a cominciare dal direttore Mario Calabresi. Ma anche per chi lo legge con la convinzione di avere tra le mani un quotidiano indipendente che fa le pulci al potere così come dovrebbe fare qualsiasi quotidiano si rispetti.

Tuttavia commette una grossa ingenuità chi si sia stupito dell’apertura di Scalfari nei confronti di Berlusconi, da lui considerato il peggiore dei mali rispetto a Di Maio del M5S. Ci si dimentica infatti che alcune settimane fa MICROMEGA pubblicò uno scoop giornalistico che in qualsiasi altro paese avrebbe suscitato un clamore senza precedenti mentre da noi s’è praticamente volatilizzato in sordina: la rivista diretta da Paolo Floris D’Arcais pubblicò alcune lettere scritte da Italo Calvino all’amico Scalfari all’epoca del fascismo, quando entrambi era poco più che diciottenni, accusandolo di non avere alcun ritegno di scrivere su giornali di chiara matrice fascista, sostenendone i principi,  pur di arrivare come giornalista.

Da quando questo scoop fu pubblicato è trascorso oltre un mese, periodo nel quale Scalfari ha partecipato a più di una trasmissione televisiva come ospite ma nessuno dei conduttori né dei presenti in studio gli ha chiesto spiegazioni in merito alle lettere di Calvino.

Da chi non si sarebbe fatto scrupoli di sostenere l’ideale fascista pur di  appagare la propria ambizione professionale, per poi successivamente rinnegarlo fondando prima un settimanale, L’Espresso, quindi un quotidiano, Repubblica, che avrebbero dovuto fare le pulci al potere a salvaguardia della democrazia , stupirsi per il suo sostegno  a Berlusconi francamente sa di ipocrisia, premesso che non sia sana ingenuità.

Ultima considerazione: se i quotidiani sono in crisi di vendita la colpa non sarebbe solo di internet su cui le notizie viaggiano in tempo reale rispetto ai formati cartacei , seppure gli stessi giornali hanno una versione online che si aggiorna in tempo reale.

È presumibile che un buon numero di lettori non abbia abbandonato la lettura dei quotidiani per mere questioni  economiche – meglio informarsi a costo zero in rete pur rischiando restare vittime delle fake news. È probabile che molti lettori abbiano abbandonato le versioni cartacee anche perché hanno avuto il sentore che spesso i giornali e i loro fondatori agiscono come i preti, “fa quello che dico io e non fare quello che faccio io”!

L’ULTIMA NOTTE, STORIA DI UN RACCONTO

All’epoca in cui scrissi L’ultima Notte non avevo ancora compiuto 18 anni. Come tutti i ragazzi della mia età anch’io, tra le mie fantasie erotiche, nutrivo quella di vivere una storia d’amore con una bella donna molto più grande di me che mi iniziasse ai segreti del sesso. Fu così che, solleticato da questa idea trasgressiva, battei a macchina un racconto di nove cartelle che, insieme a molti altri, per oltre dieci anni decantò in una cartellina nel cassetto della scrivania.
Quando agli inizi dell’estate del 1996 acquistai il mio primo computer, decisi di trascrivere sui floppy i racconti che scrissi quando ero ragazzo. Non appena iniziai a copiare L’ultima Notte, dopo le prime due pagine, mi bloccai davanti allo schermo come ipnotizzato. Non so perché, all’improvviso percepii che quel racconto doveva “respirare”, che meritava molto più spazio, che la storia d’amore tra i due protagonisti non poteva ridursi a poche pagine ma doveva essere narrata in maniera estesa. Fu così che, come fossi posseduto da un demone, iniziai a scrivere come un dannato di notte, sacrificando il sonno alla narrazione visto che lavorando e avendo e famiglia e due figli piccoli, farlo di giorni era impossibile. (successivamente un’amica mi disse che in ambito creativo il meglio di noi stessi lo diamo allo stesso orario in cui nascemmo: stando a mia madre, nacqui poco dopo le quattro del mattino…).
Andavo a letto subito dopo cena per svegliarmi poco dopo mezzanotte e scrivevo fino a quando non si facesse l’ora per andare a lavoro. In ufficio recuperavo il sonno perduto appisolandomi in macchina durante l’orario di spacco.
Iniziai a lavorare al romanzo a metà settembre. Per ben quattro mesi, senza alcuna ragione apparente, se non per il gusto di scrivere, mi alzavo a notte fonda, entravo nel soggiorno, accendevo il computer e iniziavo a scrivere immerso nel silenzio delle tenebre rischiarate dalla fioca luce del monitor del Pc.
Alla domanda di mia moglie e dei miei figli, allora piccoli, perché lo facessi, rispondevo “sento che devo farlo!”.
Scrivevo così di getto che più volte ebbi la sensazione che quel fiume di parole ristagnasse da una vita nel mio animo pronto a esplodere non appena se ne fosse presentata l’occasione.
Scrissi con continuità perfino nei fine settimana e nei giorni di festa: accompagnavo da mamma mia moglie con i bambini, tornavo a casa e scrivevo fino a tardi. Solo quando il telefono di casa squillava e la voce di mia moglie mi chiedeva se avessi finito perché i bambini dovevano dormire, spegnevo il computer e andavo a prenderli.
Quando agli inizi del nuovo anno scrissi finalmente la parola fine, mi resi conto che il racconto era diventato praticamente un romanzo.
Solo allora concessi a mia moglie di leggerlo.
Una mattina, mentre ero in ufficio, ricevetti la sua telefonata in cui mi diceva che il romanzo le era molto piaciuto, che s’era emozionata fine a piangere: devi pubblicarlo!
Fu così che iniziammo a girare per le case editrici napoletane lasciando in visione la copia del romanzo.
Quando mi contattò Nando Vitali, l’allora direttore editoriale di Tommaso Marotta editore, per dirmi che lo volevano pubblicare, inizialmente pensai fosse uno scherzo. E invece…
Da allora sono trascorsi esattamente vent’anni. Per celebrare questa data così importante in quanto un libro per ogni autore è, a tutti gli effetti, un figlio, ho deciso di ripubblicare in ebook L’ultima Notte, sperando che a distanza di tanti anni ancora possa suscitare emozioni nel lettore.

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