perché

NELLA VITA C’È SEMPRE UN PERCHÉ

Camminava da oltre un’ora sul sentiero che costeggiava il fiume, diretto nel punto in cui le acque si incrociavano con quelle dell’altro canale che scendeva dal versante opposto della montagna.

Prima di avviarsi aveva consultato il servizio meteo per accertarsi di essere colto di sorpresa dal maltempo: indicava tempo sereno!

La fitta boscaglia, che come un ombrello copriva la strada d’acqua gettando una fitta ombra tutt’intorno, gli impedì di avvedersi dei minacciosi nuvoloni che si ammassarono in cielo. Le prime gocce d’acqua sul capo e sul viso annunciarono il temporale.

Le violente sferzate di pioggia, solo in parte mitigate dalle fitte foglie degli alberi, lo infradiciarono. Si guardò intorno alla ricerca di un riparo: nulla!

Deviò all’interno della foresta, sperando di imbattersi in un rifugio di pastori e cacciatori o in un antro.  Quando aveva ormai perso ogni speranza, dal fondo della foresta intravide un bagliore. Man mano che vi si avvicinava, la luce diventava sempre più distinta. Di lì a poco, al suo sguardo si delineò una baita dal camino fumante.

La raggiunse e iniziò a picchiare con insistenza il pugno sulla porta. Dall’altro lato udì il rumore del chiavistello, l’uscio si aprì con un forte cigolio. Davanti gli si parò uomo anziano: alto, i radi capelli bianchi impomatati, gli occhi azzurro ghiaccio, vestito elegantemente in abito di ottima fattura dal taglio vetusto. [… ]

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angelo

GLI ANGELI HANNO BISOGNO D’AMORE (racconto)

Ogni volta che si trasferiva nella casa in collina lasciatagli dal nonno per trascorrere un periodo di vacanza, Federico era solito ripetere i gesti di quando, ragazzino, vi trascorreva le estati. In quel modo, diceva, aveva l’illusione di rallentare lo scorrere del tempo, di sconfiggere la vecchiaia.

Quella mattina si alzò che il cielo appena rischiariva all’orizzonte. Zaino in spalla, uscì di casa e si avviò su in paese da dove avrebbe poi proseguito sul sentiero del bosco fino alla pozza d’acqua posta a mille metri. Per raggiungerla avrebbe dovuto camminare almeno per un paio di ore, da solo, per un dislivello di quasi seicento metri immerso nella fitta boscaglia.

Quando giunse in piazza notò una strana agitazione: un nutrito gruppo di persone discuteva animatamente attorno a una pattuglia dei carabinieri. Accanto alla gazzella dell’arma era parcheggiata una jeep della protezione civile.

Incuriosito si avvicinò per capire cosa stesse succedendo: un bambino mancava da casa dal pomeriggio del giorno prima. I genitori, una coppia romana in vacanza, dopo averlo cercato a lungo nel bosco, in serata avevano dato l’allarme. Le ricerche si erano protratte per tutta la notte alla luce delle torce e delle fotoelettriche con esito negativo. Ora si stava facendo il punto sulla cartina geografica aperta sul cofano della pattuglia, dividendo i soccorritori in gruppi di due, affidando a ognuno un’area precisa in cui effettuare le ricerche.

“Tu dove vai?” gli chiese il maresciallo che stava tracciando una linea rossa sulla carta.

“Salgo alla pozza”

“Bene, ti lascio il mio cellullare, se dovessi vedere o trovare qualcosa che indichi la presenza del bambino, chiama subito!”

“Va bene! Come si chiama il bambino?

“Valerio!” […]

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