PONTE MORANDI, L’ENNESIMA GUERRA TRA GUELFI E GHIBELLINI

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In questo paese in cui l’eterno conflitto tra guelfi e ghibellini cova sotto le ceneri, per poi ravvivarsi non appena se ne presenta l’occasione, il crollo del ponte Morandi a Genova è stato come soffiare sulle polveri per vivificare la fiamma.

Subito sui social, ma non solo, si è scatenata una ridda di commenti/scontri tra quanti condividono la scelta del governo di revocare seduta stante la concessione alla società Autostrade spa del Gruppo Benetton, e chi invece ritiene che, così facendo, si crei un precedente pericoloso in quanto si metterebbe discussione lo Stato di Diritto poiché, prima di revocare la concessione, bisogna seguire l’iter previsto dalla legge, anziché scavalcarla malgrado la tragicità dell’evento. Revocare a prescindere da quelli che saranno i risultati dell’inchiesta della magistratura e non attenendosi alle clausole contrattuali  sarebbe un gesto di autoritarismo da parte del governo che, così facendo, infrangerebbe la legge, (domanda: essendo il potere legislativo del Parlamento, il governo non potrebbe varare un decreto legge per modificare la legge che regolamenta le privatizzazioni, ponendolo all’approvazione del Parlamento, senza nemmeno porre la fiducia perché è improbabile che qualcuno voti contro un provvedimento teso a tutelare cittadini, non fossecaktrobper evutarevun hara kiri elettorale? In meno di quindici giorni modificarono la legge pensionistica, rovinando la vita a migliaia di italiani, possibile che non si possa fare lo stesso in questo caso?)

È superfluo aggiungere che quanti sostengono questa seconda versione, sposata in blocco dalle opposizioni, accusano di populismo coloro che invece sostengono la revoca a prescindere posta in corso dal governo. Viceversa chi appoggia la tesi delle opposizioni, viene additato come  un “sostenitore dei poteri forti”.
Cercando di mettere da parte gli istinti di pancia – è difficile davanti a un’immane tragedia come quella di Genova, non solo per i morti e la distruzione derivanti ma anche perché da quel maledetto 14 agosto qualunque automobilista transiti su un ponte o un viadotto autostradale italiano non si sente più sicuro, tirando un sospiro di sollievo ogni qualvolta ne attraverserà uno, magari infrangendo tutti i limiti di velocità, Bertolaso docet – è evidente che il crollo del ponte Morandi, come più di un tecnico ha sottolineato, non può avvenire all’improvviso dalla mattina alla sera; che molto probabilmente c’erano delle condizioni di criticità non rivelate che ne hanno causato il cedimento. Un dato incontestabile è che il ponte, a partire dagli anni ottanta, era in perenne manutenzione a conferma che la sua struttura presentava oggettivamente delle problematiche. Diversamente non si comprende il perché di tali ripetuti  interventi di revisione!

Toccherà ai responsabili dell’inchiesta stabilire cosa, in fase di manutenzione, possa essere sfuggito agli addetti ai lavori, in primis agli ingegneri, per cui non ci si sarebbe resi conto del reale pericolo che il ponte rappresentava.

Questo punto, a mio avviso, potrebbe risolversi a favore della società Autostrade: se il dipendente di un’azienda, pubblica o privata, commette un’inadempienza nei confronti di un cliente, il cliente non si rivarrà verso il dipendente ma presenterà reclamo ufficiale direttamente all’azienda da cui si sente gabbato; appurato il danno, l’azienda risarcirà il cliente, porgendo le proprie scuse. Quindi convocherà il dipendente inadempiente, attivando azioni disciplinari  nei suoi confronti, giungendo perfino al licenziamento, chiedendo i danni, se l’errore commesso è incommensurabile e ha leso in maniera irreparabile l’immagine aziendale. Ovviamente il dipendente a sua volta attiverà una procedura di contestazione legale all’azienda, rimanendo comunque sospeso dal servizio e con lo stipendio congelato fino a quando il giudice non si pronuncerà, stabilendo se il licenziamento è giusto oppure se, come sostiene il dipendente, l’errore è conseguenza delle condizioni di lavoro proibitive in cui era costretto a lavorare e quindi l’azienda è corresponsabile, stabilendo il reintegro del lavoratore, il quale potrà scegliere se tornare a lavoro o “accontentarsi” di un congruo rimborso economico.

Poiché a fare i controlli sul ponte non sono fisicamente né i membri della famiglia Benetton, né tantomeno i vertici di Autostrade spa, ma i tecnici e gli operai stipendiati per tale funzione, è presumibile che la società avvierà un’inchiesta interna per risalire ai responsabile della manutenzione per stabilire se hanno commesso qualche errore di valutazione o c’è stata negligenza, in particolare gli ingegneri, e, una volta appurate eventuali responsabilità, rivalersi contro di loro legalmente.

Il problema della revoca della concessione, al di là degli aspetti formali in chiave di diritto, apre agli occhi del cittadino comune scenari inquietanti in quanto, a questo punto, viene naturale chiedersi: nell’attesa che la revoca della concessione sarà confermata, chi curerà la manutenzione del tratto autostradale, più dell’80%, gestito dal gruppo Benetton? La stessa concessionaria, aspettando la sentenza definitiva del contenzioso tra Stato e Autostrade spa per la conferma o l’annullamento della revoca? O la gestione di Autostrade verrà congelata e, nell’attesa di conoscere i risultati dell’inchiesta, sarà  concessa a terzi con la supervisione del Ministero dei Trasporti?

Aspettando di conoscere gli sviluppi di questa intricatissima vicenda che avrà sicuramente dei lunghissimi strascichi legali e giudiziari, al momento, il conflitto tra guelfi e ghibellini sembra essersi attenuato. soprattutto dopo alcune dichiarazioni di qualche  esponente della politica e della cultura di sinistra, premesso che in Italia esista ancora la sinistra, che, andando controcorrente, hanno affermato essere “sacrosanta” la revoca della gestione a Autostrade spa – Stefano Fassina di LeU a In Onda su La sette il 17 agosto, con il sostegno di Rifondazione comunista,  e la giornalista Lucia Annuziata che  il 16 agosto sull’Huffingtonpost ha scritto un editoriale di fuoco contro i vertici del gruppo Autostrade in cui, seppure mettesse in evidenza che la revoca della concessione “ha tutte le stigmate di un governo che non vuole fare i conti con i diritti acquisiti, con le regole istituzionali”, aggiunge, “Ma, francamente, in questo caso è difficile difendere i diritti di un’azienda che non ha a cuore i diritti di tutti” – gli animi sembrano essersi un tantino sopiti a conferma che molti di coloro che si scagliano contro chi sostiene i “populisti”, irridendoli e accusandoli di pressapochismo e idiozia, a loro volta orientano le proprie opinioni, non in rapporto a un ragionamento personale ma  a seconda della direzione tracciata dal proprio referente politico; ponendosi di fatto nella stessa condizione di quanyi irridono che, a loro dire, seguirebbero come topi il pifferaio magico.

Gli applausi di ieri durante i funerali delle vittime al Presidente Mattarella e agli esponenti del governo, unitamente alle contestazioni al Segretario reggente del Pd Martina, sono la conferma di quale sia in questo momento lo stato d’animo di una buona fetta del paese – avrei voluto scrivere “del paese intero”, ma ho preferito limitarmi perché qualcuno si sarebbe potuto risentire non riconoscendosi in quella condizione interiore.

Siamo e saremo sempre un paese di guelfi e ghibellini, non dimentichiamolo!

PONTE MORANDI, LE DICHIARAZIONI DI BERTOLASO LASCIANO INTERDETTI

Guido_Bertolaso

Durante la puntata di In Onda su La Sette del 15 agosto scorso dedicata al crollo del ponte Morandi a Genova del giorno prima – in cui hanno perso la vita 39 persone; 16 i feriti e centinaia gli sfollati dalle case sottostanti essendo serio il rischio che il resto della struttura possa collassare da un momento all’altro – l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso ha rilasciato una dichiarazione che, detta da lui che dal 2001 al 2010 ha ricoperto il vertice estremo della struttura della Presidenza del consiglio preposta a “mobilitare e coordinare tutte le risorse nazionali utili ad assicurare assistenza alle popolazioni in caso di grave emergenza”, ha del surreale: “quando passavo su quel ponte, se il traffico me lo permetteva, violavo tutti i limiti di velocità per attraversarlo in fretta”.

Una dichiarazione, quella di Bertolaso, che lascia interdetti, non fosse altro perché l’ex capo della P. C. – rinviato a giudizio per omicidio colposo plurimo e lesioni, poi assolto in Cassazione, per aver detto durante una telefonata del 30 marzo del 2009, intercettata, all’assessore abruzzese Daniela Stati, “la commissione grandi rischi? Un’operazione mediatica. Vogliamo tranquillizzare la gente”, in relazione allo sciame sismico che da mesi martoriava il territorio, mettendo in allarme i cittadini che temevano che le scosse lasciassero presagire l’imminenza di un terremoto – il 6 aprile del 2009, una settimana dopo quella telefonata, ci fu il terremoto che rase al suolo il capoluogo abruzzese e altri comuni con centinaia di morti e feriti e migliaia di sfollati – esplicitamente ammette di essere a conoscenza della pericolosità del ponte Morandi.

Ogni qualvolta il paese era ferito da un terremoto, soprattutto se in zone già colpite in passato da un evento simile, sia Bertolaso che gli esperti dell’INGV non mancavano di ripetere che i terremoti non si possono prevedere ma prevenire costruendo in maniera adeguata.

Poiché riguardo al ponte Morandi, stando alla sua affermazione televisiva, l’ex capo della P. C. lascia intendere di essere ben consapevole della sua pericolosità, sarebbe interessante sapere se tale consapevolezza fosse dovuta a una sua sensazione personale quando lo attraversava o fosse invece frutto di un’accurata conoscenza dei fatti che, per il ruolo che ricopriva, gli permetteva di essere costantemente ragguagliato con indiscutibili dati tecnici. E, in quest’ultimo caso, sarebbe interessante sapere se avesse, come è presumibile ritenere abbia fatto, esposto il pericolo del ponte Morandi a chi di dovere, la Presidenza del Consiglio, affinché intervenisse per sollecitare il concessionario che aveva in gestione quel tratto di autostrada, Atlantia del Gruppo Benetton, perché lo mettesse adeguatamente in sicurezza.

Domande che trovano il tempo che trovano visto che il ponte è venuto giù portandosi dietro morte e distruzione. Seppure a causarne il crollo non è stato un imprevedibile terremoto ma, probabilmente, un’inadeguata manutenzione, ergo prevenzione. Ovviamente tutto ciò lo stabilirà la magistratura!

UN PONTE NON CROLLA PER CASO

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Come sempre accade ogniqualvolta una tragedia annunciata scuote questo disastrato paese, anche per il cedimento del viadotto Morandi di Genova sull’A10, che al momento fa registrare 35  morti e 11 feriti di cui alcuni in gravi condizioni, è già iniziato il rimpallo di responsabilità: in una nota ufficiale la società Autostrade per l’Italia di proprietà della famiglia Benetton, concessionaria per la gestione e manutenzione ordinaria della rete autostradale, tramite Stefano Marigliani direttore della Direzione del Tronco di Genova, ha fatto sapere che “il crollo è per noi qualcosa di inaspettato e imprevisto rispetto all’attività di monitoraggio che veniva fatta sul ponte. Nulla lasciava presagire” .

Tuttavia ascoltando alcuni interventi di chi in passato si è occupato della situazione ponti e viadotti in Italia, una su tutti la giornalista Milena Gabanelli, risulterebbe che il viadotto Morandi fosse tutt’altro che sicuro. Non solo per una questione anagrafica – costruito nel 1967, il ponte aveva cinquant’uno anni, età critica per i ponti in cemento stando agli esperti – ma anche per la sua progettualità che da sempre lo aveva reso argomento di critica e discussione tra gli addetti ai lavori.  Non a caso da questa mattina, subito dopo la tragedia, su diversi siti online di quotidiani nazionali – Repubblica e Corriere della Sera – si riportano le dichiarazioni dell’ingegnere Antonio Brencich il quale nel 2016 su INGEGNERI.INFO scrisse una articolo molto critico sul ponte Morandi.

Così come risulta un’interrogazione il 28 aprile 2016 del senatrore Maurizio Rossi di Scelta civica all’allora Ministro delle Infrastrutture Del Rio, mettendo in evidenza i rischi del Ponte Morandi.

Per quanto concerne il rimpallo di responsabilità, la politica non è da meno: il Ministro della Infrastrutture Toninelli ha già fatto sapere di aver istituito una commissione d’inchiesta per appurare le reali responsabilità. Non levando un velo polemico, affermando che, malgrado in passato fossero stati stanziati i fondi per rimettere in sicurezza il Ponte Morandi e altri viadotti ritenuti critici, quei soldi sono andati persi in quanto mancavano i progetti ingegneristici. Gli ha risposto Maurizio Lupi, suo predecessore nel 2015, invitandolo a non fare sciacallaggio politico.

C’è un altro aspetto politico che merita d’essere messo in evidenza: fino a poche ore fa era presente sulla pagina del M5S un documento del movimento No Gronda, una bretella autostradale che doveva  essere costruita a Genova per snellire il traffico sul Ponte Morandi, per la cui costruzione il M5S era contrario, definendo una favoletta la possibilità che il Ponte Morandi potesse crollare addotta dai sostenitori della Gronda. Ora quel documento è sparito. Tuttavia sarebbe interessante non solo sapere chi lo ha tolto, ma anche perché l’ex Presidente della Provincia di Genova cui si fa riferimento nel documento, sosteneva la possibilità che il ponte potesse crollare.

Speriamo che almeno questo disastro non resti impunito. Ma, soprattutto, che a essere puniti non siano solo i pesci piccoli!