antro della sibilla

LA CITTÀ DEI CIMMERI

Il mio nome è Milos, sono primo sacerdote dei Cimmeri, il popolo che ha edificato le proprie città nelle viscere della terra ardente, chiamata Flegrea dagli invasori giunti di là dal mare. L’aggettivo “primo”, diversamente da come potrebbe apparire, non si riferisce al grado del mio ruolo, bensì indica che sono il primo maschio a vestire i paramenti sacri, essendo stati tutti i miei predecessori femmine vergini.

Quando scoprì d’essere incinta di me, dopo che un miscredente abusò di lei mentre era raccolta in preghiera sulla collina, mia madre, Gran Sacerdotessa della Dea, in ogni modo cercò di occultare la gravidanza fasciandosi strettamente il ventre con l’intento di partorirmi di nascosto e affidarmi alle creature del bosco perché nessuno scoprisse il suo peccato.

Una sera, mentre invocava gli spiriti della terra affinché rendessero prospero il raccolto, si accasciò sul sagrato dov’era l’ara sacrificale, premendosi le mani sul ventre in preda alle doglie. Quale oltraggio fu per le vestali che officiavano ai riti scoprire che la Gran Sacerdotessa aveva ceduto all’umana natura. Tuttavia nessuna si dispensò dall’aiutarla a partorire né svelò il suo segreto.

Fino all’età di dodici anni crebbi nel tempio insieme alle vestali, dividendo con loro finanche il sonno. Una notte d’estate fui svegliato da un piacevole languore all’inguine, scoprendomi con un fiume vischioso fluente dal pene in erezione. Pensando si trattasse di una malattia, premurandomi che le pizie non mi vedessero ridotto in quello stato, allarmato corsi da mia madre la quale, dopo avermi accarezzato il viso e pulitemi dolcemente le parti intime con foglie di fico intinte in acqua di fonte per placare l’ansia della gioventù, mi condusse al tempio e, alla luce della luna piena, con un colpo di coltello mi evirò. […]

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UN UOMO FELICE (a mio padre)

All’inizio incontrò la felicità cavalcando l’infinita onda della vita in un oceano di gelatina nutriente.

Attraverso la spirale ombelicale, godeva della frenesia dei sensi di cui era preda sua madre ogniqualvolta il marito la stringeva a se e l’amava dolcemente, accarezzandole i seni gonfi di vita e baciandola con passione, niente affatto inibito dal pancione che ella orgogliosamente mostrava. Entrambi erano consapevoli di rendere partecipe il loro frutto del loro amore della felicità che li univa e d’aiutarlo a crescere felice.

Per nove, lunghi mesi, si avventurò in un mare d’emozione, navigatore solitario, alla scoperta di un mondo oscuro, dove l’eco d’incomprensibili mormorii di dolcezza e amore si dissolveva nell’infinità del sogno.

L’incanto di quegli istanti svanì allorché le acque fluirono attraverso il canale della vita e mani guantate lo strapparono all’oblio.

Riconobbe la felicità nel capezzolo colmo di latte che ogni quattro ore gli si accostava alle labbra. Succhiandolo, riascoltava il ritmo che aveva scandito il lento evolversi della sua esistenza, addormentandosi felice perché il sogno era ripreso. Crescendo, la felicità assunse il gustoso sapore degli omogeneizzati e della crema di riso che si stropicciava, impertinente, su tutta la faccia, suscitando la gioia di quanti lo guardavano pasticciare.

Felicità era infilare le dita nel bicchiere colmo di succo di frutta che sua madre gli porgeva preoccupata, sperando che non lo riversasse sul pavimento appena lavato.

Felicità fu strappare le orecchie ad un cagnolino di pezza regalatogli dai nonni per la sua festa, o schizzare l’acqua mentre faceva il bagno circondato da pesciolini di plastica e anatroccoli di gomma. […]

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PASSIONE RIFLESSA

Ormai è l’ora, ancora pochi attimi e finalmente la rivedrò… Lei non sa di me e proprio per questo, quando si spoglia, s’accarezza sensualmente laddove mani d’uomo dovrebbero indugiare…. Eccola, entra… Quant’è bella… Indossa la camicetta bianca e la gonna nera con lo spacco laterale: oggi ha sicuramente incontrato il suo amore!… Se la conosco bene, avrà infilato le autoreggenti o il reggicalze: quando si concede a lui ama essere provocante e giocare a fare la gatta perché al suo amore piace tanto… E sì, lei adora esprimere la  propria sensualità quando è in sua compagnia perché ne è follemente innamorata… Chissà con che trasporto e  impeto lo travolge quando stanno insieme!?… Con che baci appassionati lo stordisce!? … Beato lui!… Eccola, si avvicina… Dio come è bella, ma cosa… Ah, sei stata dal parrucchiere, hai stirato i capelli, eh?… Stai proprio bene! Scommetto che è stato lui a consigliarti!… Ecco, brava, inizia a sbottonarti la camicetta… Come ti dona il reggiseno a balconcino… E che bei seni gioiosi che hai, piccoli e sodi come mele annurche!…  […]

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PARADOSSI

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Svuotato d’ogni sostanza, il tempo ristagnava come nebbia nella stanza arredata con due sole sedie di legno, disposte l’una di fronte all’altra, rispettivamente occupate da un uomo sereno e da uno triste, entrambi vestiti di niente.

Fasci di luce, cadenti dal soffitto, avvolgevano le loro figure in opache fluorescenze, esaltandone i contrastanti stati d’animo trasparenti sui loro volti.

“Rabbi, potrai mai perdonarmi?” – chiese l’uomo triste, fissando la scacchiera di marmo del pavimento.

“Perdonarti di cosa?” – replicò serenamente l’altro. […]

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GIOIA, LA MIA GATTA

Mia moglie con Gioia la prima volta che la gatta salì sul balcone di casa
Mia moglie con Gioia la prima volta che la gatta salì sul balcone di casa

La mia gatta si chiama Gioia, anche se è improprio definirla mia. Come tutti gli animali randagi che hanno la fortuna di essere accolti in casa, non appena fu nel nostro appartamento, anche lei si scelse un padrone: mia moglie che per diverse sere, senza che io ne sapessi nulla, le portava da mangiare e da bere sotto il balcone di casa dove lei si posizionava miagolando nella speranza che qualcuno la sfamasse.

Prima di proseguire nel racconto della venuta di Gioia devo però fare un passo indietro di alcuni mesi. […]

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