ERNESTO SALEMME E IL MISTERO DEL LIBRO CHE NON C’E’

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Alcuni giorni fa un caro amico d’infanzia mi telefonò chiedendomi l’esatto titolo del libro di Ernesto Salemme, fratello del noto attore/regista Vincenzo, che avevo appena letto e gliene avevo parlato in maniera lusinghiera a cena con le rispettive consorti. “COME PER SE STESSA MOSSA  edizioni IL PUNTO DI PARTENZA”, risposi. Quindi gli chiesi “Perché?” “Mi trovo alla Feltrinelli a Piazza dei Martiri e volevo comprarlo ma non risulta a catalogo. Sei sicuro che si chiami così?” Prima di rispondere andai a prendere il libro dalla libreria per accertarmi di non aver commesso errori. “Franco ho il libro tra le mani, sia il titolo sia l’editore corrispondono a ciò che ti ho detto” “Va bene, vorrà dire che chiederò di guardare meglio” e riattaccò. La mattina successiva per strada incrociai la moglie, le chiesi se avessero trovato il libro. “No, Enzo, niente da fare. Nel catalogo delle edizioni IL PUNTO DI PARTENZA non compare. È come se non fosse stato mai scritto!”

Quella risposta mi fulminò: il libro è una sorta di autobiografia in cui Ernesto Salemme, professore di lettere, racconta del periodo in cui fu ricoverato in una clinica per malattie mentali; dei motivi che indebolirono la sua psiche costringendolo a quell’estrema soluzione; di come la letteratura e la scrittura funsero da validi supporti terapeutici aiutandolo ad uscire dal baratro della follia.

L’opera è scritta in maniera egregia e rimanda a infiniti agganci letterari con autori del passato, dimostrando non solo quanto siano attuali i classici e come la loro lettura possa rigenerare un’anima ammalata, ma come il lavoro di Ernesto Salemme sia anche un valido supporto antologico per i lettori, in particolare gli studenti. Quel che colpisce di più del libro, oltre alla freschezza e alla fluidità del linguaggio, è la lucida freddezza con cui il professore Salemme attribuisce le cause del proprio dramma alle incomprensioni familiari inerenti le proprie  scelte di vita contrastanti rispetto a quanto i familiari pretendevano da lui, al punto da farlo apparire un estraneo se non addirittura un disadattato. E di come questa sua apparente alienazione, umiliante per la famiglia, fosse stata poi trasposta in scena dal fratello Vincenzo nelle proprie commedie con la figura del nipote scemo.

A quanti hanno avuto la fortuna di leggere questo libro sofferto, il testo sarà sembrato una denuncia di Ernesto Salemme nei confronti dei familiari, in particolare del fratello famoso. Viceversa secondo me rappresenta un atto d’amore, un gesto con cui porre fine, una volta e per sempre, agli attriti familiari, malgrado il malessere procuratogli.

Mi chiedo perché il libro, che a mio avviso definire bello è limitativo, non si trovi in commercio, malgrado fosse stato regolarmente stampato e presentato ad ottobre 2009 nell’auditorium del liceo in cui Ernesto Salemme all’epoca insegnava!?

Speriamo che quanto prima lo si possa ritrovare in libreria o magari in vendita online perché leggerlo è un’illuminazione. Il professore Salemme ha saputo trarre dal proprio dramma esistenziale un insegnamento di vita e non è giusto che le sue parole restino confinate nel limbo di pochi  fortunati lettori.

MIGRANTI: RICHETTI CITA IL PAPA E SALLUSTI GLI RINFRESCA LA MEMORIA

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Fino a ieri sera, giornalisticamente parlando, non nutrivo alcuna simpatia per Alessandro Sallusti. A far sì che modificassi, seppure per un attimo, tale considerazione c’ha pensato Matteo Richetti del Pd: ospite ieri sera a Otto e Mezzo insieme al direttore de Il Giornale per discutere della proposta di Salvini di recensire i rom e del suo divieto all’approdo dell’Aquarius carica di migranti nei porti italiani, per avvalorare la propria contrarietà e quella del Pd alle idee e azioni del Ministro degli Interni, Richetti ha chiamato in causa il Papa che in questi giorni ha invocato l’accoglienza per i migranti, mostrandosi in contrasto con le scelte del Ministro. Non rendendosi conto che in quel modo stava offrendo un assist a Sallusti. Il giornalista ha infatti colto a volo l’insperata sponda e, sorridendo, ha risposto con ironia, “mi fa piacere che Richetti citi il Papa. Vorrei che altrettanto facesse per quanto riguarda le famiglie arcobaleno e l’aborto, argomenti che il pontefice ha recentemente condannato!”

Apriti cielo. Per rimediare all’errore, con fare contrariato, Richetti ha cercato di sminuire la risposta del giornalista, definendola “banale”. Ma ormai la frittata era fatta!

Nessuno può appropriarsi delle parole del Papa, così come di qualsiasi altra autorità, sia laica che religiosa, solo quando gli fa comodo per poi sconfessare la stessa autorità quando invece esprime pareri in contrasto con la propria visione di vita personale e politica.

Dire, come ha fatto Richetti che “se il Papa dice una cosa corretta non va taciuta”, equivale tacitamente ad affermare che l’opposizione del Papa sulle coppie gay e sull’aborto è un errore.

Forse Richetti dimentica che, essendo il Papa il capo della Chiesa, suo compito è quello di difendere la dottrina della Chiesa la quale identifica nell’unione tra uomo e donna il fulcro su cui poggia la famiglia e, professando il rispetto per la vita in quanto dono di Dio, non può accettare l’aborto.

È legittimo non condividere le dottrine ecclesiastiche. Ma appoggiarsi al Papa per sostenere le proprie idee, e avversarlo quando invece ne sostiene altre in contrapposizione con il proprio pensiero, francamente, non è né corretto, né serio!

BONAFEDE IN TV E IL M5S FA HARAKIRI IN COMUNICAZIONE

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Per chiarire la propria estraneità nella vicenda Lanzalone, ieri sera il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha voluto essere intervistato a Otto e Mezzo dalla Gruber, coadiuvata da Antonio Padellaro de Il Fatto Quotidiano.

L’avvocato Lanzalone assurse alla presidenza dell’ACEA, municipalizzata del comune di Roma, per scelta della sindaca Raggi, dopo che a presentarglielo furono lo stesso Bonafede e Fraccaro, in quanto a Livorno il suo studio si era occupato positivamente del concordato Aamps. Lanzalone si è dimesso dall’incarico non appena è scoppiata l’inchiesta sul nuovo stadio della Roma per cui è agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione insieme al costruttore Parnasi, ora in carcere, e altri indagati.

Davanti alle telecamere Bonafede ha ripetutamente dichiarato che la scelta di nominare Lanzalone Presidente dell’Acea fu della Raggi. Che lui non c’entra niente!

Purtroppo per il Ministro la sua agitazione al cospetto delle telecamere ha alimentato il dubbio che egli fosse lì perché ansioso di scaricarsi da ogni eventuale responsabilità, facendo gravare tutto sulle spalle della Raggi la quale, come il Ministro, al momento non risulta indagata.

Chi ha seguito la trasmissione avrà notato le espressioni di rabbia e di fastidio che si alternavano sul volto di Padellaro mentre ascoltava Bonafede. Così come avrà certamente colto il tono tagliente con cui il giornalista ribatteva alle dichiarazioni del Ministro, facendogli presente che ancora una volta il M5S, la giunta Raggi in particolare, si trovava coinvolto in una vicenda in cui, seppure a proprio carico non risultino responsabilità oggettive, si evidenzia l’assoluta incapacità nella scelta delle classe dirigente.

Dopo aver visto il modo goffo con cui Bonafede s’è approcciato alle telecamere, verrebbe da dire che il M5S dovrebbe non solo scegliere con attenzione la classe dirigente ma anche chi gli gestisce la comunicazione. Un’altra apparizione televisiva alla Bonafede di un qualsiasi rappresentante del M5S e le opposizione brinderanno!

SALVINI E LA SUA SPALLA, LUIGI DI MAIO

<<Ma chi è Salvini che tiene al guinzaglio di Maio? E chi è Di Maio, così soggetto al padrone?>>. Così Furio Colombo chiude il proprio pezzo di oggi su Il Fatto Quotidiano dall’eloquente titolo, GLI ORDINI DI SALVINI E IL SILENZIO DEI 5S.

Molto probabilmente la stessa domanda se la stanno ponendo gli oltre 11 milioni di elettori, tra cui chi scrive, che il 4 marzo hanno votato M5S. Infatti, da quando è nato, dopo quasi 90 giorni di patemi e sofferenze, il governo gialloverde presieduto dall’illustre sconosciuto professore Giuseppe Conte, l’unica voce governativa che ha iniziato a parlare – in alcuni casi, a straparlare – senza più smettere, amplificata dai media e dai social, è quella del Ministro degli Interni, nonché vice Premier in condominio con il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Luigi Di Maio, il leghista Matteo Salvini.

Di tutti gli altri membri dell’esecutivo, a iniziare dal capo (?) del governo, nessuna traccia. Seppure bisogna riconoscere a Conte di aver mostrato il pugno fermo nei confronti di Macron  – il Presidente francese aveva definito l’Italia “cinica”, mentre il suo partito En Marche aveva giudicato “vomitevole” la scelta di Salvini di non concedere l’approdo in Italia all’Aquarius – mettendo in discussione il vertice Francia-Italia della scorsa settimana se la Francia non avesse chiesto ufficialmente scusa.

Per quanto invece riguarda Di Maio, ora sotto tiro insieme al suo partito e alla sindaca Raggi  per la vicenda Lanzalone, le sue dichiarazioni sulla vicenda Aquarius sembrano essersi dissolte nell’etere e nella rete, quasi non fossero mai state pronunciate.

Mentre Salvini spopola agli occhi dell’opinione pubblica come un salvatore della patria, rilasciando interviste e tweet spot del tipo “è finita la pacchia”, in riferimento agli immigrati clandestini; “stanno facendo una crociera”, a proposito di 629 migranti imbarcati sull’Aquarius diretta a Valencia dopo il veto del ministro ad attraccare nei porti italiani, la voce del capo pentastellato sembra non risuonare nemmeno più su internet, da sempre luogo di comunicazione prediletto dei grillini, seppure Di Maio si affanni a scrivere post su face book o a rilanciare a sua volta tweet.

L’indifferenza che circonda il Ministro del Lavoro e il suo operato, malgrado l’impegno profuso da Di Maio nella vicenda TIM per evitare la cassa integrazione a 30 mila dipendenti – cosa non da poco! – conferma che il protagonista indiscusso del governo oggi è Salvini. Tutti gli altri,a cominciare da l Premier Conte e, soprattutto Di Maio, è come se fossero dei semplici comprimari.  Delle “spalle” di cui leader leghista sembra poter fare a meno.

Di conseguenza facciamo nostra la chiosa di Furio Colombo: “Ma chi è Salvini che tiene al guinzaglio Di Maio? E chi è Di Maio, così soggetto al padrone?”

GLI ITALIANI NON SONO RAZZISTI MA STANCHI DI UNA CERTA POLITICA

Com’era prevedibile, l’approvazione da parte di una buona fetta di opinione pubblica al veto del Ministro Salvini all’attracco nei porti italiani della nave Aquarius con il suo carico di 629 migranti, sta alimentando un’ampia discussione sul, presunto, razzismo degli italiani. Ma nessuno di coloro che sposano questa tesi si chiede il perché di ciò!?

Tra editoriali e post dove, giustamente, si mettono in risalto le disumane condizioni in cui sono costretti a viaggiare questi disperati salpati dalle coste libiche e tunisine, pagando migliaia di dollari agli scafisti – ma tutti ‘sti soldi da dove li prendono?… – per intraprendere un viaggio più disperato che della speranza, nessuno si sofferma sulle pessime condizioni igienico-sanitarie dei centri di prima accoglienza italiani in cui migranti vengono raggruppati come bestie una volta sbarcati; né sull’assoluta precarietà della vigilanza in questi centri da parte delle forze dell’ordine, al punto da consentire agli “ospiti” non solo di entrare e uscire a loro piacimento, contrariamente a quanto previsto dai regolamenti; ma addirittura consentendo a molti di loro di intraprendere vere e proprie attività criminali, tipo spaccio di droga o prostituzione, come denunciato in più di un servizio sui c.a.r.a. Pugliesi da Striscia La Notizia e da il settimanale L’Espresso. Senza tralasciare lo scandalo del c.a.r.a di Mineo in Sicilia né quello di Mafia capitale a dimostrazione di quanti interessi girino intorno agli immigrati.

E che dire delle tante aree del paese ormai diventate vere e proprie zone franche, ad esempio le piazze antistanti le stazioni o quelle dell’estrema periferia, dove gli immigrati, quasi tutti clandestini, organizzatisi in bande, hanno impiantato vere e proprie attività criminali in collaborazione o in lotta con le organizzazioni criminali locali? Che dire della tante ragazze di colore o di origine slava, per lo più minorenni, che si prostituiscono lungo nostre strade senza che nessuno intervenga in loro difesa, seppure esercitino la “vita” alla luce del giorno? E vogliamo parlare dei ragazzini rom che la sera si prostituiscono nei pressi delle stazioni centrali, i cui clienti sono mariti, padri di famiglia e insospettabili professionisti in cerca di trasgressione? E del degrado in cui versano i campi rom, nessuno sa niente?

Chi si indigna per la scelta di Salvini di dire no all’attracco in Italia dell’Aquarius, sarebbe il caso si indignasse prima di tutto per la totale mancanza di controlli da parte dello Stato verso chi sbarca dai barconi della speranza.

Il presunto razzismo che albergherebbe in una parte di italiani, a mio avviso, sarebbe conseguente a un’assoluta inefficienza palesata dalle autorità nel tutelare non solo la stragrande maggioranza di migranti onesti in cerca di rifarsi una vita, ma anche i cittadini i quali, sentendosi abbandonati da chi dovrebbe garantire loro la sicurezza, iniziano a identificare nello straniero un potenziale pericolo e a guardarlo di sbieco, senza distinguere il buono dal cattivo.

Lasciare che gente senza identità, in alcuni casi già oggetto di decreti di espulsione mai eseguiti, vaghi tranquillamente per le vie delle città, continuando a commettere reati – in alcuni casi addirittura intercettata al telefono mentre irride alla giustizia italiana per la troppa facilità con cui consente loro di farla franca dopo un arresto, invitando gli interlocutori a trasferirsi a loro volta in Italia per delinquere senza rischi – non può che alimentare la rabbia di molti connazionali.

Se lo Stato avesse finora fatto il proprio dovere, difficilmente la scelta di Salvini avrebbe riscontrato una vasta eco positiva nell’opinione pubblica. Anzi, molto probabilmente il leader leghista si sarebbe guardato bene dall’attuarla per non attirarsi addosso le antipatie dell’opinione pubblica. Viceversa, stando ai sondaggi, oggi Salvini sarebbe il politico italiano più “amato” dagli italiani. Uno smacco per tutti quei politici che, nel corso degli anni, si sono riempiti la bocca di belle e buone parole nei confronti dei migranti. Ma poi, all’atto dei fatti, hanno dato l’impressione dal guardarsi bene dall’attuare tutte le prassi necessarie alla tutela del territorio e dei cittadini, dando addirittura la sensazione di avere più a cuore la sorte dei migranti che non quella degli italiani. Spianando la strada a Salvini e a chi come lui, cavalcando l’onda della paura dello straniero, punta a governare il Paese.

Gli italiani non sono razzisti. Gli italiani sono semplicemente stanchi di una politica che dà l’impressione d’essere disinteressata alle necessità e ai problemi dei cittadini; di una politica che, anziché ascoltare la disperazione della gente, volge la propria attenzione ai mercati e alle banche, trattando i cittadini come pezze da piedi cui rivolgere attenzione solo in campagna elettorale.

Agli occhi di tanti italiani il pregio di Salvini è quello di non aver disatteso alle proprie promesse elettorali.

Fa niente se questa coerenza avrebbe un vago sapore razzista.

Agli occhi dell’opinione pubblica è meglio chi tiene fede ai propri impegni, anche a costo di rischiare un incidente diplomatico prima con la Tunisia e poi con Malta, per salvaguardare la sicurezza nazionale, rispetto a chi oggi dice picche e poi, quando si tratta di agire, fa esattamente l’opposto, affamando ancora di più il popolo, “perché ce lo chiede l’Europa”!

LA LEGA VOLA SULLE ALI DELLA LOTTA ALL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA

In attesa di vedere come andrà a finire lo “scontro” diplomatico tra Italia e Malta su chi deve farsi carico dell’approdo della nave Aquarius e del suo carico umano di oltre 600 migranti, bisogna riconoscere al neo Ministro degli Interni Matteo Salvini, leader della Lega, che la sua strategia di bloccare gli sbarchi sulle coste italiane delle navi ONG che prendono a bordo, salvandoli da morte certa, migranti e profughi dai barconi in mare aperto salpati dalle coste libiche e tunisine, in termini elettorali ha dato esito più che positivo visto il risultato delle comunali di ieri: al primo turno la Lega s’è ripresa Treviso e Vicenza.

Appena preso possesso del Viminale, durante un comizio elettorale a Vicenza, Salvini aveva detto “è finita la pacchia per i clandestini: preparatevi a fare le valige”.

Da quel momento in tanti c’eravamo chiesti se le sue parole fossero sintomo della campagna elettorale in cui il leader leghista era impegnato per le comunali; oppure una vera e propria strategia di governo tesa ad arginare gli sbarchi sulle nostre coste per far fronte a una situazione sempre più insostenibile per il nostro paese.

Lo scontro diplomatico in corso con Malta dimostrerebbe che le parole di Salvini non appartenevano a un copione da campagna elettorale, bensì sarebbero un punto fermo su cui si distinguerà la sua gestione ministeriale e quella del governo Conte per i prossimi mesi rispetto agli sbarchi e ai migranti.

A riguardo il Presidente del consiglio, di ritorno dal G7 canadese, ha preso una netta posizione di contrasto nei confronti dell’Europa, affermando che gli accordi di Dublino vanno rivisti, evidenziando l’indisponibilità di Malta a collaborare nella vicenda Aquarius.

Ieri sera, intervistata telefonicamente da Giletti, l’ambasciatrice maltese ha giustificato il no di Malta sostenendo che, essendo intervenute come primo soccorso all’Aquarius due motovedette italiane, per il diritto internazionale l’aiuto alla nave è di competenza italiana.

Al momento che scriviamo la situazione è in stallo. Mentre in nottata altre 800 migranti sono stati tratti in salvo da navi italiane e internazionali al largo delle coste libiche.

Come si concluderà la vicenda, non è dato saperlo.

Una cosa è certa, visto l’ulteriore successo elettorale della Lega, c’è da supporre che Salvini terrà il pugno fermo, ribadendo il suo no agli sbarchi e la lotta a chi commercerebbe sui migranti, Ong incluse.

Se davvero, come in molti presumono, questo governo avesse vita breve, Salvini si sta spianando in maniera impareggiabile il terreno per un ulteriore exploit elettorale a livello nazionale che ribalterebbe l’esito delle elezioni del 4 marzo, portando la Lega ai vertici della politica nazionale, davanti al M5S. E dunque ponendosi come traino di una nuova, ipotetica coalizione di centrodestra, subordinando a sé FI di Berlusconi e FdI della Meloni!

Vi pare poco?

CIVILTA’ SOMMERSE: LE ORIGINI DELL’UOMO IN FONDO AL MARE

Il 16 gennaio 2002 il ministro indiano per la Scienza e la Tecnologia ha reso noti i primi risultati relativi alla datazione con il carbonio 14 dei manufatti provenienti dalle città sommerse nel golfo di Cambay: ebbene, tali manufatti risalgono a 9500 anni fa, 5000 anni prima di qualsiasi città riconosciuta dagli archeologi.

Così  lo scrittore/studioso inglese Graham Hancock conclude il suo monumentale Civiltà Sommerse, dopo un excursus  di circa 900 pagine in cui, pagina dopo pagina, porta i lettore in giro per il mondo alla scoperta dei tanti siti archeologici sommersi che, a suo dire e a detta di autorevoli studiosi, si sarebbero inabissati, o comunque sarebbero stati ricoperti dal mare in un arco di tempo che va tra i 17000 e i 7000 anni fa a seguito della fine dell’ultima era glaciale, con relativo innalzamento del livello mare fino a 120 metri e conseguente scomparsa di città costiere letteralmente sprofondate nel mare; richiamando alla mente il mito del diluvio universale e quello di Atlantide il misterioso continente inabissatosi a seguito di un tremendo cataclisma di cui per la prima volta parlò Platone.

Partendo dal golfo del Bengala;, proseguendo per il mediterraneo, l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico a ridosso delle coste giapponesi, lo scrittore, riportando alla fine del libro la notizia diffusa dal ministro indiano per la Scienza e la Tecnologia, e taciuta dai media  mondiali, che i manufatti rinvenuti nelle città sommerse nel golfo di Cambay risalgono a 9500 anni fa anziché a 5000, come invece ritenevano e tuttora ritengono la stragrande maggioranza degli archeologi ortodossi, chiude il percosso circolare con cui ha impostato l’opera dato che il primo capitolo di Civiltà Sommerse, Resti, inizia parlando proprio della scoperta fatta nel marzo del 1991 da un team di archeologi subacquei del National Institute of Oceanography indiano, (NIO) che era a lavoro al largo della costa di Tranquebar Poompuhur dello stato del Tamil Nadu, nei pressi di Nagapattinam. Il 7 marzo del 1991effettuando rilevamenti con il sonar, gli scienziati rinvennero i resti di un naufragio alla profondità di 19 metri. L’8 e il 9 marzo del 1991 i sub si immersero e, scandagliando il fondale alla ricerca dei resti del relitto, rivennero  sul fondo del mare un’antica struttura opera dell’uomo. La struttura ha la forma di una U, come un enorme ferro di cavallo, il perimetro misura 85 metri e le mura sono spesse 1 metro e alte 2 metri.  

Da questo ritrovamento e le relative implicazioni che diedero vita a un conflitto intellettuale tra una parte degli archeologi che rinnegavano la presenza del sito sottomarino, o quanto meno lo ritenevano una struttura naturale anziché opera dell’uomo, e un’altra parte di studiosi invece pronti a rivedere le tesi ufficiali, prendendo in considerazione la probabilità che la struttura rinvenuta fosse di manifattura umana – per cui  non era da escludere che le città degli dei e le loro distruzioni conseguenti a inondazioni e terremoti di cui narrano gli antichi testi indiani non fossero “semplici” miti bensì la cronaca storica di eventi reali inerenti la scomparsa di una civiltà vissuta molti millenni prima dello scioglimento dei ghiacciai, la cui esistenza, se fosse confermata, imporrebbe di rivedere in blocco la storia ufficiale dell’umanità con conseguenze a dir poco impensabili.

Il libro non è “solo” un saggio in cui pazientemente si cerca di anticipare di qualche millennio la presenza umana in diversi luoghi della terra in virtù del ritrovamento, dello studio e all’analisi dei vari siti archeologici sommersi sparsi sul pianeta e ai resti rinvenuti in loco; il volume assume i toni di un vero e proprio thriller allorché si parla dei siti di Malta e dei manufatti rinvenuti durante gli scavi sull’isola. In particolare l’intrigo diventa palpabile quando Hancock racconta delle immersioni effettuate nelle acque maltesi alla ricerca di una struttura sommersa, la cui presenza a 8 metri di profondità a largo dell’isola sarebbe stata segnalata su una foto ripresa dall’alto da un aereo dell’aeronautica inglese effettuata alla fine della seconda guerra mondiale, e di alcuni resti scomparsi nel museo di Malta, malgrado fossero ufficialmente catalogati negli archivi del museo, lasciando presagire che qualcuno li avesse volutamente occultati…

Per chi abbia letto IMPRONTE DEGLI DEI, da molti ritenuto il capolavoro di Hancock, si fa presente che, contrariamente alla tesi esposta in questo precedente lavoro, secondo cui la mitica Atlantide sarebbe l’attuale Antartide, in Civiltà Sommerse tale supposizione non viene minimamente citata. Anzi, Hancock, a un certo punto, esplicitamente parla di un muro sommerso a largo dei caraibi, ipotizzando che fossero i resti di una struttura costruita su quelle che anticamente erano terre emerse, successivamente “sprofondate” nel mare a seguito dell’innalzamento del livello dell’acqua per via dello scioglimento dei ghiacciai. Sempre riferendoci a Impronte degli Dei, e poi di seguito in Civiltà Sommerse, l’autore parla delle mappe dell’amiraglio Piri Re is e di altre mappe risalenti all’epoca delle grandi esplorazioni marine tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, sulle quali sarebbero disegnate zone del pianeta antecedenti l’era post glaciale. A sostegno di questa suggestiva supposizione l’autore compara alcune di queste mappe con quelle relative alle varie epoche glaciali e post-glaciali elaborate al computer da un esperto del settore da lui ingaggiato per  visualizzare l’evoluzione geografica di alcune zone del pianeta man mano che il livello del mare cresceva nel corso dei millenni. In virtù di queste comparazioni, e di altri fattori sui quali rinviamo il lettore alla lettura del libro, verrebbe confermata l’ipotesi, che trova un crescente numero di sostenitori, secondo cui Cristoforo Colombo intraprese il suo viaggio alla scoperta dell’America servendosi di una di queste mappe su cui era riprodotta la geografia terrestre in epoca remota. Per cui il navigatore genovese, contrariamente a quanto ci racconta da sempre la storia ufficiale, era consapevole che aldilà delle colonne d’Ercole esisteva un’enorme isola, l’attuale continente americano, da lui ufficialmente scoperto per “sbaglio mentre era in navigazione per tracciare una nuova rotta marina per le “indie”!

Il punto in cui però il libro assume credibilità disarmante è quando si parla del sito sommerso di Yonaguni a largo del Giappone. Basterebbe dare uno sguardo solo alle foto  o a qualche filmato presente su Youtube per farsi un’idea  di quanto sia probabile che in un’epoca antecedente lo scioglimento dei ghiacciai sul nostro pianeta esistessero delle civiltà avanzate, tipo quella giapponese dei Jomon risalente a non meno di 12000 anni fa. La cosa stupefacente è che alcuni manufatti praticamente identici a quelli della civiltà Jomon sono stati rinvenuti a Malta, con la differenza che, ufficialmente, a Malta l’uomo si sarebbe insediato non prima di 5000 anni fa, mentre i Jomon sono più antichi di almeno 7000 anni…

Per coloro che volessero saperne di più, in attesa di procurarsi il libro, segnalo il sito di Graham Hancock, in particolare il box Underworld (letteralmente, sotto il mondo) dove si approfondisce, con continui aggiornamenti di articoli e foto, l’argomento di cui abbiamo discusso. Il esito è in lingua inglese ma basta attivare il traduttore automatico di google per leggerne la traduzione in italiano; seppure, essendo letterale, essa impone un minimo sforzo di comprensione.

Buona lettura. Pardon, buona avventura!

CONTE, UN PREMIER AL SERVIZIO DI DUE PADRONI?

conte di maio salvini

Prima ancora che il governo Lega-M5S avesse la fiducia delle Camere per insediarsi e iniziare a governare a pieno titolo il paese, già si sprecavano le critiche preconfezionate a quello che le opposizioni e i loro sostenitori mediatici definiscono un governo di destra, se non addirittura di estrema destra. Senza non poche ragioni, visto le prime, infelici dichiarazioni del neo Ministro degli Interni Matteo Salvini sui migranti e sulla Tunisia che, a suo dire, manderebbe in Italia una marea di galeotti, alimentando un incidente diplomatico tra i due paese.

A parte la reprimenda del predecessore di Salvini al Viminale, Marco Minniti, il quale ha invitato il leader leghista a moderare i toni, non essendo più solo un leader di partito ma anche un Ministro della Repubblica, e il biasimo di più di un commentatore politico, anche di parte, sarebbe stato giusto se il monito a Salvini a pesare meglio le parole fosse giunto direttamente dal suo “titolare”, ovvero il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Purtroppo sulla vicenda Conte non ha proferito parola, accrescendo il legittimo dubbio d’essere subordinato alla volontà dei due vice premier, Di Maio e Salvini, entrambi leader dei partiti che hanno stilato il contratto, alias l’alleanza di governo, M5s-Lega.

Pensare che a Palazzo Chigi sieda un premier teleguidato dai propri vice non depone a favore né del governo né del paese. Cosa dirà o farà Conte se si dovesse trovare al cospetto di una situazione di emergenza nazionale o internazionale dove necessita una sua immediata decisione? Si apparterrà per chiamare al telefono prima Salvini e poi Di Maio, chiedendo loro cosa fare? E se non fossero raggiungibili o avessero opposte visioni sulle decisioni da prendere? Che farà il Premier? Si servirà della monetina o deciderà autonomamente, soprattutto se la scelta suggerita da entrambi i suoi vice non lo convincesse?…

Sarebbe il caso che il Presidente del Consiglio avesse fatto sentire la propria voce, esprimendo un giudizio sulle esternazioni di Salvini, magari dissociandosene, per trasmettere l’idea, prima di tutto ai propri cittadini, che lui è davvero il Presidente del Consiglio, e dunque l’uomo più potente d’Italia dalle cui scelte dipendono le sorti del paese, anziché un burattino manovrato da Di Maio e Salvini, come da più parti si ipotizza. Una sorta di “Ambra” di “NON é la Rai” cui Boncompagni dettava le direttive attraverso l’auricolare.

Il silenzio non è solo degli innocenti o dei saggi ma anche dei servi. Vorremmo capire a quale di queste tre categorie appartiene Conte.

Speriamo che quanto prima il Premier Conte dia mostra della propria autonomia rispetto ai suoi vice. Non fosse altro per acquistare credibilità agli occhi dei cittadini e del mondo intero.

L’idea che l’Italia possa avere un Premier servo di due padroni non è affatto edificante. Anzi è ridicola. Per certi versi addirittura terrificante!

L’ESITO ELETTORALE E’ LA VOCE DEL POPOLO, LO SI RISPETTI

La premessa è d’obbligo: molti degli 11 milioni di italiani, me compreso, che alle ultime elezioni hanno votato M5S, probabilmente si sarebbero astenuti dall’andare alle urne, oppure, se ci fossero andati, si sarebbero turati il naso e avrebbero votato Pd o LeU, oppure avrebbero annullato la scheda, se avessero solo immaginato che, pur di governare, il M5S avrebbe successivamente stipulato un contratto di governo, alias alleanza, con la Lega di Matteo Salvini. Quel Salvini che fino a qualche anno fa ne diceva peste e corna dei meridionali e degli immigrati, con cui in campagna elettorale Di Maio giurava e spergiurava che mai avrebbe fatto un’alleanza.

Ma visto che le cose sono andate come sappiamo, non si capisce perché le opposizioni, Pd in testa, continuino a definire poco meno che fascista questo governo; affermando di aver lasciato un paese migliore rispetto a cinque anni fa, ossia prima che al governo ci andassero loro con l’alternanza a Palazzo Chigi di Letta, Renzi e Gentiloni nell’ordine.

Se lor signori, nei cinque anni che hanno governato, avessero davvero migliorato le condizioni di vita del paese, in particolare quelle dei ceti medio bassi, perché gli italiani non li hanno rivotati, dividendo le proprie preferenze tra M5S e centrodestra? Soprattutto perché due milioni e mezzo di votanti hanno abbandonato il Pd, orientando la propria preferenza verso il M5S?

Le risposte non possono essere che due:

  1. gli italiani sono talmente masochisti per cui hanno deciso di punire chi ha reso migliore la qualità della loro vita, cominciando dai giovani che hanno deciso di votare M5S o centrodestra perché il precedente governo di centrosinistra aveva risolto la questione della disoccupazione e del precariato, garantendo finalmente loro un lavoro ben retribuito e a tempo indeterminato anziché l’eterna insicurezza del precariato e dunque l’impossibilità a pianificare il proprio futuro;
  2.  stanchi di ascoltare una narrazione dissonante da parte di chi li governava – si raccontava di un paese in leggera ma costante ripresa, a partire dall’economia e dalla lotta alla disoccupazione – rispetto alla realtà che i cittadini vivevano quotidianamente sulla propria pelle, molto probabilmente, preso atto di essere vittime dell’ennesima frode da parte di chi li aveva governati, nel momento in cui ne hanno avuto la possibilità, servendosi del voto, gli italiani hanno deciso di esprimere una preferenza diversa rispetto a cinque anni fa per punire chi ai loro sguardi appariva un incapace e un bugiardo, millantando risultati meravigliosi” che la maggioranza dei degli elettori non vedeva affatto, vivendo con fatica la quotidianità.

Ora che al governo c’è questa strana creatura gialloverde, che le opposizioni e i loro amplificatori mediatici demonizzano come il male assoluto, anziché bocciarne preventivamente l’operato con i “se” e con i “ma” – la storia si fa con i fatti, non con le supposizioni – invece di lanciare velati, ma nemmeno troppo, anatemi all’ignoranza degli elettori per aver affidato il paese nelle mani degli incapaci e dei “fascisti”, sarebbe il caso che lor signori e signore delle opposizioni e i loro cani al guinzaglio del mondo dell’informazione si facessero un esame di coscienza e si chiedessero se l’attuale maggioranza di governo non sia l’espressione del malessere che vivono milioni di connazionali i quali, consapevoli che solo con il voto possono tentare di migliorare le proprie condizioni di vita, e dunque implicitamente affermano di fidarsi comunque ancora della politica, hanno deciso di dare una chance a chi da poco è sulla scena politica nazionale. Fa niente se si tratta di una banda di incompetenti, dilettanti allo sbaraglio e xenofobi.

Se gli esperti che ci hanno governato negli anni precedenti, agli occhi dei cittadini, appaiono come la causa dei loro mali, che altro potevano fare la maggioranza degli elettori? Fidarsi ancora di chi disattese alle promesse fatte?

Con una virata in punta di matita, hanno deciso di provare a cambiare in meglio il corso delle loro vite, votando chi fino al 3 marzo stava all’opposizione.

È ovvio che così come alle urne il 4 marzo hanno punito coloro da cui si sono sentiti traditi e presi in giro, se l’attuale maggioranza di governo non dovesse dimostrarsi all’altezza delle aspettative, non si può escludere che alle prossime elezioni gli italiani voteranno in maniera del tutto diversa, bocciando anche l’attuala maggioranza di governo! Magari tornando a votare chi votavano fino a ieri o non andando per nulla a votare.

Premesso che nel frattempo costoro sappiano rinnovarsi per davvero. E soprattutto sappiano fare tesoro della cocente sconfitta elettorale.

L’esito elettorale è la voce della maggioranza del popolo. Lo si rispetti, seppure non piace, lo impongono le regole della democrazia!

 

NAPOLI, LA TUTELA DELLA SALUTE IN UNA MEDICINA UNICA

Ricevo e pubblico per conto della dottoressa Carla De Ciampis

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Napoli, la Tutela della salute in una medicina unica, dalla scientifica all’olistica, in una due giorni organizzata dal CITS.

Nella splendida cornice della Sala Santa Maria La Nova nell’omonima Piazza, si è concluso il convegno seminario, : Postura psiche denti e medicina olistica, organizzato dal Comitato Italiano per la Tutela della Salute con il patrocinio dell’ASL Napoli 1 e Comune di Napoli 2 Municipalità. I lavori hanno avuto inizio con i saluti del Presidente della 2 Municipalità, Francesco Chirico, il dott. Mario Forlenza, Dir. Generale ASL Napoli 1 e il Presidente Nazionale del Comitato Italiano per la Tutela della Salute, dott. Raffaele Federico, che dal 1983, anno di costituzione del CITS, è impegnato a far confluire tutti gli aspetti medici e culturali in un unico obiettivo la tutela della salute quale unico scopo primario degli operatori del settore.

Due giornate fitte di argomentazioni, incentrate sull’obiettivo condiviso tra i relatori della medicina tradizionale e i relatori della medicina olistica: la Tutela della Salute dell’individuo.

La postura come espressione del nostro vissuto, comporta, per il dott. Luigi Barbati odontoiatraposturologo, lamentato un problema dal paziente, un’analisi non solo strettamente tecnica, ma, nonostante la mancanza di patologie alla mascella e ai denti, è opportuno avere una visione di insieme, in quanto la causa del fastidio può essere, addirittura, ritrovata in un malfunzionamento di un altro organo. La postura, inoltre, rappresenta la risposta alle sollecitazioni della vita, cui il corpo si adatta.

I denti, ad esempio, conservano una memoria psico-emozionale della nostra vita, a volte un “mal di denti” può essere la coscienza di una questione irrisolta o nascosta nel subconscio ed è stato questo il tema trattato dalla Fisioterapista, dott.ssa Nicoletta Brusciani, che ha posto l’accento sulla Saggezza dei Denti.

L’argomento del Dott. Dario Aquilina, psicoterapeuta, la Mascella come luogo di controllo con riferimento alla contrazione della mascella che provoca effetti psicogeni estesi ,come risultato negativo del suo uso. In prospettiva il controllo della stessa ha evidenziato l’aspetto favorevole nelle terapie psico-corporie portando il soggetto ad un miglioramento emotivo e della qualità della vita. Il viso può essere anche non “simmetrico” riferisce la dott.ssa Giovanna Esposito che affrontando la tematica della Mandibola e la Lingua ne ha dimostrato la relativa connessione sulla colonna vertebrale.

L’equilibrio è il centro del benessere psicofisico afferma il dott. Gaetano Pisano, odontoiatra, che mette in relazione per la diagnosi una visita ortottica con una visita posturale.

Durante il seminario, la dott.ssa Carmela Di Maio, pediatra ASL Napoli 1 Centro, ha messo in risalto la relazione madre -figlio nella postura materna e le notevoli interazioni che consentiranno il bambino “di muoversi nel mondo”. Analogamente il linguaggio del corpo esprime le nostre emozioni e stati d’animo che la psicologa dott.ssa Elena De Rosa dimostra la sua stretta relazione con la comunicazione empatica con gli altri individui.

Le relazioni della medicina olistica hanno avuto anche la partecipazione del pubblico che ha seguito con divertimento e interesse, spaziando dalle arti marziali di origini cinesi del Maestro di THAI CHI ,Gaetano Musella sui benefici su ossa muscoli e articolazioni; al dott. Raffaele Federico, istruttore di SHIATSU ha affrontato la postura relativamente ai meridiani muscoli tendinei e i punti trigger ; alla neuropatia e rilassamento neuromuscolare illustrato dal dott. Francesco Borrelli, Naturopata, al Dott. Domenico Credo, operatore olistico, che ha coinvolto il pubblico spiegando l’importanza di una giusta seduta; fino al massaggio del corpo : la riflessologia e benessere stimolando i punti riflessi di piedi e mani del dott. Ciro Arciello, riflessologo plantare e il massaggio e le tecniche di rilassamento dell’agopressione su “tappetino chiodato” che ha spiegato, Marilena Orsini, massaggiatrice, beneficiano di due attività contemporanee la stimolazione dei punti di agopuntura e trigger lungo il percorso dei meridiani.

Carla de Ciampis