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MAGIA, SPECCHIETTO PER ALLODOLE E ALLOCCHI

La storia ci insegna che è in momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo in queste ore, dove le incertezze affossano le poche certezze degli uomini, che le masse in preda alla paura e all’isteria sono disposte a dare ascolto a chiunque proponga loro un elisir che le faccia sentire sicure, immortali. Nel nostro caso, immuni dal virus.

Tra la fine del XIX e gli inizi XX secolo e successivamente subito dopo la fine della Grande Guerra, in Europa e negli USA sorsero una marea di dottrine esoteriche che facevano il verso ai culti misteriosofici di antica memoria. Le sedute spiritiche divennero di moda così come divenne una moda rivolgersi a cartomanti e chiromanti per conoscere in anteprima il proprio futuro.

Contrariamente a quanto si possa pensare, a rivolgersi agli indovini e a partecipare alle sedute medianiche non erano solo persone di basso ceto dotate di scarsa intelligenza e vittime della superstizione, ma anche aristocratici e personaggi della cultura mondiale come Gabriele D’annunzio il quale, durante il suo soggiorno a Napoli, non si faceva scrupoli a partecipare alle sedute spiritiche condotte da Eusapia Palladino la più famosa medium che la storia ricordi, oggetto di approfonditi studi scientifici in Europa e in America per via delle sue straordinarie doti spiritistiche.

Da quando nel nostro paese è scoppiata l’epidemia di coronavirus, in molti  stanno facendo riferimento ai Promessi Sposi del Manzoni – precisamente al capitolo XXXI in cui si narra della peste a Milano nel 1600 e delle straordinarie analogie tra le iniziali reazioni di sufficienza delle autorità e dei cittadini alla comparsa dei primi focolai di peste in città con quelle delle nostre autorità e delle cittadinanze rispetto ai primi casi di coronavirus in Lombardia – per evidenziare come la storia si ripeta in fotocopia a distanza di secoli, chiamando in causa i corsi e ricorsi storici di vichiana memoria.

Avendo gli uomini la pessima abitudine di aggrapparsi a qualunque appiglio che li faccia sentire sicuri, lasciando che la ragione venga tranquillamente spodestata dall’irrazionalità, nel timore che in tanti, colti dalla terrore del virus, possano divenire ambite prede di ciarlatani che in cambio di soldi promettono di renderli immuni dal contagio propinandogli intrugli di qualsiasi tipo o oggetti che, se indossati, avrebbero il potere di tenere alla larga il male, ripropongo il testo integrale della conferenza sulla Filosofia Ermetica che tenni nel novembre del 2003 presso la sede dell’associazione Megaris a Napoli, poi pubblicata a luglio del 2004 su Giornale Wolf.

***

Ai giorni nostri sembrerà anacronistico parlare di magia. Eppure se andassimo su internet e digitassimo in un qualsiasi motore di ricerca il vocabolo magia, resteremmo sorpresi di quanto sia vasto e attuale l’argomento nonostante l’uomo, dopo aver sondato ogni remoto angolo della terra, aver raggiunto traguardi scientifici e tecnologici impensabili fino a vent’anni fa, si appresti a colonizzare lo spazio infinito.

Di origine persiana, la parola mago significa “partecipe del dono”, intendendo che il mago è il mezzo attraverso cui il potere divino si manifesti affinché l’opera creativa non abbia fine.

L’origine persiana della parola magia è attestata da Apuleio nella sua apologia DELLA MAGIA. Scritta per difendersi dall’accusa di stregoneria, il poeta nel capitolo XXV afferma: Siccome io leggo in numerosi autori, mago è nella lingua dei persiani quello che è da noi il sacerdote; e allora qual delitto è dopo tutto essere sacerdote, avere la scienza, la pratica delle ordinanze rituali, dei precetti della religione, delle regole del culto? Questa è almeno la definizione che Platone dà della magia quando ricorda con quali discipline i persiani educhino al regno il giovane principe. Ho nella memoria le parole di quell’uomo divino: “All’età di quattordici anni lo ricevono quelli chiamati regi pedagoghi. Sono scelti tra i persiani i quattro ritenuti migliori, di età matura: il più saggio, il più giusto, il più temperante, il più coraggioso…” […]

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I SOCIAL ALL’EPOCA DEL CORONAVIRUS

Da quando nel nostro paese è scoppiata l’emergenza coronavirus, più di una persona che sa della mia passione per la scrittura e, soprattutto, che ho un blog sul quale mi piace esprimere considerazioni di vario genere condividendole in rete attraverso i social, mi ha chiesto quando scrivessi un post sull’emergenza sanitaria in corso. A costoro ho sempre risposto, in alcuni casi in maniera piccata rischiando di apparire offensivo, e se lo fossi stato davvero gli chiedo scusa,  che non avevo nulla da dire; che si trattava di un argomento maledettamente serio sul quale era meglio sorvolare, lasciando che parlasse solo chi abbia le adeguate competenze per evitare di intasare ulteriormente la rete di insulsaggini e farneticazioni fantapolitiche e complottistiche aumentando il caos, il disorientamento e la paura tra la gente.

Speravo che la mia risposta, la quale fa eco a quella data da Jurgen Klopp l’allenatore del Liverpool a un giornalista – in conferenza stampa gli ha chiesto un parere sul coronavirus, ha risposto che il suo parere non conta nulla, interessandosi di calcio – spingesse queste persone ad adottare il buon senso, mai abbastanza in situazioni del genere, serbando per sé le proprie opinioni al fine di evitare di gettare ulteriore benzina sul fuoco.

Purtroppo mi tocca constatare con dispiacere che alcune di loro anziché tacere, lasciando parlare il governo, le istituzioni locali e gli organismi sanitari nazionali e internazionali, approfittano dell’emergenza per dare spazio alle ipotesi più astruse sull’origine dell’epidemia senza alcun tipo di fondamento, traendo spunto unicamente dalle proprie simpatie politiche e fantasie. […]

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ALLA RICERCA DELLA PIETRA FILOSOFALE: DAI TEMPLI EGIZI, ALLE CATTEDRALI GOTICHE, ALLA CAPPELLA DI SAN SEVERO

Nella nota introduttiva al suo romanzo NOTRE DAME DE PARIS datata 20 ottobre 1832, riproposta nell’edizione italiana del 1951 edita da Rizzoli, lo scrittore francese Victor Hugo, rivolgendosi ai lettori, commentando l’aggiunta nel romanzo di tre capitoli inediti, scrive: ecco finalmente l’opera sua intera, come la vagheggiò, come la fece, buona o cattiva, duratura o caduca, ma quale egli la vuole. I capitoli ritrovati avranno indubbiamente uno scarso valore agli occhi di quanti, molto giudiziosamente del resto, null’altro cercarono in Notre-Dame di Parigi se non il dramma e il romanzo. Ma, forse, ci sono altri lettori che non trovarono inutile indagare il pensiero estetico e filosofico celato in questo libro; persone che, leggendo Notre-Dame di Parigi, si sono compiaciute di scoprire sotto il romanzo qualcosa di diverso dal romanzo stesso, e di seguire, ci si consentano queste espressioni un po’ ambiziose, il sistema dello storiografo e lo scopo dell’artista, attraverso la creazione, quale che sia, del poeta.

Queste parole ci riportano alla memoria la terzina del canto IX-63 de L’Inferno de La Divina Commedia di Dante, che suona come un vero e proprio ammonimento ai lettori: O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani.

Prendendo spunto da questi versi molti autori, a partire dal 1800, hanno ipotizzato che Dante appartenesse a una società segreta, precisamente ai Fedeli d’Amore, e che la Beatrice de La Commedia, non fosse Beatrice Portinari, come tuttora ritiene l’ortodossia letteraria, bensì l’immagine umanizzata della conoscenza sacra proveniente da un remoto passato, che, svelata, rivelerebbe agli uomini verità nascoste sul reale destino dell’umanità in totale contrapposizione con quelle ufficiali divulgate dalla Chiesa.

Il primo che cercò di sondare il pensiero recondito ne La Didivina Commedia, ipotizzando che Beatrice non fosse affatto una figura di donna reale ma la maschera scelta da Dante per diffondere le proprie idee antipapali e eretiche, senza suscitare l’ira della chiesa, fu Gabriele Pasquale Giuseppe Rossetti il quale, tra il 1826/27, pubblicò COMMENTO ANALITICO ALLA “DIVINA COMMEDIA”; quindi nel 1842 LA BEATRICE DI DANTE-RAGIONAMENTI CRITICI.

Nella sue opere su Dante il Rossetti ipotizza che ne La commedia il poeta abbia adottato  un linguaggio criptico, comprensibile solo a chi appartenesse a quella specifica realtà politica e culturale cui egli aderiva, per scambiarsi messaggi e idee con gli altri affiliati a questo gruppo denominato Fedeli d’Amore.

Come accade sempre quando, rispetto a un’opera, si azzardano ipotesi contrastanti quelle ufficiali proposte e imposte dall’ortodossia accademica, il Rossetti si procurò non pochi nemici. Eppure la sua visione trovò l’apprezzamento di Giovanni Pascoli.

Altro autore che individuò un messaggio criptico nelle opere di Dante fu Ugo Foscolo. Nella prefazione del suo saggio IL LINGUAGGIO SEGRETO DI DANTE E DEI FEDELI D’AMORE, edito da LUNI EDITRICE, Luigi Valli scrive: Nel 1825 Ugo Foscolo, ponendo col suo genio su nuove basi l’interpretazione di Dante, gettati da parte i vecchi commenti, affermava limpidamente lo stretto legame fra La Divina Commedia e La Monarchia: affermava che La Commedia è pervasa da un profondo spirito rinnovatore politico e religioso, che ha un segreto contenuto mistico e profetico, che essa è una grande profezia esposta in un sistema occulto. 

Alla setta politico-religiosa dei Fedeli d’Amore, oltre a Dante, sarebbero appartenuti tra gli altri Guinizelli, Cavalcanti, Boccaccio e Petrarca per citare i più famosi. Ognuno di questi poeti avrebbe scritto le proprie poesie servendosi di un linguaggio criptico comprensibile solo a chi fosse dotato di conoscenze particolari e intuito necessari per la loro interpretazione. Tutti gli altri, leggendole, ne avrebbero colto solo il significato letterale e la bellezza dei versi che, bisogna dirlo, in alcuni casi, proprio perché la poesia era un messaggio criptato diretto agli affiliati, lasciava a desiderare.

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GIOVANNI RUGGIERO E LE SUE SCATOLE DEI RICORDI

Nell’ambito della rassegna FotoArtinGarage in corso all’Art Garage di Pozzuoli, sabato 29 febbraio si è inaugurata la mostra fotografica EX MALO BONUM di Giovanni Ruggiero. L’esposizione si protrarrà fino al 13 marzo e sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 22, e il sabato dalle 10 alle 19.30. Per l’occasione abbiamo intervistato l’autore.  

Giovanni Ruggiero fotografo per passione o per professione?

Sicuramente per passione. Seppure, avendo fatto il giornalista – sono stato inviato speciale per Avvenire per venticinque anni – la fotografia l’ho utilizzata per corredare i miei servizi. Però è una grande passione che nutro da che ero bambino.

Più che foto, le tue opere sembrano delle sculture…

Sì, effettivamente sono difficili da definire. Penso che la chiave di tutto sia rappresentata dalla frase di sant’Agostino che dà il titolo alla mostra, EX MALO BONUM (da male nasce bene). La trovo molto significativa e, soprattutto, piena di speranza.

La foto è già se stessa un ricordo, perché questa ulteriore necessità di serbare il ricordo in un contenitore ad oc?

Seppure ci siamo conosciuti ora, sono pronto a scommettere che anche tu a casa hai una scatola in cui conservi dei ricordi

Sicuramente.

Cosa potrebbe contenere? Una conchiglia, un fiore secco, un tappo di spumante? Quelli sono i tuoi ricordi, i ricordi di Enzo, che mostrerai ai tuoi amici, alle persone più care. Io invece ho deciso di mostrare i miei a tutti, indistintamente. Tu giustamente dici “la fotografia è già se stessa un ricordo”. Ma non richiede elaborazione mentale nella ricostruzione del ricordo. Ad esempio se prendi una foto del natale del 1982 vedi che all’epoca un tuo parente era vivo, un altro non era ancora nato, un altro mancava perché impegnato altrove. Ma se di quel giorno tu prendi un tappo di spumante con su annotata la data di quando fu stappata la bottiglia, devi ricostruire il ricordo. Bene, la fotografia ti dà il ricordo già confezionato.

Mentre tu il ricordo preferisci confezionarlo…

Sì!

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IL VALORE INIZIATICO DELLO SPORT

Da sempre si sostiene che lo sport forma l’individuo attraverso la disciplina e il sacrificio necessari per il conseguimento di un traguardo. Tuttavia questa teoria, avallata da millenni di storia nonché da illustri scienziati psicologi e sociologi, è contraddetta nell’ambito della scuola pubblica italiana dove le scienze motorie, ex educazione fisica, più che materie di studio, per molti studenti si sono ridotte a un’ora di svago in palestra e nulla più.

Rivolgendo lo sguardo al passato, a testimonianza di quanto gli antichi tenessero lo sport in seria considerazione ci sono le pitture rupestri lasciateci dagli uomini primitivi nelle caverne o sulle pareti delle montagne, quelle stilizzate dei sumeri e delle varie civiltà mesopotamiche, degli antichi egizi, dei greci, dei romani, delle svariate civiltà orientali e di quelle nord occidentali, quelle delle civiltà precolombiane e degli indiani d’America. Qualunque contesto storico sociale ha sempre valorizzato lo sport, spesso divinizzando la figura dei campioni. Perché? […]

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PE’ ‘E STRADE ‘E NAPULE

Lo scritto che segue è l’introduzione di uno ben più ampio che mi è stato chiesto di curare per spiegare il lavoro che stiamo facendo al Corso di Fotografo Pubblicitario coordinato da Mario Carotenuto presso il Consorzio Nuove Frontiere. Poiché in questa fase di stesura ho potuto dare spazio alla fantasia, non avendo finora mai scritto considerazioni su Napoli, ho ritenuto opportuno pubblicarlo.

La strada non è semplicemente il tracciato degli spostamenti umani da un luogo all’altro del pianeta; la strada è un intreccio di sguardi, di vite, di destini che hanno dato origine alla nascita e all’evoluzione della società. Un percorso articolato di anime che, avanzando originariamente verso l’ignoto, lasciavano una traccia indelebile del proprio passaggio, tracciando la via alle generazioni future, edificando lungo il cammino strutture di servizio necessarie per sé e per quanti li avrebbero seguiti, garantendosi un posto dove fare acquisti, mangiare, dormire, riposare, svagarsi.

In questa logica dove il vocabolo spostamento assurge a sinonimo di incontro e comunicazione, ma prima ancora di vita e sviluppo, ecco che non a caso uno dei principali corrispondenti del termine strada è arteria. Parola medica che indica un vaso comunicante tra gli organi del corpo umano di vitale importanza per il buon funzionamento dello stesso. […]

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IL REIKI MASTER LUCIA FATTORE CI SPIEGA COSA È IL REIKI

In una società come la nostra sempre più allo sbaraglio in quanto priva di punti di riferimento stabili o, laddove ci fossero, talmente fragili che basta un nulla perché si dissolvano come neve al sole, è in costante aumento il numero di persone alla ricerca di stabilità interiore e fisica che non esita a rivolgersi alle discipline alternative come lo yoga, lo shiatsu, il reiki e altro per ritrovare se stesse. Purtroppo anche in questo settore abbondano disonesti e cialtroni che, approfittando delle fragilità e insicurezze della gente, mirano ad arricchirsi o ad appagare le proprie smanie recondite a danno di chi vi si rivolge speranzoso. Per cercare di fare luce su questo mondo affascinante ma tuttora ignoto, ci siamo rivolti al reiki master Lucia Fattore.

Lucia da quanti anni sei reiki master?

Da venti anni, ma mi occupo di tecniche naturali da quarant’anni.

Cosa è esattamente il reiki?

Il reiki è una tecnica naturale di riequilibrio energetico. Fra noi addetti diciamo che si tratta di una tecnica di guarigione perché riequilibrando il nostro sistema energetico si aiuta quanti vi si rivolgono a stare meglio e quindi a guarire prima o a non ammalarsi. […]

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SAN PAOLO SPORT DAY, È QUI LA FESTA

Arrivati a una certa età nella vita bisogna incominciare a fare i conti con gli acciacchi del tempo. Fu così che il 2 febbraio del 2019 il medico sportivo, dopo avermi misurato per ben due volte la pressione, non mi diede l’idoneità agonistica, sospendendo la visita perché i valori arteriosi erano superiori alla norma. Aggiunse che dovevo rivolgermi al mio medico curante perché mi prescrivesse la pillola per la pressione che avrei dovuto prendere tutti i santi giorni e di ripassare da lui tra due settimane per ripetere la visita. Alla mia domanda se potessi nel frattempo continuare a correre, rispose di sì raccomandandomi di non forzare.

Per quasi un anno ho sempre rinviato la visita, malgrado le insistenze dei miei amici perché la facessi in modo da fare qualche gara insieme. Questo tira e molla è durato quasi un anno. Finalmente il 3 dicembre l’ho rifatta e superata senza problemi, ottenendo l’idoneità. A quel punto il primo pensiero fu di iscrivermi alla decima edizione della SAN PAOLO SPORT DAY che si sarebbe svolta il 29 dicembre. La caratteristica di questa gara è che corri per dieci chilometri senza mai imbatterti in un’auto o qualsiasi altro veicolo a motore. Per due volte devi completare un circuito di cinque chilometri composto da un giro intero della pista di atletica del San Paolo, quindi esci all’esterno dello stadio per entrare nella Mostra d’Oltremare correndo nel verde per quasi tre chilometri. Rientri nello stadio, fai un nuovo giro della pista, rientri nella mostra per poi completare la gara all’arrivo allestito sulla pista dello stadio. Per queste sue caratteristiche la San Paolo Sport Day è una gara che mi piace molto. Quest’anno poi l’idea di correre nello stadio completamente rinnovato per le universiadi tenutesi a luglio e solcare la pista di atletica finalmente degna di questo nome – quella che c’era prima definirla vergognosa è un eufemismo – mi stimolava particolarmente. Per cui, non appena ricevetti l’ok dal medico, feci la runcard e mi iscrissi. […]

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ANNAMARIA LIBRO

LA SCRITTRICE/POETESSA ANNAMARIA VARRIALE SI RACCONTA

Mercoledì 22 gennaio alle ore 17,30 presso la Biblioteca Comunale di Bacoli, a Villa Cerillo, si presenterà il volume di poesie L’INCERTO VOLO DELL’ANIMA di Annamaria Varriale, edito da HOMO SCRIVENS. Relatori: Nicola Magliulo e Costanzo Ioni. Modererà Aldo Putignano.  Musiche di Elda Salemme.

Interverrà il Sindaco di Bacoli Josi Gerardo Della Ragione.

Per l’occasione abbiamo intervistato l’autrice.

Annamaria Varriale si sente più una poetessa prestata alla narrativa o viceversa?

In verità non saprei rispondere, per me hanno importanza e valenza uguale. Scrivo e, a seconda del momento e del bisogno che ho di comunicare i miei stati d’animo e sentimenti, alterno l’una e l’altra.

Il primo amore è la narrativa o la poesia?

Probabilmente la poesia visto che fin da che ero bambina mi divertivo a scrivere poesiole.

Da dove nasce la voglia di pubblicare una raccolta di poesie dopo un romanzo che ha riscosso e sta riscuotendo tanti consensi sia di pubblico che di critica? (ERAVAMO TANTO RICCHI ha avuto una bella recensione dal regista Pupi Avati) […]

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OMAGGIO A CARLO SANTILLO IL CARONTE DEL LAGO D’AVERNO.

Con piacere e nostalgia ripropongo l’intervista che nel 2004 feci a Carlo Santillo, il Caronte della Grotta della Sibilla sul Lago d’Averno, per conto del BOLLETTINO FLEGREO allora diretto dal professor Antonio Alosco. Purtroppo da diversi anni don Carlo ha sospeso l’attività causa gravi problemi di salute dovuti non solo all’umidità della grotta. Oggi la Grotta è in assoluto stato di abbandono e degrado. Che io sappia non si prevede di riaprirla!

Ancora oggi, a distanza di oltre cent’anni, sul lago d’Averno esiste una figura per tanti aspetti mitica che, nonostante la veneranda età, si prodiga con tutte le sue forze per proseguire una tradizione familiare ufficialmente iniziata verso la fine del XIX secolo. Stiamo parlando di Carlo Santillo, ACCOMPAGNATORE DELLA GROTTA DELLA SIBILLA IN LOCALITA’ AVERNOcome è segnato sul biglietto da visita dietro cui don Carlo ha fatto stampare il tracciato da percorrere in auto per raggiungere la grotta da Napoli via tangenziale.

Conobbi don Carlo un pomeriggio di giugno 2004 mentre passeggiavo intorno al lago godendomi la quiete del posto. Giunto all’altezza del viale che conduce alla grotta, la mia attenzione fu attratta da una comitiva di ragazzi che dal sentiero si riversava sulla via. Incuriosito mi incamminai sul viottolo ombrato da una fitta vegetazione. Percorso pochi metri, giunsi davanti alla spelonca. All’interno scorsi un uomo anziano spazzare con cura l’atrio illuminato dai riverberi di luce. Continuando a ramazzare, l’uomo volse su di me il viso magro adorno di occhialini attraverso cui scintillavano gli occhi sottilmente indagatori. Un berretto da caccia gli copriva il capo. Nonostante il caldo indossava un giubbetto di stoffa per proteggersi dall’umidità che ristagnava nella grotta.

“Buongiorno”, mi salutò accatastando al suolo un mucchio di sporcizia. “Volete visitare la grotta?”

“Sono solo e non voglio disturbarvi”.

“Nessun disturbo. Lasciatemi finire e vi accompagno.”

Zoppicando si avvicinò a una nicchia scavata nella roccia per prendere da una cassa di legno la paletta.

“Da poco è andata via una scolaresca, forse l’avete incrociata venendo” disse raccogliendo con fare certosino la spazzatura. “I turisti non hanno alcun rispetto, disseminano mozziconi e cartacce dappertutto. E a me tocca ogni volta ripulire perché la grotta sia presentabile”.

“La grotta è vostra?”.

“No. Io faccio solo l’accompagnatore. Venite!”

Lo seguii verso la parete interna del cunicolo dove era infissa una mensola con su poggiate delle lampade da campeggio. Ne accese una e me la porse. “Tenete, senza queste non si va da nessuna parte. State attento a non bruciarvi.” Ne accese un’altra per sé, prendendo anche quella spenta, aggiungendo: “Per emergenza, non si può mai sapere!”

Accompagnati da quell’incoraggiante viatico ci avviammo incontro al mistero. Man mano che avanzavamo nel buio alla luce delle torce, don Carlo mi parlò della grotta.

“Scoperta durante gli scavi archeologici promossi dai Borbone nel 1750 e successivamente nel 1792, la grotta è lunga duecentocinquanta metri ed è famosa per la sua discesa agli inferi, un budello scavato a gomito nella roccia che conduce a un corso d’acqua. In passato il fiumiciattolo si guadava trasportati sulle spalle di un moderno Caronte per visitare le stanze della Sibilla sull’altro versante oggi raggiungibile a piedi.”

“Chi era questo moderno Caronte?” chiedo incuriosito.

“Lo stesso accompagnatore! Fino al 1930, epoca in cui mio padre completò l’intero scavo del cunicolo, consentendo l’ingresso alle stanze direttamente a piedi, la grotta era lunga circa la metà, e per giungere lì dove si presume fosse la Sibilla bisognava attraversare il corso d’acqua sul fondo della cavità” dice fermandosi davanti a un cunicolo che si incunea nelle parete.“Vi faccio strada!” […]

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