Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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XXXIV
Post n°35 pubblicato il 05 Marzo 2015 da call.me.Ishmael
Il vecchio tossì penosamente alcune volte, poi si scostò di lato, come per fissarsi nel cervello i personaggi che gli stavano intorno fin quasi a soffocarlo. Sorrise, evidente mente sotto sforzo e sollevò la mano sinistra agitandola nell'aria, invitando pressoché tutti a fargli largo e a lasciarlo in pace. Sembrava che i bulbi oculari Gli si fossero empiti ancora di sangue mentre prima erano una superficie glauca. Inoltre aveva preso a respirare con regolarità e tentava di buttare fuori qualche articolazione di parola. Sforzo impossibile da realizzarsi ma era innegabile la realtà che quel minuscolo e controverso religioso aveva schivato il richiamo perentorio del Signore a raggiungerlo. Aveva ancora alcune faccende da definire sulla Terra. Reynolds spostò i Pirati con fare deciso e mi si accostò inginocchiandosi. "Non si preoccupi, Capitano. Non morirà. Almeno non fino a quando non avrà riparato i danni provocati da Makom". "Ne è così sicuro, Padre?". Dissi. "Certo. Il Signore lo manterrà agganciato alla Vita con un filo sottilissimo ma si guarderà bene dal tagliarlo definitivamente. Semplicemente, Il Demonio non può trionfare." Mi sussurrava nelle orecchie e Stringfellow diventava, a ogni istante, più nervoso e sospettoso. Finché si intromise fra me e il sacerdote. "è importante muoversi" Disse con tono brusco. "Non starò qui ad arrostirmi le ossa per fare contenta l'agonia del Confratello." "Va bene" Fece Reynolds. Per Me ci si può anche rimettere in cammino. Prima scendiamo dalle Montagne prima riprenderemo il Mare." Io afferrai l'esatto opposto dalle parole di Reynolds e capì che ci dovevamo preparare alla Battaglia, una volta approdati in pianura. Il Prete non aveva nessuna intenzione di salpare da quella Terra che oramai considerava Sua d'elezione. La Sua visibile convinzione era che il Vulcano si fosse risvegliato a causa della ritrovata libertà dei Bucanieri. E con la fine degli Stessi si sarebbe placata anche la furia degli Elementi, scatenata da un Dio esasperato. In cuore mio Gli diedi ragione e passai silenziosamente parola al mio equipaggio di non mollare nemmeno per un attimo le armi e di essere pronti al Peggio. Intanto Ci avviavamo, dopo avere superato il passo, verso il Sentiero che conduceva alle scogliere, mille metri più in basso. Da tempo, ormai, le grida dei Selvaggi al nostro inseguimento si erano placate, e Tutti eravamo convinti non avessero intenzione di seguirci su un terreno tanto aspro e dominato dal sinistro fumaiolo del Vulcano. Forse ne erano anche intimoriti per una sorta di profonda superstizione. Ci muovemmo tutti, anche Fratel Geremia nella rudimentale lettiga che Gli avevano allestito. Egli non pareva più sul punto di rendere l'Anima al Creatore ma, al contrario, sembrava quasi sovraintendere lo spostamento verso le Terre Basse con uno strano, pacifico sorriso ad allargargli le labbra sul viso. E più si rimarcava la discreta salute del Frate più Stringfellow dava cenni di cedimento e nervosismo, inveendo contro la sua ciurma e facendo avanti e indietro come una spola tra il suo gruppo ed il Mio, lanciando brucianti occhiate in tralice e cercando di allestire un cameratismo e una complicità che Tutti ormai capivano essere fuori tempo massimo e dall'ordine delle Cose. Di certo la paura di essere sopraffatto e una superstiziosa tendenza all'autoanalisi si erano instillati in Lui e ora lo rendevano maldestro e insicuro, roboante e goffo mentre infilavamo i ripidi tornanti con le scialuppe in precario equilibrio sopra le braccia. Nel frattempo tastavo sulla schiena la mia sacca rudimentale con dentro ciò che, forse, si rivelava essere la causa principale della tensione di Stringfellow: il rudimentale manufatto della Vergine che Makom ci aveva scagliato contro e che non avevamo potuto restituire a Geremia. Qualcosa di cui il Capitano Cannibale ignorava addirittura l'esistenza e tanto più la presenza nelle mie mani, ma subodorava con il sesto senso che caratterizza tutte le persone eccitabili e superstiziose. Io stesso non sapevo come pormi di fronte a quella bizzarra reliquia che aveva segnato la prigionia dei Pirati per trent'anni. Cresciuto in un ambiente razionalista e segnato da un fede non ignorante, avevo i miei notevoli dubbi e le mie lacerazioni a scortare quel rudimentale simbolo di un credo sincretico e rozzo. Quella ridicola statuetta di marmo a cui solo i Selvaggi e Geremia attribuivano poteri salvifici. Ciò nonostante non me ne ero staccato in maniera ostinata e testarda, e ora la custodiva con ossessione sospettosa sulla mia schiena, pronto a usarla come simbolo di riscossa, quando se ne sarebbe rivelato il momento. |
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