Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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XXXV
Post n°36 pubblicato il 12 Marzo 2015 da call.me.Ishmael
Trentacinquesimo giorno di navigazione Dal passo fu una discesa lenta e macchinosa, inframezzata da pesanti difficoltà e fastidiosi contrattempi. La fatica di portare le scialuppe sopra le teste su un tragitto così ripido si fece rapidamente sentire e, in breve, fummo tutti esausti, ammaccati e digrignanti. il lussureggiante paesaggio ci transitava a fianco senza che potessimo fermarci un attimo a considerarlo. I Bucanieri e il mio equipaggio si davano man forte l'un l'altro ma mantenendo un silenzio ostinato e gravido di conseguenze e tensioni inespresse. Lontani erano ormai i tempi in cui un certo cameratismo avrebbe potuto installarsi. Ora i Miei Uomini e i bizzarri cannibali si guardavano in cagnesco pur sostenendosi a vicenda, e parevano non vedere l'ora di approdare sulla pianura per definire meglio i conti e i rispettivi ruoli. Io, mano a mano che l'approdo alle Terre Basse si avvicinava, stringevo sempre più spasmodicamente la mia arma nella tasca e non Mi staccavo da Padre Reynolds, quasi attendendo da Lui il segnale per definire meglio le cose con Stringfellow. Reynolds, dal canto suo, scendeva con passo elastico e determinato, aiutando di tanto in tanto, ma mantenendosi generalmente fianco al sentiero, immerso nei suoi pensieri e lanciando occhiate come saette tutt'intorno. Fratel Geremia lo seguiva sulla sua lettiga e sembrava un uomo soddisfatto, con le palpebre semichiuse e gli scossoni della discesa che appena lo inclinavano e nemmeno lo infastidivano. In un guizzo mi passò attraverso il cervello che stessimo tutti portando un curioso Monarca verso le sue Terre, e che avessimo fatto un grottesco giro in circolo solo per tornare al punto da cui era iniziata quella tragica storia. Fu verso mezzodì che la strada sotto di Noi divenne improvvisamente morbida e rettilinea e ci accorgemmo che la nostra perigliosa traversata era sul punto di concludersi. Davanti a Noi trovammo l'Oceano ad altezza d'uomo e una magnifica distesa di noci di cocco che non impiegammo molto a saccheggiare. Quindi, distesi, facemmo un ampio spuntino approfittando anche delle provviste che avevamo messo da parte. Disseminati qua e là, come sacchi di patate abbarbicati al sole, tutti gli uomini parevano indicibilmente pacifici mentre mangiavano, bevevano e ruttavano in compagnia, scambiandosi rapide opinioni e cercando di scherzare attraverso la tensione incipiente. Io, del resto, capivo che era un bel quadretto ma che non sarebbe durato a lungo. Vedevo Stringfellow girare amabile e tentare di circuire i miei uomini con battute ad ampio raggio che, però, lasciavano solo un sapore greve e di zolfo ad ogni cadenza di parola. L'ipocrisia più bieca era in atto. Quando la calma, che pare sul punto di ottundere i sensi, si era quasi stabilita, ebbene fu allora che Mi scambiai un'occhiata con Padre Reynolds e misi la mano sul calcio della pistola avvicinando Stringfellow e un suo bieco tirapiedi di nome Newman. Chiesi un po' di fuoco per la mia pipa e lo ottenni dal Capitano. "Pare che le cose si mettano bene, vero?" Sussurrai passando lo sguardo da uno all'altro. Newman mi sputò ostentatamente sugli stivali e disse che dovevamo ammazzare i due preti prima di prendere il largo. "Come mai" replicai "Non volevate interrogarli, e comunque portarli con Noi?" "Non c'è più nulla da sapere" Fece Newman "Tranne che state cospirando per non farci lasciare questa porca di Isola e ributtarci nel pozzo dove Loro ci hanno tenuto per trent'anni". Fissai Stringfellow e vidi che anche Lui annuiva ieraticamente allo sproloquio del suo tirapiedi. Fu proprio allora che Mi decisi e cavai l'arma dalla cintura appoggiandola alla fronte di Newman. |
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